Cronache familiari
Genitori e figli, passato e presente, parole e silenzi
di una famiglia anonima
Pieno e vuoto (mamma)
Essere genitori è tutta una questione di equilibri e bilanciamenti, di pieni e di vuoti, di presenza e assenza, di vicinanza e di lontananza.
Che poi è un attimo passare da quando di notte dovevo resistere al sonno, a oggi che devo cercare di dormire senza aspettare sempre il tuo ritorno. Sei in braccio, sei sempre addosso, e poi sei a Vienna da solo all'Albertina Museum. Non posso nemmeno tenere chiusa la porta del bagno, e poi sempre più spesso è chiusa la porta di camera tua. Se fossimo a teatro, sarebbe una questione di luci: sono sul palco con te, ci resterò sempre, ma l'azione si svolge con un occhio di bue puntato su di te e noi siamo al buio. Ed è così che deve essere. Tu devi andare e noi dobbiamo restare. Non è vero: non siamo fermi. Ma dobbiamo rivedere in continuazione il nostro modo di camminare.
Casa, altra casa (figlio)
Ormai da tempo siamo sempre più distanti. Parte per gli orari dei treni, parte per gli allenamenti di mia sorella, parte per quello che tutti dicono essere la normalità del rapporto genitore-figlio. La verità è che la nostra non è una famiglia normale. Se fosse una famiglia normale, avrei litigato tutta l’adolescenza per libertà che non mi sarebbero state concesse, avrei iniziato a creare muri per l’impossibilità di comunicazione tra la mia e la vostra generazione, avrei notato ben prima i vostri difetti. Ma la realtà è che siete sempre stati i genitori migliori che si potessero avere. Non è scontato essere così a proprio agio in casa propria, e non per niente tutti i miei amici vi amano. Qui però arriva il mio momento di confusione, soprattutto nell’ultimo anno. La nostra bellissima casa, e non intendo in senso fisico, l’avete formata voi. Ed è qualcosa che sa così tanto di voi che vorrei fare la mia parte. Ho bisogno di portarla ad altri, un bisogno forte di vivere la stessa cosa con i miei amici, e per questo ormai nella nostra vecchia “casa” passo così poco tempo. Voglio semplicemente trovarne un’altra, non perché non mi vada bene quella che ho, ma perché voglio fare la mia parte, e non limitarmi a ricevere.
Altro da me (mamma)
La teoria la sappiamo tutti: i figli sono diversi da noi e sono diversi tra loro. Non dobbiamo proiettare i nostri desideri e le nostre aspettative su di loro. Non dobbiamo decidere al loro posto. Condivido. Sottoscrivo. Forse verbalmente non ho mai detto il contrario. Il ruolo però parla anche se non lo vogliamo. La personalità può essere ingombrante, la paura del giudizio di un genitore, di deluderlo è sempre in agguato. A volte un buon rapporto o la stima sono quasi uno svantaggio. E quindi va bene, va bene quando in passato mi hai urlato, insultato, aggredito, respinto, va bene, era il tuo modo per diventare te. Sono stata male, non posso negarlo, ma il ruolo parla anche a me, anche se non lo voglio. Non ho mollato, a volte ho reagito con saggezza, spesso ho sbagliato, ma non ho mollato. E quindi tu sei una ragazza Stem, a cui manca l'aria se non fa sport, e che ci ha sempre ricordato, a volte con piglio ribelle, di essere altro, da noi, e da tuo fratello.
Un piccolo salto (figlio)
Generazioni diverse, valori diversi. Questo è il punto di molti conflitti familiari, che vedo ovunque nei miei amici, nella loro lotta per comprendere certe scelte e certi modi di rapportarsi con gli altri riferiti ai propri genitori. L’immagine di un padre, o una madre, che mette il proprio figlio in condizioni di impossibilità di scelta sono molto frequenti.
Tutto cambia nel momento in cui un genitore prova a capire il proprio figlio, o ad accettare la sua diversità. E questo è quello che avete fatto, sempre, ma in particolare negli ultimi tempi. Babbo si è laureato con il massimo dei voti, ha abbandonato la musica e ha costruito una famiglia, ed è così tanto felice che mi sembrava impossibile riuscisse a vedere altre strade per me, che sono così tanto simile a lui. Mamma ha scelto una facoltà dove l’impegno richiesto era talmente tanto alto che non avrei mai pensato che un giorno avrebbe accettato il mio modo di affrontare lo studio. Siete sempre riusciti a non forzarmi. L’unico a sentirsi forzato a volte ero io.
Futuro e speranza (babbo)
Non che quando eravamo giovani vivessimo nelle favole, ma il contesto storico, politico, ambientale, tecnologico sembrava improntato sulla costruzione di un futuro migliore e sulle possibilità, individuali e comunitarie, di crescita. Disincanto e resilienza sono invece le parole d'ordine di oggi. Se va bene riusciremo a sopravvivere, potremo adattarci, forse, con fatica. E la speranza che la Chiesa giubilare ci rilancia scalda i vostri cuori come animava i nostri? Quando il 1 gennaio abbiamo partecipato alla Marcia della pace cittadina ci siamo resi conto che, se trent’anni fa eravamo i giovani che partecipavano a quest’iniziativa (e per diversi anni vi abbiamo portato con noi, candele accese in mano), ora ci ritroviamo lì che siamo sempre gli stessi, siamo ancora noi i più giovani, voi non venite più. Qualcosa non deve avere funzionato come pensavamo.
Incombenze future (figlio)
La speranza ha perso molto del suo valore nella nostra generazione. Mi ritrovo spesso a dire ironicamente “tanto il mondo finirà tra 40 anni”. Il disfattismo, l’incapacità di trovare un senso all’inserirsi nel “mercato” della nostra società, e la sensazione di non poter far nulla che possa in qualche modo cambiare le cose dovute all’estrema interconnessione e alla complessità delle situazioni che ci circondano prevale sull’ottimismo più proprio delle scorse generazioni. Voi invece siete sempre stati una via alternativa. La speranza, sebbene consapevole delle problematiche, di riuscire a cambiare le cose e l’impegno per farlo è sempre stato un punto fermo della nostra famiglia. Quello che vorrei è riuscire a vedere in questo modo anch’io il mio futuro, anche se spesso risulta così difficile.
Impegno (babbo)
Qualsiasi cosa tu faccia, falla al meglio. In qualsiasi situazione, cerca di offrire tutto quello che puoi di te. Sono stati degli imperativi per noi. Lo sono forse ancora. Difficile capire come tutto questo viene visto oggi. La sensazione è che si alternino riconoscenza e fastidio, ammirazione e commiserazione. In quel dialogo in cui ci si scambia - e si impara vicendevolmente - il prendere le cose con più leggerezza e il non prendere le cose alla leggera, il non potersi tirare indietro e il poter dire ogni tanto "grazie ma no grazie". È questione di responsabilità e di prendersi spazi e tempi per sé, in un reciproco non capirsi fino in fondo.
A fede perduta (figlio)
Sparita, semplicemente questo. Forse uno dei passi più dolorosi per me è stato quello di non riuscire ad accostarmi più alla vostra spiritualità. La fede è completamente svanita. Tuttavia non è crollato tutto. L’idea di impegnarsi per fare del bene ed amare è sempre con me, soprattutto per merito vostro, di quello che avete trasmesso attraverso il fare per volere e non per dovere. Tutto il contrasto che una Chiesa troppo vecchia ha vissuto con gli altri miei coetanei non c’è stato con me, poiché il vostro modo di vivere permea di un’autenticità tale da riuscire a rompere queste barriere di temporalità e dogmaticità. Ancora oggi tuttavia non riesco ad affrontare il discorso, per paura non di un giudizio, né di una delusione, ma semplicemente perché il silenzio crea un'atmosfera dubbia, nel quale le nostre fedi, o meglio la vostra fede e la mia “non fede”, non hanno ancora avuto un distacco.
Si cresce solo se sognati (mamma)
Vi ho sempre sognato, da prima della vostra nascita. Vi sogno felici. Non so però come sognarvi. I miei riferimenti sono piccoli, perché sono piccola: io sono felice. Ho trovato l'amore della mia vita, ho voi due, una famiglia ‘allargata’ anche con i ragazzi in appoggio familiare, ho un lavoro che mi piace e in cui mi sento realizzata, mi è stata donata una vocazione, una fede, una fraternità. Non dovrei sognarvi con questi riferimenti, ma mi è difficile. Vi ho sempre detto che siete liberi. Liberi di decidere della vostra vita. Lo penso ancora, lo penso sempre. Vi sogno felici. E se qualche volta sono preoccupata, vostro babbo me lo ricorda. Abbiamo scelto sempre la strada del dialogo, dell'apertura, della fiducia... è lì la speranza che non delude.