62.000 persone. Il “popolo” del Festival Francescano continua a crescere, confermando l’evento organizzato dal Movimento Francescano dell’Emilia-Romagna come uno dei principali appuntamenti culturali nazionali, capace di unire spiritualità, musica, editoria e soprattutto riflessione sull’attualità.
a cura dell’Ufficio Comunicazione del Festival Francescano
Come prima più di prima
2024? Molto bene! 2025? In allestimento!
di Elisa Bertoli
Social media manager Festival Francescano
Il Festival Francescano 2024 ha dimostrato, ancora una volta, di essere molto più di un semplice evento.
È stato un viaggio condiviso, un’opportunità di riflessione e crescita che ha abbracciato la complessità della realtà e dell’esperienza umana in un percorso di incontro e dialogo sempre aperto, l’occasione – quest’anno in particolare – di esplorare insieme le ferite, ma anche la bellezza della vita.
Con la benedizione del papa…
La XVI edizione del Festival si è tenuta a Bologna, in piazza Maggiore, dal 26 al 29 settembre, con la benedizione apostolica di papa Francesco. Come leggiamo nel messaggio inviato dalla Segreteria di Stato della Città del Vaticano, il Santo Padre ha voluto infatti rivolgere a tutti i partecipanti il suo “beneaugurante pensiero”, sottolineando l’importanza della manifestazione ed esortando a riscoprire valori fondamentali come la fraternità, la giustizia, la pace e la cura del Creato. In un periodo storico segnato da conflitti e divisioni, Papa Francesco ha sottolineato quindi l’urgenza di lavorare insieme per garantire il bene comune e l’armonia sociale, invitando tutti a tendere una mano a chi vive in situazioni di difficoltà.
Proprio i valori citati da Papa Francesco sono stati al centro della proposta del Festival, quest’anno – a 800 anni dall’impressione delle stimmate di san Francesco – sul tema “Attraverso ferite”. Un titolo non scelto a caso, perché in un mondo segnato da conflitti e sfide ambientali, ma anche difficoltà relazionali e crisi psicologiche, la tematica della ferita si è rivelata straordinariamente attuale e sentita.
Sono state quindi le ferite personali e collettive - sociali, individuali, ambientali, politiche – il tema indagato da incontri, conferenze, dibattiti, concerti, spettacoli, presentazioni di libri, workshop, tavole rotonde, laboratori, visite guidate e momenti di spiritualità, ma sempre per guardare “oltre”, per capire come le ferite possano diventare occasione di crescita e di incontro, allenandosi a scorgere spiragli anche dove questi non sembrano esserci.
L’omelia del cardinale
Come nell’attuale crisi in Medio Oriente, ad esempio, cui il Festival ha dato spazio prima di tutto attraverso la presenza del cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme, uno degli ospiti più attesi di questa edizione del Festival. Presiedendo la Messa conclusiva in piazza Maggiore, nella mattina di domenica 29 settembre, il cardinale ha citato nell’omelia il “rifiuto reciproco” come una delle cause principali della crisi attuale. «Il motto “Io o nessun altro” è diventato un pensiero comune tra le opinioni pubbliche israeliane e palestinesi», ha affermato. Nel pomeriggio, intervistato da Nello Scavo, inviato speciale di Avvenire, ha invece parlato dal palco di piazza Maggiore della quotidianità in Palestina e a Gaza, raccontando aneddoti e dettagli particolarmente forti e toccanti.
«La parrocchia cattolica di Gaza è piccola: 600 persone su 2 milioni. Hanno perso tutto: casa, soldi, una trentina anche la vita. Vivono accampati nella vecchia scuola attorno alla parrocchia. Cucinano un paio di volte a settimana e questo deve bastare. Da un anno sono senza scuola e sotto i bombardamenti. Lì ho incontrato una comunità che soffre, ma nella quale in quattro giorni non ho mai sentito una sola parola di odio, di rancore e di vendetta. Un ragazzino che si preparava a ricevere la Cresima mi ha detto: “nel diluvio di Al-Aqsa, noi vogliamo essere l’arca di Noè”. Sono molto fiero della mia comunità», ha affermato con commozione il card. Pizzaballa.
«Noi cristiani siamo pochi», ha proseguito, «ma questo non significa che non abbiamo niente da fare. C’è molto da fare, e non dobbiamo pensare che il mondo sia in attesa nostra: siamo noi che dobbiamo muoverci, superando tutti i reciproci pregiudizi e proponendo un linguaggio nuovo. La presenza dei cristiani oggi è molto importante. Alcuni ebrei e musulmani, non solo religiosi, recentemente incontrati, mi hanno detto: “Da soli non riusciamo a metterci d’accordo, però se voi ci siete possiamo incontrarci, perché la vostra presenza dà all’incontro una prospettiva completamente diversa”. In questo senso la presenza cristiana è importante, perché porta un linguaggio diverso, che non ha interessi politici immediati: noi cristiani possiamo portare un contributo importante e necessario nella riflessione e rielaborazione di quello che stiamo vivendo».
«Il male è potente», ha commentato, «ma di fronte alla vita il male non può fare nulla. Questo cerco di dire alla mia gente in Terra Santa: se guardiamo solo il male, non vedremo altro che questo. Invece dobbiamo cercare di vedere e di dare spazio a tutti quei gesti di amore che ancora esistono dappertutto nel mondo, anche in Terra Santa. Sono questi gesti di amore la resistenza meravigliosa che non concede al male di avere la totalità della padronanza del mondo».
E tutte le creature
«Non tutto è perduto», ha concluso. «Questa guerra ha cancellato molte cose. I vecchi modelli istituzionali di coesistenza non funzionano più: c’è bisogno di nuovi modelli e di nuovi volti, perché nel dialogo interreligioso e istituzionale ci sono molte ferite da entrambi i lati e avremo quindi bisogno di ripensare in modo serio e radicale i modelli di coesistenza per il futuro del Medio Oriente. A livello istituzionale siamo paralizzati, ma nel territorio si stanno liberando prospettive che prima non avevamo, e questo è importante. Quando la guerra finirà riprenderemo queste relazioni: non necessariamente quelle che avevamo prima, ma, se riprenderanno, noi ci saremo».
Tra i momenti più apprezzati, anche la lectio magistralis del noto psicoanalista Massimo Recalcati, lo spettacolo con il celebre cantante Simone Cristicchi e don Luigi Verdi, fondatore della fraternità di Romena, il dialogo tra la psicoterapeuta Stefania Andreoli e l’attivista e autrice Carlotta Vagnoli, ma anche l’intervento del giornalista e podcaster Pablo Trincia e lo showcase di Pietro Morello. Fino al doppio appuntamento del sabato sera: il concerto di Noa e Mira al Teatro Arena del Sole, come inno alla pace e al dialogo fra i popoli, e il dj set di Carota e Bebo de Lo Stato Sociale in piazza Maggiore, trasformata per l’occasione in una grande, ma silenziosa discoteca a cielo aperto grazie a un silent party che ha portato un tocco di sano divertimento, avvicinando giovani e adulti in un clima di festa e allegria.
Al termine della Messa conclusiva, Valentina Giunchedi, presidente del Movimento Francescano dell’Emilia-Romagna, ha ringraziato la Chiesa e la città di Bologna per il sostegno e l’accoglienza, sottolineando al tempo stesso l’importanza del lavoro dei volontari, «frati, suore, laici che donano cuore, menti e mani affinché questo evento possa essere per tutti un’esperienza calda e familiare».
«In questi giorni», ha commentato, «i racconti, le esperienze, le parole ascoltate ci hanno permesso di riconoscere le nostre e le altrui ferite. Ci hanno permesso di riconoscerci forti, nonostante sia complicato vedere in esse un percorso che ti permetta di attraversarle e di riempirle di luce. Solo insieme questo è possibile».
Giunchedi ha quindi annunciato il tema del Festival Francescano 2025, che si terrà dal 25 al 28 settembre proprio nell’anno in cui il Cantico delle creature di san Francesco compirà 800 anni, ma anche nell’anno del Giubileo. «Il Festival Francescano del 2025», ha spiegato, «volgerà uno sguardo riconoscente e responsabile a tutte le creature, compresa l’ultima arrivata: l’intelligenza artificiale; creatura insieme di Dio e dell’uomo, affascinante e tremenda, bisognosa di cura attenta e fraterna».
Prima, però, il Festival prosegue online. Sui suoi canali social Facebook, Instagram e YouTube è già possibile rivivere gli eventi e i momenti principali attraverso foto e video, mentre la newsletter continua a proporre occasioni di riflessione e spunti francescani.