La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso ed è per questo che la storia dà i brividi, perché nessuno la può fermare. La storia siamo noi padri e figli. Siamo noi, bella ciao, che partiamo. La storia non ha nascondigli, la storia non passa la mano. La storia siamo noi, siamo noi questo piatto di grano… La voce di Francesco De Gregori esce esile dal cellulare di Maura e ci incanta con la dolcezza un po’ aspra di chi racconta una verità tanto vera quanto sorprendente.

a cura della Caritas Diocesana di Bologna

  Là dove la profezia si compie

Giustizia e pace si baceranno

IL TÈ DELLE TRE

 Maura ci guarda ad uno ad uno. Gli occhi le brillano mentre ci osserva ed indaga gli effetti della canzone su di noi.

Sorride, è soddisfatta. Ci ha portato esattamente dove desiderava: al punto di partenza di questo nuovo viaggio. Ora è il momento giusto per le spiegazioni: «Benvenuti! Sicuramente molti di voi ricorderanno che insieme a MC in quest’anno di incontri abbiamo sempre camminato verso i “luoghi della speranza”. La tappa di oggi ci guiderà alla scoperta di quei luoghi e quegli spazi dove costruire la pace. Immagino vi chiederete perché ho scelto di ascoltare “La storia siamo noi”. Beh, ecco, ho pensato che in un mondo come il nostro, dove i grandi della terra ben poco si interessano alla pace, la tentazione di tutti gli altri è quella di sentirsi impotenti e incapaci di cambiare le cose, di migliorarle. Questa canzone invece ci ricorda che c’è sempre la possibilità, per ciascuno di noi, di lasciare un’impronta personale anche positiva. In altre parole, siamo molto più significativi per il futuro del mondo, di quanto noi stessi pensiamo. Con questa consapevolezza in testa, vi chiedo: quando, dove, in che occasione abbiamo costruito spazi di pace? Chi o cosa ce lo ha permesso? Ma anche: quando e dove non è stato possibile? Chi o che cosa ce lo ha impedito? Che pezzo ci abbiamo messo noi? Non dimentichiamoci che i nostri “insuccessi” sono sempre molto utili a noi stessi e pure agli altri: possono diventare opportunità e c’è comunque tanto da imparare…».

 La pace, il tè e l’essenziale

Per un momento, cala un silenzio meditabondo nel cerchio dei presenti.
«Io so di aver costruito spazi di pace negli anni novanta» si fa avanti Biagio, pescando ricordi. «Insieme ai miei amici organizzavo dei momenti liberi di ritrovo nella natura. Venivano migliaia di persone, ognuna con la sua tenda. Erano raduni pacifici dove mettevamo tutto insieme: ci univa un enorme rispetto per la natura. Come trovavamo lo spazio, lo restituivamo. La natura ci offriva i suoi beni, ma non la depredavamo, eravamo rispettosi. In questo modo abbiamo riscoperto insieme l’essenzialità».
«Sì anch’io ho vissuto qualcosa di simile» interviene Ivano. «Facevo il militare ed ero impegnato, con altri compagni, in una esercitazione. Ad un certo punto, non so come, ci perdemmo: la jeep in panne e la radio fuori uso. Ci ritrovammo persi in mezzo alla natura, isolati in un luogo fuori dal mondo e senza poter contattare nessuno. Fu un’esperienza paurosa, meravigliosa e stranissima. Vivemmo così, nella natura selvaggia, percependo una forza che era oltre noi. Eppure quella fu l’occasione per vivere un’amicizia che ci unì tantissimo, diventammo come fratelli. Da allora quel legame rimane. E volete sapere una cosa buffa? Ci vennero a prendere dopo qualche giorno. Successe allora un fatto incredibile: sia la jeep che la radio ripresero misteriosamente a funzionare…Fu un vero enigma!».
«Va’ là che vi eravate imboscati!» dice qualcuno sghignazzando e un coro di risate affettuose si alza dal cerchio.
«Beh, senza andar lontano» si fa avanti Maurizio, ristabilendo tranquillità «dico che questo Tè è un esempio di spazio pacifico fra persone che si incontrano senza litigare. Ci sono delle regole qui che ci permettono di ascoltarci e parlare senza per forza scontrarci. Ed anche Dio è qua con noi, ne sono certo, proprio perché ci incontriamo in modo pacifico. Per fare la pace, bisogna tornare all’essenziale. Il fatto è che qui non ci sono interessi, denaro, potere…c’è uno stato “naturale” come dice Rousseau».
«Pensavo, ascoltandovi» interviene Didi «che è difficile trovare spazi di pace fuori di sé, se non si è in pace con se stessi. Fin dal liceo, ho sempre avuto amici cari che mi cercavano, ma, quando stavo male con me stessa, mi ritiravo, fuggivo. Ho poi capito che prima di tutto mi serviva uno spazio interiore pacificato per accogliere gli altri. Ed è vero: è importante tornare all’essenziale. Se mantengo la consapevolezza che in fondo ho bisogni elementari, tutti gli altri deliri, gli altri bisogni, non mi disturbano. Ecco, direi che, per trovare e creare pace, è sostanziale restare ancorati al vivere, più che al pensare».

 El pueblo unido

«Secondo me esistono anche dei luoghi fisici non corrotti dal male che influenzano come si sta… sono una sorta di “deserto”» sottolinea Ivano, riflettendo a voce alta.
«Io comunque mi domando: ma lo so cosa mi fa sentire veramente in pace e cosa no?» ribatte Carlo dubbioso. «Penso a Gandhi: lui è stato capace di andare oltre alle offese ricevute e ha trovato la sua pace in questo, trascinando il suo popolo alla vittoria contro l’impero inglese. Allora il primo modo di fare pace per me è accettare gli altri come sono. Personalmente mi è capitato di dover essere in competizione: nella vittoria c’è comunque sempre modo di rispettare l’altro. Se si perde, resta la possibilità di farlo senza aggressività, ammettendo che l’altro se l’è guadagnata. Ma sapete? Non so se sono poi così d’accordo con l’assunto della canzone. Davanti a certe potenze: che forza abbiamo noi?».
«Sai che cosa ci diceva sempre la mia prof di storia?» chiede Maura, sorridente. «Hitler da solo, avrebbe potuto fare ben poco! Il popolo invece, può tutto».
«Il fatto è che gli uomini amano le guerre» ribatte Maurizio «dovrebbero praticare più sport per sublimare la loro aggressività».
«Già, ma bisognerebbe far sport nel rispetto degli altri» fa eco Ivano. «È l’allenatore che fa la differenza: qui l’educazione crea la pace».
«Io mi sento nella pace, se attraverso momenti di tensione ed irrequietezza» è la voce di Sara che interrompe lo scambio «perché, solo quando non sono in pace, arrivo a mettermi in discussione e a capire dei nuovi aspetti di me. Allora la pace per me è il momento in cui posso incontrare chiunque, ma resto fedele a me stessa, a chi sono davvero, perché mi conosco».

 Metterci il corpo

«Per me la pace è sempre una ricerca» ragiona Carla. «Ma un’opportunità concreta è anche quella di metterci il corpo. Il corpo è importante. Intendo dire che in certe occasioni scendere in piazza e mettere il proprio corpo come testimonianza può davvero fare la storia. Io dico che anche questa è pace: possiamo fare la storia! Poi come ginecologa al Sokos vedo situazioni davvero terribili e all’inizio tendevo a “sgridare” quelle donne, ma poi l’infermiera che era con me mi diceva: “Ma no, Carla, qui non si può fare così!” e ho imparato che lì le persone in difficoltà venivano amate, prima ancora di essere curate. Così ho scoperto che è pace farle sentire meno sole nella loro malattia, anche se so che non potrò mai guarirle tutte come vorrei…».
«Per me la pace è un fatto, un esempio!» si fa sentire Franca, la voce fiera. «Durante la guerra, i miei ospitarono e nascosero sei persone perseguitate: nessuno si chiese né perché né per come e nemmeno se ne parlò, ma tutta la nostra famiglia dovette tirare la cinghia per mantenere vivi anche loro…».
«Non so se lo sapete,» ci richiama Maura «ma esiste un percorso pedonale da S. Maria degli Angeli ad Assisi tutto ricoperto di mattoni e su ognuno di questi mattoni è segnato il nome del benefattore che ha contribuito alla composizione della strada. Ecco, stasera, prima di lasciarci anche noi costruiremo la nostra “mattonata” per la pace: che parole volete incidere sul vostro mattone? Come la componiamo questa strada?».
D’improvviso compare davanti ai nostri occhi un percorso meraviglioso edificato con: libertà, quiete, partecipazione, fiducia, condivisione, equilibrio, disarmo, parole buone, la nostra vera natura, opportunità, calma, progetti, Dio, amore, accoglienza, tolleranza, comprensione e curiosità.
Eh sì, perché la pace è il cammino, non la meta; e al ritmo dei nostri piccoli passi, possiamo cambiarlo questo nostro vecchio mondo.