La comunità di Antiochia, ricca di storia, città di cultura ellenistica, cosmopolita, pluriculturale, tollerante verso le varie religiosità, forse può aiutarci anche ora con le sue macerie a creare ponti.

di Barbara Bonfiglioli

 Il seminatore uscì a seminare

Ad Antiochia i credenti come profeti si incontra(va)no

 Fu il viaggio di Benedetto XVI ad accendere i riflettori sulla Turchia, un paese ponte tra Europa e Asia, paese complesso, anche per la varietà delle confessioni religiose e dei riti che si sovrappongono.

In Turchia sono veramente pochi i cattolici. Tra loro ci sono – da antichissima data – i frati cappuccini, presenti a Yeşilköy (Istanbul), a Smirne, a Mersin, presso il santuario di Meryem Ana, a Efeso e ad Antiochia.

 La capitale sulla faglia

Antiochia è considerata un centro minore, ma per due secoli fu capitale del regno ellenistico della Siria, fondata attorno al 300 a.C. da Seleuco per onorare suo padre Antioco. Fu poi il capoluogo della provincia romana della Siria, e proprio qui, secondo gli Atti degli Apostoli, «per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani». Fu anche la sede di uno dei cinque più importanti patriarcati dell’inizio del cristianesimo. Un motivo della sua decadenza fu l’essere spesso su una linea di fronte: tra romani-bizantini e persiani, tra bizantini e arabi, tra crociati e turchi.
Ma un’altra ragione della sua fine è la faglia sismica che attraversa la zona. L'antica città di Antiochia sorge infatti sulla faglia nord-anatolica, al confine con la placca araba e quella africana. E questo purtroppo fa sì che vi possano accadere devastanti terremoti, l’ultimo dei quali è avvenuto il 6 febbraio 2023. È una data che chi, come me, ha potuto visitare da pellegrina quei luoghi sulle orme di san Paolo non potrà dimenticare. Antiochia me la ricordo come un’isola felice dove padre Domenico Bertogli con paziente umanità è riuscito a intessere trame e ad incarnare un sincero dialogo ecumenico ed interreligioso. Padre Domenico ha raccolto il testimone da padre Roberto Ferrari, il primo cappuccino italiano che si è stabilito ad Antiochia dopo l’uccisione di padre Basilio da Ponte dell’Oglio nel 1851. All’inizio c’era una catapecchia ma, pietra dopo pietra, padre Domenico ha costruito una delle case più belle di Antiochia ed ora il terremoto sembra aver spazzato via tutto.
Padre Domenico vive in Turchia da quasi sessant’anni, di cui trentacinque ad Antiochia. All’inizio non è stato facile: si era ritrovato in un mondo molto differente con alle spalle nessuna esperienza. Eppure non si è mai perso d’animo. I suoi primi vent’anni sono stati anni di apprendistato. La svolta importante nel 1987 quando fu inviato ad Antiochia. In pochi anni si crea una struttura cristiana nel centro del vecchio quartiere ebraico, dove avevano operato Paolo, Barnaba, Pietro e Marco. E da lì, con scelte e relazioni basate sul rispetto e sulla gratuità, furono mossi i primi passi ecumenici che diventano nel tempo prassi consolidate. Una prima scelta interessante fu quella di celebrare la Pasqua alla stessa data dei greco-ortodossi. Furono scelte a volte faticose anche per le tante perplessità da parte dei confratelli, ma l’agire gratuito, senza chiedere contropartite, diede i suoi frutti.

 Superare muri, costruire ponti

Uno degli effetti più belli fu la festa di San Pietro, iniziata al tempo di padre Roberto, in nome del turismo (il passe-partout turco). Questa giornata divenne un appuntamento di popolo e di fedi religiose che padre Domenico è riuscito a vivificare, raggiungendo traguardi impensabili: il coinvolgimento della chiesa ortodossa nella celebrazione della festa liturgica nella Grotta di San Pietro e nelle rispettive chiese diventò per tutti la festa dei Ss. Apostoli Pietro e Paolo ad Antiochia, due giorni vissuti in pieno ecumenismo. Si iniziava con l’eucarestia nella chiesa ortodossa la sera della vigilia, poi nella mattinata liturgia ecumenica alla Grotta con le autorità, pranzo insieme e si concludeva nel pomeriggio con la Messa nella Chiesa cattolica. Nel 1992 si arrivò alla memorabile preghiera ecumenica a cui parteciparono il patriarca ortodosso di Antiochia, Ignazio IV, il Nunzio Apostolico mons. Sergio Sebastiani e il vescovo mons. Giuseppe Bernardini.
Il dialogo con gli ortodossi si consolidò con l’intuizione di condividere la quotidianità: la partecipazione alle feste, le attività della Caritas, la celebrazione insieme dei matrimoni, l’accoglienza dei giovani che pregano e cantano insieme. Stesso approccio fu tenuto con il pastore protestante e con il rabbino ebreo, conquistati dalla francescana umanità di padre Domenico, che, libero da condizionamenti, in Antiochia ha superato muri e ha costruito ponti.
Anticipando un desiderio di tanti cristiani, nel 1988, riuscì a celebrare la Pasqua insieme agli ortodossi! Oggi viene auspicato da tanti: i cristiani divisi sono meno credibili. Infine padre Domenico fu un instancabile narratore dell’ecumenismo che viveva: con la sua collaboratrice, Mariagrazia, accoglieva decine e decine di visitatori. Potevano essere pellegrini alla ricerca delle radici del cristianesimo oppure universitari musulmani che preparavano tesi di laurea sulle origini cristiane di Antiochia, ma anche gruppi di registi e operatori cinematografici, che volevano conoscere l’Antiochia degli Apostoli e studiosi che volevano approfondire la tolleranza religiosa vissuta ad Antiochia.

 Una sola Pasqua

Ad Antiochia non si faceva la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: ogni giorno si cercava di vivere l’unità e l’amore insieme pregando e vivendo “da cristiani”. Purtroppo il 6 febbraio del 2023 un terribile terremoto ha colpito il sud-ovest della Turchia e la città di Antiochia è scomparsa! Antiochia è rimasta solo un bellissimo ricordo? La missione come la sognava padre Domenico con cristiani locali che parlano il turco, che si sentono appartenenti a questa nazione e ne sono fieri è andata in frantumi con le case distrutte dal terremoto?
Echi di quell’ecumenismo costruito giorno dopo giorno da padre Domenico sembrano riaffiorare nelle parole di Papa Francesco, quando annuncia un incontro per il 2025 con il patriarca Bartolomeo per arrivare a un accordo per la data della Pasqua. Il 2025 ci saranno provvidenziali coincidenze: la coincidenza della data della Pasqua da parte di cattolici e ortodossi e i 1700 anni del concilio di Nicea. Perchè non ritrovarsi proprio ad Antiochia? Le rovine di Antiochia parlano della storia e delle possibilità di vita insieme, nella loro connaturata pluralità. Sarebbe proprio bello che Francesco e Bartolomeo ci andassero insieme nel 2025. Un gesto che consentirebbe alle genti del Mediterraneo di ritrovare sé stesse nel rispetto, nell’ascolto, nel dialogo, nella collaborazione e nella testimonianza, elementi che la “missione” di padre Domenico ha seminato con francescana umanità.