Cosa significa far parte della pastorale giovanile vocazionale oggi? La pastorale giovanile diocesana si occupa di aprire la chiesa nei confronti dei giovani, accompagnandoli in un percorso formativo.

a cura di Michele Papi

 Il cammino che apre

Lontano dal rumore l’ascolto accade

 di Giulia Monsurrò
giovane partecipante ai campi di PGV (Pastorale Giovanile Vocazionale)

 Sono Giulia e circa tre anni fa ho partecipato al cammino dei frati cappuccini, un'esperienza che mi ha segnata particolarmente, poiché camminando con fatica gratificante, proprio come nella vita, ho ritrovato nel silenzio, nei paesaggi e nella condivisione, un Dio vivo e presente.

Essere una giovane francescana  significa intraprendere un cammino insieme a frati e suore, dimenticare ogni stereotipo, affidarsi, interrogarsi, lasciare che le provocazioni accarezzino il nostro cuore per mettersi in discussione e costruire mattoncino dopo mattoncino un rapporto sempre più solido con il Signore. Tutto questo può essere fatto solo attraverso la parola del vangelo e dei fratelli.

 Insolito è l’ascolto

Ho imparato cosa significa “ fraternità”; in una società in cui vi è una lotta costante tra persone, in cui primeggia chi ha la voce più forte, un mondo che si dimentica di essere fatti tutti della stessa sostanza, immagine e somiglianza di Dio. Uno dei valori che porto più stretti al cuore è quello di ricordarmi che siamo tutti fratelli e sorelle in cammino, dove non prevalgono occhi di giudizio ma solo uno sguardo d’amore. Mi duole il cuore ammetterlo, ma le relazioni che si costruiscono in un ambiente come la fraternità sono insolite da trovare altrove. Ciò che le contraddistingue è l’ascolto reciproco, entrare in intimità attraverso le parole, conoscere lati e parti di noi stessi che, senza gli altri, non potremmo mai apprezzare. Tutti siamo pellegrini, ci affidiamo a colui che ci ha creati e ai nostri compagni di cammino, che sia un percorso immerso in un paesaggio nella natura o nella quotidianità di ogni giorno.
Noi giovani abbiamo il compito di incarnare la Parola per essere portavoce di queste realtà che hanno veramente la possibilità di raccogliere e accogliere ragazzi provenienti da diverse e spesso difficili situazioni, tutti in cerca di quello che Dio ci chiama ad essere per realizzarci e per fare la sua volontà. Tutto questo è possibile solo grazie a frati e suore che si mettono a disposizione, che camminano al nostro fianco condividendo con noi sia i momenti più scherzosi e divertenti, sia i momenti più seri, portando le loro storie di vita, offrendo le proprie esperienze come supporto e guida a coloro che sono ancora in cerca della loro vocazione e non solo.

 In pausa la frenesia

Diverse sono le proposte formative fatte durante il corso dell’anno, l’ultima, la più recente, è stata il ritiro nel fine settimana dal 12 al 14 aprile alle Celle di Cortona. Un gruppo di giovani provenienti dall’Emilia Romagna e dal Veneto, con un obiettivo comune: mettere in pausa la frenesia della quotidianità per porsi in ascolto della parola di Dio. Le attività principalmente si sono svolte il sabato: sveglia alle sette, lodi per affidare al Signore la giornata, per poi essere accolti da uno dei sei frati provenienti da tutto il mondo, che ancora oggi abitano nelle Celle di Cortona. Questa piccola fraternità si occupa di accogliere fedeli, pellegrini e meno fortunati.
Perché scegliere un posto così isolato e lontano dalla presenza umana? Con una bellissima catechesi ci è stata spiegata la storia: san Francesco arriva a Cortona per la prima volta nel 1211 e, predicando in piazza, molti rimasero colpiti, tra questi vi era Guido Vagnottelli, un uomo benestante che presto diventerà “beato Guido”, il quale decise di donare a Francesco questo luogo immerso nel verde, ritirato, circondato dal suono della natura e da un piccolo ruscello. Elemento fondamentale è sicuramente il silenzio e la pace nella quale si viene accolti non appena si mette piede qui. Lo stesso san Francesco, proprio come un innamorato, cercava Dio nella condivisione con gli altri, si faceva portavoce della sua parola; allo stesso tempo però aveva bisogno di momenti di intimità con il Signore. E quale luogo migliore, se non nel silenzio? Stare in un luogo isolato non significa essere soli ma al contrario, abbassare il brusio di sottofondo che tappa le nostre orecchie nella quotidianità, per mettersi in ascolto di quello che sentiamo, perché è anche attraverso il silenzio che Dio ci parla.
Dopo una forte catechesi, ci siamo divisi per fare un deserto guidato. Diverse sono le tappe da compiere: prendersi cura del tempo che si ha, rallentare i ritmi, camminare, guardarsi attorno, ascoltarsi per poi trovare pace in un piccolo posto in mezzo ad un paesaggio così immenso e pieno di meraviglia e togliere quante più distrazioni possibili come il telefono. Invocare lo Spirito Santo e ascoltare il vangelo, proprio come una persona, per soffermarci nella parola che più ci infastidisce, ci colpisce, perché è proprio lì che probabilmente Dio sta cercando di dirci qualcosa.

 Rifornimento per testimoni

Personalmente trovo sempre una difficoltà piacevole nell’affrontare questi momenti; essere nel deserto è una condizione momentanea, fa parte del cammino ed esige di essere vissuta proprio per discernere quanto comanda nel nostro cuore o quanto rende turbolenti i nostri pensieri. Spesso in questi momenti non ho trovato risposte o verità assolute, ma domande giuste da pormi per camminare passo dopo passo. Il mio augurio a chiunque legga è quello di riuscire a mettersi in ascolto, di se stessi tanto quanto degli altri e di Dio, sapersi allontanare dal rumore frenetico per ritrovare un equilibrio anche nella quotidianità.
Un altro momento molto toccante del ritiro è stato quando abbiamo potuto ascoltare il vangelo del giorno, immersi tra il verde, da alcuni più sofferto a causa dell’allergia, in una posizione composta e ad occhi chiusi, ascoltare e immaginare nella nostra mente la scena raccontata dalla Parola. Accompagnati da diverse domande, è stato piacevole, intenso e difficile scoprire come l’anima rendeva vivida l’immagine nella mente, per poi interrogarsi su quale posizione avremmo preso e come ci saremmo posti nei confronti delle stesse azioni di Gesù. Al termine di questo momento, ognuno di noi ha avuto modo di scrivere un breve salmo, che riassumesse quanto più ci aveva colpito nel corso della giornata, poche parole ma davvero incisive.
Il sole tramonta anche nei luoghi più belli e, dopo una giornata intensa, ci siamo lasciati andare tra balli, giochi, di una leggerezza bambinesca e dolce. Questa esperienza è una delle tante che la pastorale giovanile vocazionale propone. Ogni volta che si torna a casa, il cuore ha fatto sempre rifornimento d’amore con nuovi strumenti per affrontare la quotidianità e spunti su cui lavorare. Sono grata a questa realtà, per tutti i valori che giorno per giorno mi insegna e che fanno parte della mia vita da cristiana, consapevole che ogni giovane può essere testimone di avere visto l’amore vincere.