«Immagina che non ci sia alcun paradiso… / niente inferno sotto di noi… / e nemmeno la religione… / immagina tutte le persone vivere la vita in pace… / una fratellanza umana... / condividere tutto il mondo… / e il mondo vivrà come uno».
Comincia così il tè di oggi, sulle note di John Lennon che con la sua famosissima Imagine canta il sogno di un vivere diverso.

a cura della Caritas Diocesana di Bologna

Sospesi nell’amore

Senza teoremi o complessi: irrimediabilmente amati

 IL TÈ DELLE BUONE NOTIZIE

Mentre sfuma la musica, Maura legge: «Ci sono tante religioni al mondo, tutte parlano di un Dio, del loro Dio.

Per tutti i fedeli di ogni religione Dio è grande. Tutte le persone amano Dio, ma nessuno ha la capacità e la possibilità di parlare direttamente con Lui. Ma è Dio che ci viene a parlare, e questo avviene ogni giorno, ogni minuto, sempre. E lo fa attraverso la natura. Lo fa con un soffio di vento, con i tramonti e gli orizzonti, con i colori dell’alba che si sciolgono nella luce del giorno. E così anche le persone che non credono in Dio sentono che c’è qualcuno più grande di noi che gestisce questo bellissimo universo. E quando giunge questa consapevolezza, significa che il linguaggio di Dio è arrivato ai nostri cuori e alle nostre coscienze. Dio ci parla sempre: il sole è un discorso di Dio così come lo è la luna, e tutta la natura; è Dio che ci parla. Dobbiamo prenderci cura della natura e proteggerla. In questo modo ci prenderemo cura delle parole di Dio».

 Predisposizione profonda

Ci guardiamo gli uni gli altri un po’ smarriti, come se ci fossimo appena svegliati da un sogno meraviglioso. «Questo, invece – spiega Maura – è un brano scritto da un nostro caro amico, profondamente religioso, Rachid, pakistano e musulmano. Potremmo definire queste parole, così poetiche e leggere, ma capaci di parlare ai nostri cuori, un vero e proprio testo di spiritualità religiosa, e la famosa Imagine di John Lennon un testo di spiritualità laica. Eh sì! Perché la spiritualità non riguarda solo chi crede in una fede religiosa. Qui intendiamo la parola spiritualità come quella predisposizione profonda che ci invita a porci domande, a cercare il senso della nostra vita. Questo infatti è il tema di oggi. Un po’ come il testo preparato da Rachid: scritto da un uomo di fede, ma capace di arrivare davvero a tutti, come la natura stessa, di cui Rachid racconta. Dove ed in che modo si può incrociare una spiritualità legata ai percorsi di fede o ad una spiritualità laica? Abbiamo visto questi incroci nelle nostre esperienze? Ci siamo mai chiesti a che cosa serve la nostra vita? Che cosa ci stiamo a fare qui?».
«Il pensiero di Rachid è anche il mio, ma lui è molto più idealista di me», interviene subito Robert, «Certo sono belle parole, ma nella realtà incontrarsi su questo piano troppo ideale resta sempre qualcosa che dovremmo fare e non facciamo mai…».
«Già, secondo me se si resta sempre sulle belle parole e sui buoni propositi, non si può andare in profondità», si fa avanti Marcello, convinto, «Se invece ci metti della vera passione e ti fai coinvolgere in prima persona, è allora che realizzi con l’altro un incontro profondo».
«Io sono un sognatore ed un idealista!», ribatte Maurizio, calmo ma deciso, «È troppo facile lamentarsi sempre. Io dico il contrario: c’è bisogno di utopisti! E resto convinto che la cosa da fare sia cominciare da sé per influenzare il mondo! Io cerco di comportarmi bene e intanto do la mia testimonianza. Per me la risposta sul senso della vita sta esattamente nella domanda: interrogarsi è già la risposta, mi capite?».

 A qualcuno piacciono gli esseri umani!

«Tu, Maura, dicevi prima che la spiritualità non è appannaggio della religione», riflette Carla, «Ma certo molti aspetti dipendono da fattori e variabili che però non dipendono da noi. Se nasci in una famiglia religiosa e sei educato così, a certi temi sarai più sensibile. Nasci in una famiglia disfunzionale? Beh, sarà più difficile per te interrogarti sul senso della vita. Poi magari incontri qualcuno che ti ama e questo ti apre a nuove profondità. Per me è stata la sofferenza che mi ha spinta verso la spiritualità, verso la volontà di dare un senso alla mia esistenza. E vi dirò di più: leggere Dostoevskij mi ha davvero aperto nuove visioni e poi ho avuto fortuna: non so nemmeno io perché, ma mi piacciono gli essere umani! In questo, ho trovato la motivazione per diventare un medico. La mia esperienza mi dice che ci sono davvero mille strade per sviluppare la propria spiritualità».
«Spiritualità è anche concretezza», dice Emanuela, volontaria in mensa da una vita, «Ogni essere - se è umano - si pone delle domande di senso e per me restare senza risposte precise non è così importante. Non so tutto, ma resto convinta che qualcun Altro custodisca quelle risposte ed io mi fido. In questa ignoranza ci sto bene!».
«Io penso che se Dio ci avesse dato le risposte a tutto, a noi sarebbe rimasta da vivere soltanto una vita molto noiosa e piatta», dice Maurizio sorridendo, «Dio invece capisce il valore delle nostre emozioni! Io non so da dove vengo e dove vado ma, proprio per questo, posso dire che non mi annoio mai! Purtroppo noto che i media oggi hanno una grandissima responsabilità nell’indurre e sfruttare le emozioni della gente… e questo non è un bene! Ma forse noi dovremmo cominciare a vivere in un altro modo: dovremmo tutti pensarci come “volontari” della nostra stessa vita, proprio come fate voi che in mensa ci venite a servire. Ecco: voi venite per darci una mano! Allora se ognuno di noi cominciasse ad essere “volontario di se stesso”, potrebbe porsi le domande più profonde con lo stesso atteggiamento positivo: osservandosi con maggior distacco, da un altro punto di vista, più costruttivo. Sono certo che tutti staremmo molto meglio!».
«Per me invece spiritualità è un altro modo per dire interiorità», si fa avanti Serena, capelli candidi e occhi azzurrissimi, «Mi rendo conto ora, ascoltandovi, che per tanti anni io sono stata solo “religiosa”; ho avuto un’infanzia travagliata e ho cercato solo di restare a galla: la religione mi rassicurava, ma in questo ero guidata da qualcun altro, fuori di me. Poi ho coltivato la mia interiorità e ho compreso che l’onestà intellettuale e il rispetto reciproco sono i campi dove ci si può davvero incontrare in profondità».

 Né colpe, né risposte, semplicemente stare

È Daniela a prendere la parola: «La mia spiritualità nasce da due domande: sul dolore e sulla gioia. La mia spiritualità non è arrivata dai libri, che pure ho letto tantissimo, ma dall’incontro con altri e dall’amore che alcuni mi hanno voluto. Solo così sono potuta davvero scendere in me stessa fino a conoscere Dio che è Amore».
«Più di un anno fa, sono rimasto vedovo», la voce di Angelo si fa strada nel cerchio e c’è smarrimento nelle sue parole, «Lei aveva la sclerosi multipla, sapete…ed io, beh io… non riuscivo mai a far tornare le cose. La morte è davvero un assurdo così. Quello che avevo dentro di sofferenza è ancora tutto lì, ma certo è importante sentire che altri mi vogliono bene. Ho fatto tutto il possibile per lei, per starle vicino, ma ancora non posso dire di sentirmi sereno… non riesco e non posso essere sereno».
«Penso che al dolore non ci sia una risposta, sapete?», riprende Carla con dolcezza, «E neppure al male innocente c’è risposta. Come ginecologa ho passato la vita a curare le donne e vengo da una storia personale in cui una persona a cui volevo molto bene mi ha fatto del male con il suo dolore. Nella mia vita ho incontrato continuamente il male, il dolore e la morte, ma ad un certo punto ho anche compreso che non è colpa mia! No, non ci sono risposte, ma non ci sono nemmeno colpe e - almeno per questo - ho smesso di soffrire…».
Per ultima interviene Margherita, una new entry nel gruppo del tè: «Vi ho ascoltato con grande attenzione e vi ringrazio. Devo dirvi che tutto ciò che è uscito oggi mi ha convinta che il senso della vita, a volte, è semplicemente il nostro “stare” in certe situazioni difficili, consapevoli che quel “senso” profondo glielo diamo proprio noi, scegliendo con assoluta libertà di esserci, di condividere, di restare. E mi piace tornare a casa pensando che, anche dove manca il senso e non ci sono risposte, siamo noi stessi con la nostra sola presenza a poter cambiare le cose».
Quanta profondità in una tazza di tè!