La croce, il Corano e un pizzico di Buddha

La religione nel postmoderno e la spiritualità fatta-in-casa

 di Gilberto Borghi
insegnante di RC, psicoterapeuta e membro della Redazione di MC

 Qualche anno fa una mia collega di italiano propose agli studenti di una mia classe quinta, come traccia di una sua verifica, un tema sul rapporto tra i giovani e la fede.

Incredibilmente (ma forse no!) ben due terzi della classe scelse questa traccia. Non potevo perciò esimermi dal leggere i loro elaborati, dai quali sono tratte queste frasi: «la religiosità è parte integrante della vita di ogni giorno, insita nella natura umana»; «sembra che molti giovani preferiscono non farsi domande e vivere come viene, ma io sono convinta che sia solo un’apparenza». E ancora: «non ci manca l’interesse per il sacro, ma non ci identifichiamo in una religione e nei suoi credenti»; «io coltivo un rapporto individuale con una dimensione divina al di fuori di una religiosità tradizionale».
Ritengo che queste frasi siano la traduzione emblematica di due atteggiamenti che, dalla fine degli anni Ottanta ad oggi, sono diventati sempre più diffusi ed evidenti. Il primo è quello della “riapparizione” della spiritualità nei discorsi e confronti che si possono fare nei luoghi pubblici. In altre parole la secolarizzazione, quella dura che rinchiudeva il discorso spirituale nell’ambito del privato personale, è mutata. Oggi è difficile davvero trovare persone che siano profondamente convinte che esista solo la dimensione storico-materiale della realtà. Tanto che la domanda sul senso della dimensione spirituale, da almeno vent’anni, è massicciamente presente in classe e dentro gli studenti, non solo come tema di possibile discussione teorica, ma anche come esigenza importante, non eludibile, per chi tra loro prende sul serio il proprio sviluppo.
Il secondo atteggiamento che emerge dagli elaborati dei miei studenti corrisponde a quello che i sociologi della religione da tempo hanno individuato: la tendenza ad una “religione fai da te”. I miei studenti che hanno riaperto le loro domande spirituali, nella stragrande maggioranza, le coltivano seguendo sentieri che si tengono ben lontani dall’appartenenza ad una religione precisa, soprattutto quelle classiche come il cristianesimo. Pregare, meditare, pensare all’esistenza di una dimensione trascendente non è più così raro tra i miei studenti (e pure tra moltissimi adulti), ma viene perseguito in forme, contenuti e modi che sono molto distanti da ciò che le grandi religioni tradizionali offrono.

Due cambiamenti

Questa situazione è riconducibile alla combinazione di almeno due elementi di cambiamento, che sono esplosi a partire dalla fine degli anni Ottanta, da quando, cioè, la modernità ha cambiato pelle lasciando spazio ad una forma culturale ancora non definibile, che per convenzione chiamiamo post-modernità. Ciò ha aperto una fase storica, che ancora stiamo attraversando, che è un vero e proprio cambiamento d’epoca. Non sappiamo ancora bene dove

ci porterà, ma siamo in grado di evidenziare già alcuni elementi di cambiamento. Il primo è l’effetto di “frantumazione antropologica” che la post-modernità si porta dietro. A differenza di ciò che accadeva nella modernità, oggi la razionalità, l’emotività e l’istintività faticano moltissimo ad andare d’accordo all’interno della singola persona, provocando una specie di convivenza forzata, come di separati in casa. In questa condizione l’adesione religiosa è sempre più appannaggio della emotività, mettendo in secondo piano la coerenza razionale delle idee ritenute sensate. Trovo spesso persone che vanno in chiesa, si dichiarano cristiane e credono alla reincarnazione; o che ipotizzano che la nostra anima sia una parte di Dio; o che Dio sia la somma di tutto ciò che esiste. Queste idee non sono teologicamente compatibili con la visione cristiana, ma di fatto albergano senza problemi in molti fedeli.
Il secondo effetto interessante è la “corrosione dei legami istituzionali”. A differenza della modernità, oggi siamo poco propensi a “fidarci” delle istituzioni, perché abbiamo visto tutta la loro “incapacità e incoerenza” a poter davvero dare risposte efficaci ai problemi comuni del vivere personale e sociale. In questa condizione l’autorità di una religione istituzionale non è più credibile a priori. Per il semplice fatto che è istituzionalizzata la religione, agli occhi post-moderni di molti, ha perso la possibilità di essere ritenuta un mediatore di senso efficace. Ciò lascia spazio ad un individualismo spirituale, in cui l’attesa del senso ultimo e la costruzione di una visione del mondo basato su di esso possono essere fatte solo singolarmente. Oggi si può accettare la visione di una religione solo in ciò che conferma il sentire della singola persona; per il resto si sceglie di divergere dall’opinione ufficiale e si perseguono idee prese a prestito da altre fonti spirituali.

 La reazione religiosa

Di fronte a ciò le religioni istituzionalizzate reagiscono in due modi. Da un lato, come reazione alla perdita di autorità, induriscono le identità teologiche. Ciò sembra venire incontro allo spaesamento di alcuni fedeli, che in questo individualismo spirituale si sentono “senza limiti e orizzonti” e così finiscono per bloccare la loro ricerca personale e fidarsi ciecamente dell’autorità religiosa a cui si riferiscono. I fondamentalismi e gli estremismi religiosi e i fanatismi che tornano in scena sono l’effetto di questa “paura” della perdita identitaria, ma provocano una adesione religiosa che può diventare davvero pericolosa e disumana. In questo senso è emblematico che, non solo religioni come islam e cristianesimo, storicamente disponibili all’estremismo, si radicalizzino in modo evidente, ma anche induismo e buddhismo, notoriamente più tolleranti, vedano nascere al proprio interno fenomeni di ricerca di identità “esclusiviste”. Se si individua un nemico è più probabile ci si riunifichi per combattere contro di lui.
Dall’altro lato assistiamo, invece, al sovraccarico di valore offerto da esponenti delle religioni tradizionali a qualsiasi cosa provochi emozioni intense e non ordinarie, intesa come evento in cui il “trascendente” si rende presente. Oggi più che mai le presenze angeliche, le manifestazioni miracolose, i fenomeni “altri” rispetto alla cosiddetta normalità, sono molto attraenti proprio per questa loro possibilità di far “sentire” il trascendente, a prescindere da qualsiasi forma di pensiero teologico possano veicolare. I miei studenti conoscono quasi tutti cosa sia Medjugorje; hanno interesse per le presenze angeliche e demoniache; hanno curiosato dentro alle notizie delle madonne che piangono. E tutto ciò come parte considerata molto interessante della loro ricerca spirituale. Ma è interessante notare che tale atteggiamento è promosso anche da esponenti di altre forme religiose tradizionali (induismo, islam, protestantesimo), a dire che si tratta di una tendenza davvero trans-religiosa.

 A tu per tu

Ora, tali fenomeni, come risultato della combinazione di frammentazione antropologica e di corrosione dei legami istituzionali, non possono certo essere negati. Ma come leggerli sul piano evangelico? Dobbiamo ipotizzare che, per accedere alla fede, prima si debba per forza passare da una sua comprensione teologico-razionale coerente, come poteva essere nella modernità? O possiamo riconoscere che lo Spirito può toccare il cuore umano anche nelle condizioni attuali? Dobbiamo per forza ipotizzare che lo Spirito Santo parli e agisca solo nella e per mezzo della Chiesa cattolica? O possiamo accettare che la Chiesa non abbia l’esclusiva dello Spirito e che anche fuori di essa si possa incontrare il seme della fede?
Se guardiamo l’insieme della rivelazione, centrata su Gesù, dobbiamo riconoscere che la fede nasce in un rapporto personale tra il fedele e Cristo, dove la dimensione dei sentimenti è comunque centrale e dove la riflessione razionale arriva dopo che la persona sia stata afferrata da Cristo. Tutti i “convertiti” del vangelo seguono questa dinamica, che lentamente poi li porterà ad una “ricucitura” interna della loro umanità perché per loro “vivere è Cristo”, cioè non un insieme di idee da coordinare tra loro, ma una persona viva che li ama e che per questo diventa il loro amore.

 

 Dell’Autore segnaliamo:
Il male negli occhi dell’amore. Cinquanta risposte sul peccato e dintorni.
EMP, Padova, 2024