Libera il fuoco, non soffocare il vento

Cercatori di senso di tutte le specie, sono le molteplici voci dello Spirito 

di Angelo Reginato
pastore evangelico battista

 Spiritualità non è parola del lessico biblico. Le Scritture ebraico-cristiane, infatti, parlano una lingua concreta, che rifugge le astrazioni.

È bene ricordarlo, per non ridurre la Bibbia ad un repertorio di concetti da usare per giustificare le proprie idee. Chi si mette in ascolto di quelle parole è chiamato, come Abramo, a lasciare il proprio mondo per entrare nel territorio straniero del racconto, fino a scorgervi quel singolare modo di abitare la terra che esso dispiega davanti ai nostri occhi. Lì la parola si fa carne e sangue, storia, storie. Sono i corpi i protagonisti dei libri che formano il corpo delle Scritture. Chi va alla ricerca di pensieri spirituali, di una sapienza celeste, rimane sorpreso dalla forza di gravità che vige in quel mondo e che schiaccia al suolo chi pensa di volare alto.
Nel mondo delle Scritture non funziona la nostra classica distinzione tra il materiale e lo spirituale, tra il fattuale e lo straordinario. Lo Spirito di Dio abita i corpi; le tracce della sua presenza si offrono a occhi che non guardano il cielo ma scrutano la terra cercando quel tesoro che vi è nascosto. La presenza dello Spirito si mostra non ai visionari ma alle donne e agli uomini dagli occhi aperti, penetranti, che non si fidano delle apparenze e guardano il mondo col sospetto che ci sia di più, che ci sia dell’altro, che un mistero lo abiti. Qui non è questione di calcolo, di saper distinguere cosa appartenga a Cesare e cosa a Dio – come se Dio non abbracciasse tutto. Qui, come dice Gesù a Nicodemo (Gv 3,1ss), è questione di nascere di nuovo, dall’alto, di nascere dallo Spirito. Di quante nascite abbiamo bisogno per vivere?

 Parola di fuoco

Quello che noi abbiamo reso con l’aggettivo spirituale e col sostantivo spiritualità, per Gesù ha a che vedere con concepimenti, gravidanze, parti, vita. È un iniziare dall’inizio; è questione di venire alla luce ed essere messi al mondo. Ha a che fare con la domanda su cosa significhi vivere. Ma come si sperimenta questa maternità dello Spirito? Cosa vuol dire nascere dallo Spirito? La scena madre, in cui irrompe lo Spirito è narrata da Luca nel secondo volume della sua opera, gli Atti degli apostoli. Quel racconto (At 2,1ss) mostra che lo Spirito è intimamente legato alla Parola. I segnali del testo sono evidenti: siamo a Pentecoste, ovvero la festa ebraica di Shavuot, in cui si fa memoria del dono della Torà. Lo Spirito si presenta come “lingua di fuoco” e abilita chi lo riceve ad annunciare le grandi opere di Dio, in modo tale che ogni persona le senta dette nella propria lingua.
Lo Spirito, dunque, non è altra cosa rispetto alla Parola, in quanto Spirito di Gesù, Parola del Padre. È Parola di fuoco, lingua appassionata, che resuscita la lettera morta strappandola dall’esilio del discorso normativo e giudicante. È fuoco che non consuma, è energia che esorta a fare di quella parola il proprio stile di vita; che difende dall’accusa di una verbosità che lascia a bocca asciutta la storia; che consola nel lungo inverno che minaccia il fuoco.
Luca dice narrativamente quanto Giovanni testimonia con le parole stesse di Gesù a proposito dello Spirito di verità. «Vi ho detto queste cose, stando ancora con voi; ma il Paraclito, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto» (Gv 13,25-26). «Ho ancora molte cose da dirvi; ma non sono per ora alla vostra portata; quando però sarà venuto lui, lo Spirito della verità, egli vi guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annuncerà le cose a venire. Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve lo annuncerà» (Gv 16,12-14). Come Gesù, che ha posto i segni del Regno, facendo segno per mostrare in che direzione proceda il desiderio di Dio, il suo sogno della vita buona per tutte e tutti; così anche lo Spirito insegna, è memoria viva di quanto ha detto e fatto Gesù, il Figlio venuto a portare il fuoco sulla terra.

 Varie spiritualità

Dunque, nascere dallo Spirito significa essere generati dalla Parola efficace di Dio, che si è rivelata in Gesù, vivere nel presente la sua inedita umanità. In fondo, quelle che con il nostro linguaggio diciamo “spiritualità” non sono altro che esegesi creative di quella Parola, esperimenti e rivitalizzazione della lettera, discernimento in un preciso momento storico dell’evangelo di Gesù. Espressione plurale, in linea con quella pluralità costitutiva che caratterizza il corpo delle Scritture. Come non esiste un solo racconto evangelico ma quattro, così anche le forme dell’esperienza di nascere dallo Spirito saranno molteplici. Lo Spirito di Dio non parla la lingua di Babele, non si esprime nell’uniformità ma nel dialogo delle differenze.
Nel mondo cattolico si parla di spiritualità monastica, francescana, domenicana, gesuita, come anche di quelle promosse dai diversi movimenti ecclesiali; nel mondo protestante questa pluralità carismatica prende forma nelle differenti chiese: valdese, luterana, riformata, battista, metodista. Noi possiamo ascoltare il suono della Scrittura attraverso la cassa di risonanza delle diverse tradizioni spirituali. E l’ascolto polifonico delle tante manifestazioni dello Spirito, che hanno riacceso il fuoco dell’evangelo in questi duemila anni di storia del cristianesimo, risulterà prezioso per non dire Dio entro la camicia di forza del pensiero unico e per non cadere nella trappola della presunzione spirituale, allergica ad ogni differenza e impossibilitata a quella conversione cui mira la Parola.

 È forza di vita

Ma la parola che Gesù dice a Nicodemo evoca una forza vitale che le diverse istituzioni non possono totalizzare. Lo Spirito è come il vento, che soffia dove vuole. In quanto Spirito di Dio, come il Padre si rivela ma anche si nasconde entro le pieghe di una storia che sfugge alle chiavi di lettura degli interpreti. Non si tratta di pensare che i soggetti carismatici siano tutto genio e sregolatezza. Una spiritualità, per dirsi cristiana, deve avere gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, la Parola definitiva di Dio. E deve operare per l’edificazione della chiesa, superando la tentazione di un protagonismo solo di alcuni. Sono questi i due criteri suggeriti dall’apostolo Paolo. Dunque, nessuna arbitrarietà in nome della libertà dello Spirito. Ma, detto questo, è altrettanto importante non soffocare lo Spirito. Ovvero mettersi in un atteggiamento di ascolto non giudicante per scorgere le sue tracce anche nei luoghi più impensati, persino laddove il discorso religioso sembra scartato in partenza.
Siamo reduci da una stagione di irrigidimenti ideologici e istituzionali, dove anche i cammini spirituali si misuravano con la logica degli opposti schieramenti. Oggi possiamo comprendere che il problema non è il consenso o il dissenso ma il senso. In questo nostro presente incerto, lo Spirito soffia il suo vento sul cammino dei diversi mendicanti di senso. La sua voce si fa udire nelle tante lingue ufficiali come nei dialetti che si parlano ai margini della storia. Le chiese non hanno più l’esclusiva della spiritualità; ma non per questo devono dilapidare il soffio vitale lasciato in eredità da una schiera di testimoni, né smettere di essere creative e sensibili al vento che spira nell’apparente calma di questo nostro tempo.
Il fuoco dello Spirito alimenta la passione di quanti non si rassegnano allo stato presente delle cose.
Lo Spirito agisce in tanti modi, tutti però come forza di vita, non di morte. Quello Spirito, che ha resuscitato Gesù dai morti e continua a risuscitare la lettera morta delle Scritture, è presente ovunque ci siano persone pasquali, portatrici di vita, nonostante tutto. Che sanno stare negli inferi della storia senza disperare. Un modo come questo di abitare la terra solo lo Spirito può generarlo!

 

 

A cura dell’Autore segnaliamo:
Vivere insieme la cena del Signore,
La Meridiana, Molfetta 2018