Siamo tutti risucchiati nello schermo del computer mentre Maura ci mostra le immagini di un film: il tè di questo pomeriggio parte così ed improvvisamente ci ritroviamo insieme dentro un cottage tipicamente americano. Dalla finestra entrano come lame i riflessi caldi del tramonto, più lontano brillano le acque di un lago. «Ma certo, me lo ricordo questo film!», esclama Francesco, riportandoci nel qui e ora, «È “Sul lago dorato” e loro due sono Henry Fonda e Katharine Hepburn».

a cura della Caritas Diocesana di Bologna

 Sul lago che c’è

I vecchi insieme ai bambini: dove ci incontriamo?

 IL TÈ DELLE BUONE NOTIZIE

«Bravo Francesco!», rinforza Maura, «Questa è una pellicola del 1982». Nel frattempo, dentro al cottage, i dialoghi fra i protagonisti si fanno più serrati ed interessanti.

Assistiamo allo scambio di sagaci battute tra una coppia anziana, Norman ed Ethel (Fonda ed Hepburn), ed il rancoroso adolescente Bill, che viene “scaricato” in vacanza dai nonni mentre la matrigna parte con il nuovo marito e padre del ragazzo per un lungo viaggio. Nella divertente scena che osserviamo, i due nonni sono alle prese con gli atteggiamenti scontrosi ed arroganti di Bill, che viene convinto con incredibile capacità dialettica dall’anziano Norman ad unirsi a loro per una gita in barca. Poi Maura blocca l’immagine ed un mugugno di delusione si diffonde fra i partecipanti.

 Dove possiamo fare festa insieme?

«Eh, lo so…purtroppo non potremo vedere tutto questo bellissimo film, che in realtà racconta lo scontro e poi l’incontro di ben tre generazioni familiari, ma volevo almeno condividere con voi questa scena perché ci mostra come da situazioni conflittuali e quotidiane possa nascere un’intesa fra persone di età distanti. Avete notato? Norman conquista il ragazzino, accettando di usare il suo stesso linguaggio, che in bocca ad una persona anziana diventa fra l’altro davvero divertente: in questo caso il parlare la stessa lingua si trasforma nel terreno dove i protagonisti si ritrovano. Ed eccomi arrivata alla presentazione dell’argomento di oggi. Vi pongo questa domanda: dove si possono incontrare la saggezza dei vecchi e la creatività dei giovani per costruire un cammino di speranza per il futuro? In quale occasione, nelle nostre vite, abbiamo visto nascere un’alleanza fra vecchi e giovani? Cosa ci dava fastidio quando noi eravamo giovani e cosa ci dà fastidio oggi nei giovani? A voi la parola!».
Robert apre lo scambio con la sua voce roca: «In Ungheria, da dove vengo, c’era un regime tale per cui nemmeno potevamo portare i jeans e, se andavi in giro con i capelli lunghi, la Polizia ti fermava. Ai vecchi ungheresi non piaceva certo la musica rock! Pensate che io sono stato giovane in un paese così e facevo di mestiere il tecnico del suono nei grandi concerti… Abbiamo fatto una vera rivoluzione per ascoltare la musica, ma era impossibile andare d’accordo con tutti! Quindi capisco bene se i giovani di oggi vogliono ribellarsi alla cultura dello status quo».
«Beh, secondo me occorre capire di volta in volta dove sta la ragione fra vecchi e giovani. ribatte Angelo. «Io sono nato nel ’46, subito dopo la guerra. C’era ancora molta miseria e ai genitori si ubbidiva: era molto difficile che i miei dicessero di sì alle mie richieste. Ma devo dire che ho fatto una bella esperienza di alleanza con i giovani più tardi nel mondo del lavoro. Quando io lavoravo già da anni, la presenza delle nuove leve è stata positiva e, anche se allora ci si scontrava, ora devo ammettere che la gioventù dei colleghi portò moltissimo in azienda, benché non fossero d’accordo con il mio modo di gestire le cose. Quello che è successo ora, dopo più di vent’anni, è che quegli stessi colleghi mi hanno invitato per la loro festa di pensionamento! Per me una soddisfazione grandissima, segno che abbiamo davvero costruito qualcosa di duraturo insieme!».

 Due facce, l’intera umanità

«Io per anni ho sperimentato la vita comunitaria», interviene Daniele, «e ho capito che per incontrarsi fra generazioni diverse serve una cosa sola: la modestia! Nel giovane perché deve crescere ed imparare, nell’anziano perché anche lui deve mettersi in testa che può sempre imparare qualcosa di nuovo fino all’ultimo respiro. La mia esperienza però è stata fallimentare: gli anziani non accettano facilmente che uno più giovane gli insegni qualcosa. I giovani di oggi mi piacciono! Ma sono preoccupato per me, perché – adesso che sono cresciuto – fatico ad evolvere ulteriormente».
«Per tutta la vita sono stata insegnante a scuola», si fa avanti Franca, «dei ragazzi posso dire che loro ti rispettano, se tu li rispetti e – certo! – hanno il senso del “branco” quindi non puoi prendere uno davanti agli altri. Secondo me, sono un terreno fecondissimo, ma devi avere la forza di avvicinarti a loro senza giudizio o ti rifiuteranno. Gli anziani invece sono fondamentali perché portano la memoria di un tempo che non c’è più. Resto convinta che il punto centrale sia che occorre ascoltare con la massima attenzione sia gli anziani che i giovani. Non riesco a vedere distinzioni: anziani e giovani sono due facce della stessa medaglia e rappresentano un valore infinito: l’intera umanità».
«Io sono un medico e svolgo attività di volontariato presso un’associazione per la tutela della salute dei più fragili», ci dice Carla. «Dove presto il mio servizio, incontro tantissimi giovani e con loro vado molto d’accordo. Mi è capitato più volte di notare che questi ragazzi si dimostrino, nei miei confronti, supportivi ed entusiasti e si stupiscono molto se una persona della mia età mostra di condividere i loro stessi ideali. Quello che produce vicinanza è la passione condivisa per la giustizia: gli ideali condivisi cancellano le distanze dell’età».
«Anche io ho avuto modo di conoscere ragazzi con grandi ideali», interviene Patrizia, la voce dubbiosa, «e mi chiedo se fra dieci anni non saranno completamente disincantati. E poi c’è anche tanta “ideologia” sugli anziani: sento parlare male delle RSA, ma in realtà sono davvero le uniche soluzioni possibili in una società che mette al centro la classe lavoratrice e che riconosce solo chi è produttivo. Quando ragioniamo di queste esperienze, dovremmo tener ben presente in quale contesto sociale siamo!».

 Dove ci vogliamo bene

Per un attimo restiamo tutti un po’ bloccati da questa fotografia realistica ma dura ed io stessa mi chiedo se quel lago dorato dove le generazioni si incontrano non sia poi soltanto una bella favola.
«Quando ero giovane mi dava fastidio perché i vecchi mi volevano insegnare a stare al mondo», interviene la voce allegra di Serena, capelli candidi, sorriso smagliante e occhi azzurrissimi, «e quello che mi scoccia oggi coi figli giovani è che mi vogliono insegnare a stare al mondo!»: una risata liberatoria riporta leggerezza nel cerchio. «Scherzi a parte, io non sono più giovane e non sono “loro”: mi sembra fisiologico non capirli. Però ho trovato un terreno senza differenze che porta le persone di età diverse ad incontrarsi: è la curiosità! Quando porto a spasso il mio cane, posso assicurarvi che tantissime persone di tutte le età si avvicinano e si fermano ed è l’occasione per stringere nuove amicizie. A volte basta davvero poco, sapete?».
Siamo ormai al termine del pomeriggio ed è ora di ripartire. Prima di alzarci, Maura ci ricorda che possiamo riempire i nostri zaini di tutti gli elementi che ci sembrano necessari per stringere alleanza fra generazioni diverse. Ci aiuteranno a vivere meglio là fuori. Ognuno quindi regala agli altri una parola, mentre il cartellone si riempie di: curiosità, accettazione, non generalizzazione (ogni cultura ha le sue regole), dialogo, complicità, condivisione di ideali, ascolto, rispetto ed equilibrio, ironia, comunione, pazienza, compromesso, comprensione del contesto.
Per ultimo parla Marco, oggi il più giovane della compagnia: «Quando ero più piccolo, dopo messa, andavo sempre a dar da mangiare ad un signore ospite della casa di riposo del mio paese. Non si muoveva più, ma era lucidissimo. Lui aveva vissuto la prima guerra mondiale ed io amavo la storia e adoravo i suoi racconti. Così ho iniziato ad andare lì per servizio e poi ho capito che ci tornavo per affetto. Ecco, per me il punto di incontro è proprio questo: l’affetto».
Grazie Marco! Quel lago dorato esiste davvero.