Verso l’ossimoro e oltre 

di Dino Dozzi
Direttore di MC

 “Guerra e pace” non è solo il titolo del famoso romanzo di Lev Tolstoj. È soprattutto l’argomento più presente su tutti i mezzi di comunicazione almeno a partire dal 24 febbraio 2022, data dell’entrata delle truppe russe nel territorio ucraino, con una escalation continua sia sul campo di battaglia che nelle dichiarazioni: i toni salgono come pure il numero dei morti e dei feriti da entrambe le parti, e sempre più micidiali diventano le armi impiegate, con sempre più frequente esplicita minaccia di uso delle armi nucleari.
Papa Francesco, già prima del 2022, parlava di una «terza guerra mondiale a pezzi» e ultimamente parla di una «terza guerra mondiale nel mondo globalizzato»: non perde occasione per denunciare la pazzia della guerra, di ogni guerra e si dichiara disponibile ad andare personalmente a Kiev e a Mosca e ovunque sia utile per riportare la pace, perché «la guerra è la negazione di tutti i diritti e una drammatica aggressione all’ambiente». Ma può la Chiesa fermare la guerra? È questo il titolo di un libro di Pietro Damosso (San Paolo 2023), che presenta un’inchiesta a sessant’anni dalla Pacem in terris di Giovanni XXIII che riuscì nell’impresa in occasione della crisi di Cuba.
Tutti vorrebbero la pace (i costruttori di armi forse no), anche se qualcuno incomincia a domandarsi se proprio vogliamo la pace o più semplicemente vogliamo essere lasciati in pace. Ma come fare concretamente? Anche tra i cristiani i pareri sono discordanti. E siamo un po’ tutti “likeminded”: ci rapportiamo quasi solo con chi la pensa come noi. C’è chi dice che inviare armi all’Ucraina significa buttare benzina sul fuoco della guerra, e chi dice che non aiutare questo paese illegalmente invaso significa arrendersi alla prepotenza e incoraggiare i sogni imperialistici di qualcuno; e vengono ricordati gli inizi della seconda guerra mondiale.
Don Luigi Ciotti dice che «su questo punto (come essere artigiani di pace di fronte ad un popolo invaso) bisogna essere chiari. Quando ci sono un aggredito e un aggressore, il pacifista deve stare senza tentennamenti dalla parte dell’aggredito, anche fornendogli i mezzi per difendersi meglio, con più efficacia. Questo è però un intervento di “pronto soccorso”, a cui deve seguire, da parte degli “artigiani di pace”, la costruzione di un percorso che impedisca il riprodursi dei conflitti».
Dacia Maraini pensa che «per dialogare bisogna essere in due: se uno dei due non vuole, diventa semplicemente una resa al più prepotente. È un grande problema dei pacifisti come me: si deve sottostare alla violenza e alla prepotenza o si deve reagire? Non lo so se ci sia una risposta etica. Il mio sogno personale di pace è che i russi, popolo che io stimo e ammiro, della cui letteratura mi sono nutrita, capiscano che devono in prima persona chiedere la pace e la democrazia, a furor di popolo».
La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo fu approvata dall’ONU nel 1948, ma in troppi casi resta lettera morta. Per Stefano Zamagni bisogna cancellare il diritto di veto finora concesso ai membri permanenti del Consiglio di sicurezza. Occorre anche istituire entro le Nazioni Unite l’Agenzia (indipendente) internazionale per la gestione degli aiuti, alla quale affluiscano tutte le risorse rese disponibili dal cosiddetto “dividendo della pace” (derivante dalla riduzione delle spese militari). Serve pure una nuova regolamentazione delle sanzioni economiche, che non funzionano più e che sono un’arma a doppio taglio. In Africa si dice che quando due elefanti combattono è l’erba del campo a soffrire: e quell’erba siamo noi, l’Europa, ancora priva di personalità politica forte e dunque semplice terreno dove si scontrano le grandi potenze mondiali, che perseguono i loro interessi.
Certi periodi di pace somigliano spesso a “tregue armate”. Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, scrive che «la pace è sempre ‘impura’, come è emerso dal nostro incontro delle religioni a Roma». Forse conviene prendere in considerazione una soluzione di pace all’insegna del “meno peggio”, almeno per congelare la guerra (come si fece in Corea). Anche Papa Francesco ammette che «a volte il dialogo ‘puzza’, ma bisogna farlo lo stesso con tutti». I pacifisti vengono a volte accusati di “predicare bene” soltanto per uscire puliti dal dibattito. I veri pacifisti sono gli artigiani di pace, i costruttori di pace, che concretamente si sporcano le mani per realizzare i diritti, la giustizia, la libertà, la dignità per ogni essere umano. Il sogno personale di pace di Paola Severino è un ponte affollatissimo di europei che vanno verso l’Africa e di africani che vengono verso l’Europa con progetti concreti come borse di studio e offerte di lavoro.
Al di là di questa panoramica di pareri, tutti con qualche ragione, che cosa pensa il sottoscritto? Nel Salmo 85 al versetto 11 leggo: «Amore e verità s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno». Chi sostiene la necessità di inviare armi in Ucraina per difendersi dall’ingiusta aggressione lo fa in nome della giustizia e della verità; chi sostiene il contrario lo fa in nome dell’amore e della pace. La promessa di Dio - il regno di Dio da costruire - è caratterizzata dall’incontro di amore e verità, dal bacio di giustizia e di pace. Sembra un’utopia, ma Dio si comporta così e ci chiede di camminare in questa direzione. Francesco d’Assisi pare l’avesse capito e pregava così: «Signore, fa’ di me uno strumento della tua pace. Dove c’è odio, fa’ che io porti amore».