Altro che muri, semmai…murales. Potrebbe funzionare come uno slogan che spinge all’accoglienza il riferimento alle coloratissime opere d’arte dipinte sugli edifici interessati da un progetto sperimentale partito nella Chiesa di Trento sette anni fa e ormai ben attecchito: alcuni “storici” istituti religiosi, in collegamento fra loro, hanno attivato, partendo “da zero”, esperienze di ospitalità per richiedenti-asilo. All’avvio nel 2016 erano due, soltanto maschili; oggi le case religiose sono sette, due delle quali animate da comunità femminili.

a cura di Gilberto Borghi

 Sono trecento e sono stati accolti

Chi porta la famiglia in convento? 

di Diego Andreatta
direttore del settimanale diocesano di Trento, Vita Trentina

 Le visitiamo a partire dai soggetti ritratti nei loro murales, che esprimono l’esemplarità di un’iniziativa che ha dato un tetto e una speranza complessivamente a trecento persone.

È stata denominata “Chiesa che accoglie”, perché è accompagnata dalla Caritas e dall’Arcidiocesi, evita la frammentazione degli interventi e diventa pedagogica per le realtà parrocchiali coinvolte.

 Primo murale

Sulla panoramica collina ad est di Trento, incontriamo il primo murale in via delle Missioni Africane, sulla facciata di un ampio caseggiato che accoglieva negli anni Quaranta tanti aspiranti missionari pronti a partire per l’Africa sulle orme del Comboni. Ora sono giovani africani e, soprattutto, asiatici, ad arrivare qui dopo un percorso sofferto, in equilibrio tra un futuro da osare e un Paese da lasciare.
Come l’uomo che cammina in punta di piedi su un filo teso fra due mondi. «Quel ragazzo, in verità, rappresenta tutta l’umanità – ci spiega indicando il murale padre Tullio Donati, che dopo una vita in Africa condivide quest’accoglienza con altri due padri Comboniani – procede per piccoli passi, in salita, eppure continua ad andare avanti trovando pur nella fatica la direzione verso un sole splendente, simbolo di un domani migliore». Sono una dozzina i giovani stranieri accolti quest’anno nell’edificio accanto alla vicina residenza “Combo-universitaria”, con sei studenti in gran parte italiani (ma c’è anche un sudsudanese).
Padre Tullio (che è anche referente diocesano per la pastorale delle migrazioni), padre Mario Benedetti e padre Fausto Beretta condividono con i ragazzi il vicino parco, i locali comuni e qualche incontro su tematiche culturali e sociali. I richiedenti asilo provengono ora in gran parte dal Pakistan, con una sola presenza latinoamericana: «La fraternità è alla base dell’accoglienza per far risaltare il valore dell’umano – hanno detto i giovani della “Combo” in un recente incontro diocesano del mese missionario – puntando soprattutto sulle relazioni».

 Secondo e terzo murale

In tre minuti saliamo sulla collina delle Laste, nella storica e accogliente Villa Sant’Ignazio, votata all’accoglienza da tanti anni grazie ai Gesuiti con la sede locale del “Centro Astalli”, il Servizio nazionale per i rifugiati, che con gli esperti operatori laici tiene anche il coordinamento dell’intero progetto: «Non pensavamo di trovare una risposta così positiva sette anni fa», ricorda il responsabile Stefano Canestrini, «quando ci siamo rivolti agli istituti religiosi pensando al fatto che i loro conventi erano stati nel tempo luoghi di scambio e di incontro». Si è realizzata una positiva contaminazione fra gli immigrati e varie esperienze delle comunità locali. Al centro, il nucleo familiare con le sue relazioni d’affetto e di cura, riprodotte nel murale realizzato sulla casetta attigua a Villa Sant’Ignazio, riservata dai Gesuiti per i rifugiati e le loro famiglie.

Riproduce invece una natura in fiore il murale messo a disposizione dai Cappuccini a Spini di Gardolo, periferia nord di Trento: ci vivono nuclei familiari allargati al fianco di alcuni progetti individualizzati per studenti universitari e – nel periodo di emergenza freddo – un accogliente dormitorio. Da pochi mesi i Cappuccini hanno scelto di lasciare il convento di Trento ma lo stabile rimane però in comodato d’uso al Centro Astalli che prosegue il lavoro, potendo contare anche sulla rete dei volontari, già ambientati a “Casa San Francesco”. Quaranta persone, fra le quali anche mamme con bambini, sperimentano il clima accogliente, non importa se il termometro fuori va sotto zero: «Questi progetti confermano l’efficacia di puntare su un effetto casa, stanze piccole a dimensione familiare, piuttosto che megastrutture».

 Quarto murale

Parla d’Africa il murale nella centralissima sede delle Canossiane – adiacente alla scuola professionale del settore moda - dedicato al gesto accogliente della santa canossiana Bakhita. In questo caso, come ci spiega la superiora della comunità, suor Daniela Rizzardi, l’accoglienza di famiglie nigeriane e ivoriane ha finito per coinvolgere i genitori dell’annessa scuola per l’infanzia dove i bambini sono stati presto inseriti. Femminile e familiare è anche l’atmosfera creata ad Arco da una famiglia religiosa – le Suore Serve di Maria – che in collaborazione con gli operatori Astalli si fanno dirimpettaie di una famiglia ucraina ed una nigeriana.
Altro convento accogliente – con un chiostro ed un giardino che favoriscono il via vai di persone del comune di Mezzolombardo – è quello dei Francescani, presso i quali vive attualmente una famiglia di richiedenti asilo.
Completiamo il nostro ideale “giro del Trentino” a Villazzano, dove i padri Dehoniani – oltre a guidare le parrocchie dei popolosi sobborghi di Povo e di Villazzano – hanno riservato un appartamento con cucina a sei persone: «Abbiamo cercato di sensibilizzare il Consiglio pastorale e i giovani – spiega padre Silvano Volpato – per favorire l’integrazione con il territorio. Abbiamo anche ritrovato lo spirito con il quale il nostro fondatore si dedicava ai bisogni del suo tempo». L’appello di papa Francesco ad aprire le porte delle realtà ecclesiali ha trovato ascolto e si realizza con uno stile, non assistenzialistico ed emergenziale, che scommette sulla relazione a tu per tu. Ed è commovente veder tornare a Trento alcuni dei primi studenti accolti per informarsi sulla salute di qualche anziano religioso o ritrovare una famiglia di volontari.
Queste valutazioni risuonano il primo lunedì del mese nell’incontro fisso – ospitato a rotazione in uno dei sette conventi accoglienti – durante il quale alla luce della Parola di Dio si analizza la situazione e ci s’interroga sulle esigenze emerse: la comunione fa la forza. «Questa è la Chiesa del futuro», ha osservato l’arcivescovo di Trento Lauro Tisi nel “benedire” lo sforzo di collegamento fra gli istituti religiosi, accompagnato dalla presenza costante del direttore della Caritas, il diacono Fabio Chiari, e del delegato vescovile don Mauro Leonardelli.

 

 

Dell’Autore segnaliamo:
Le stagioni di Tone,
Vita Trentina editrice, Trento 2018