Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte

un libro di Mark Huddon

Einaudi, Roma 2003, pp. 247

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C’è un cane assassinato, lì in giardino, trafitto da un forcone. Un caso, uno strano caso misterioso, che non interessa a nessuno. È solo morto un cane, cosa volete che sia. Ma c’è qualcuno che la pensa diversamente. Christopher è autistico, ha quindici anni, sa a memoria tutte le capitali del mondo e i numeri primi fino a 7507. Ma ha una difficoltà: si rapporta meglio con la logica matematica che con quella umana. E non tollera le bugie. Ecco, amare la verità, forse è questo il suo più grande handicap in un mondo costruito sulla finzione, un mondo che non lo capisce e che non si fa capire. Un mondo che non si cura del fatto che adesso, lì in giardino, c’è un cane ucciso. Ma Christopher sì, se ne cura, e così inizia il giallo, l’indagine, che si trasforma rapidamente in un’altra ricerca, quella della madre creduta morta, ma forse in vita. Un’impresa non da poco per un ragazzo che non sa neanche attraversare la strada da solo, un’impresa eroica.

Una sorta di epopea, così può essere letto questo libro. Un’epopea divertente, costruita con un’ironia sottile, vivacizzata da alcuni spunti matematici notevoli che spezzano la narrazione, ma al contempo le danno pienezza e pongono in contrasto la linearità e veridicità del calcolo con l’incoerenza e la falsità della realtà. Christopher è un nuovo don Chisciotte che non accetta le convenzioni assurde del mondo in cui abita e attraverso i suoi occhi, attraverso le sue lenti, sono proposte alcune tematiche significative dell’adolescenza, come il rapporto con i genitori. Ma c’è qualcosa di più che fa sì che un libro per ragazzi diventi anche un libro per adulti. È infatti attraverso l’obiettivo deformato di un quindicenne autistico che un mondo altrettanto deformato assume dei contorni più delineati, più puliti, più limpidi. E quello che resta nelle mani, dopo la lettura di questo libro, è la capacità di vedere e di vedersi con un po’ più di tenerezza di prima. Anche perché in fondo siamo un po’ tutti autistici.

Pietro Casadio