Le mani in pasta, canto

Agire e trovare nuovi linguaggi per affrontare le sfide ecologiche

 intervista di Fabrizio Zaccarini, della Redazione di MC
ad Annalisa Corrado, ingegnere meccanica

 Raccontaci un po’ di te, Annalisa.

Sono un’ingegnera meccanica, ho fatto un dottorato in energetica e lavoro per una società che si occupa di questo da molti anni.

È stata fondata da Legambiente e da Kyoto club. Ci occupiamo di efficienza energetica, economia circolare, mettiamo a dimora alberi, facciamo progetti che mettono insieme inclusione sociale e sostenibilità ambientale. Da una decina d’anni faccio anche l’attivista per il clima e questo si è declinato in tantissimi modi, anche con diverse incursioni nel mondo della politica più strettamente inteso. Con Alessandro Gassman ho una campagna di comunicazione di cui vado molto fiera che si chiama Green heroes.

 Come nasce la tua sensibilità ecologica?

Stavo già facendo ingegneria ed ero un po’ in crisi. Poi un esame mi ha permesso di studiare la crisi del petrolio del 1973. Così ho individuato nel nostro modello di sviluppo la fonte di tutte le ingiustizie, che pesano sulla vita sia delle persone, sia dell’ecosistema. Sono arrivata all’ecosistema partendo dalla lotta alle diseguaglianze; da ragazza facevo volontariato nella cooperazione internazionale e nel commercio equo e solidale. Così sento molto mio lo slogan che dice che “non puoi aiutare l’ecosistema se non combatti le diseguaglianze”.

 Perché ECOnomia ed ECOlogia, pur condividendo sin dal nome la casa, in greco oikos da cui eco-, sembrano così distanti e incapaci di entrare in connessione solidale?

L’economia ha preso una deriva sbagliata. Nel modello di sviluppo che abbiamo scelto, si è deciso, consapevolmente di non contabilizzare il danno sull’ambiente che certe attività arrecano, semplicemente perché questo danno è distribuito fra tutti. Neanche i danni sociali vengono contabilizzati o i danni sulla salute, anche se poi richiedono interventi onerosi. Il problema è: come usiamo lo strumento indagatorio della realtà. Un’economia focalizzata soltanto sui flussi di capitale non vede il resto che le gira intorno, è un’economia tarpata nella sua funzione. L’ecologia è un modo di pensare più sistemico ed efficace perché dà garanzia di costruire strategie che abbiano senso anche a lungo e medio termine e non solo a breve o brevissimo termine.

 E il conto dell’alluvione in Romagna? Chi deve pagare?

Quello che è avvenuto è l’impatto disastroso di un evento metereologico estremo. Gli organismi internazionali hanno riconosciuto che la posizione dell’Italia è particolarmente critica. Per la frequenza e l’intensità con cui si verificano questi fenomeni, per i lunghi periodi di siccità o di caldo e per la sovrabbondante caduta d’acqua in periodi brevissimi di tempo. Fenomeni che, combinati, diventano esplosivi: una siccità prolungata impermeabilizza il terreno che già aveva perso capacità drenante per l’agricoltura intensiva e l’eccessiva cementificazione. Urge una trasformazione in chiave adattiva: pochissimo di nuove strutture in cemento e moltissimo invece di renaturalizzazione dei luoghi, corridoi ecologici, reinserimento in falda delle acque di raccolta. Cioè ci sono moltissime cose che potremmo fare. Nessuna di queste a base di cemento.

 E il problema energetico? Ha una soluzione?

Certamente. La soluzione è fatta di abbandono progressivo dei combustibili fossili, da sostituire, ove possibile, con macchinari a trazione elettrica, anche nei processi produttivi. Dove questo non è possibile, con combustione da idrogeno, ricavato però da fonti rinnovabili, perché altrimenti non abbiamo risolto niente. Inoltre dobbiamo passare ad un approccio di economia circolare a tutto il ciclo produttivo di distribuzione e di consumo, che è quello che garantisce di ridurre al minimo le risorse che servono.

 Il Papa nella “Laudato sì” ricorda che la reazione di Francesco davanti alle creature era cantare. Subito prima dice che «un’ecologia integrale richiede apertura verso categorie che trascendono il linguaggio delle scienze esatte o della biologia e ci collegano con l’essenza dell’umano».

È chiaro che noi dobbiamo rendere popolare l’ecologia. Le persone devono poter capire che l’ecologia ha a che fare con la loro vita quotidiana, con la loro salute, con la loro possibilità di vivere relazioni sociali più sane. Di essere felici, in definitiva. Abbiamo bisogno di diffondere la consapevolezza che alla radice dei problemi che stiamo vivendo c’è una sottovalutazione del nostro essere un tutt’uno sia tra noi, umani, che con l’ecosistema. Per questo non basta l’approccio scientifico, abbiamo bisogno di trovare il nostro canto che sappia avvicinare le persone e non solo spaventarle con il catastrofismo o allontanarle con linguaggi tecnici poco comprensibili. Da questo punto di vista il Cantico delle creature è un punto di riferimento universale, importante non solo per i cattolici. È il riconoscimento che non siamo né ospiti, né padroni, ma parte integrante e paritaria di un sistema da cui possiamo trarre la nostra vita e il nostro benessere, in un rapporto di fratellanza e di sorellanza che è fondamentale per l’ecosistema.

 Recentemente hai scritto un libro che si intitola “Le ragazze salveranno il mondo”.

Storicamente noi donne siamo state relegate agli ambiti della cura, per tenerci lontane dai luoghi del potere e delle decisioni, così abbiamo dovuto fare di un’abitudine un’attitudine, perciò lo sguardo femminile non può permettersi di lasciare indietro nessun tipo di fragilità o bisogno. Un approccio come questo dovrebbe guidare ogni azione di governo, a qualsiasi livello, per un’azienda, per un territorio, per un intero paese. Questo approccio, che non si limita al conseguimento di un solo obiettivo, ma rimane aperto a tutto il contesto, è molto legato alle attitudini delle donne ed è assolutamente fondamentale in questa partita. Infine c’è un dato statistico. Noi abbiamo bisogno di far emergere i migliori talenti disponibili. Il patriarcato, censurando il contributo delle donne, fa un danno enorme, facendoci perdere potenzialità straordinarie. Di fatto poi nelle aziende il tema ambientale e della responsabilità sociale d’impresa è un tema presidiato dalle donne a significare una maggiore ricerca di un senso profondo in ogni cosa che si fa, una minore arroganza e una maggior apertura alla multidisciplinarietà e all’ascolto di diverse professionalità. È ciò di cui abbiamo bisogno: un approccio multidisciplinare e multiculturale capace di attivare uno sguardo trasversale, perché spesso la soluzione arriva, come ci insegna Ilaria Capua in “Salute circolare”, da discipline apparentemente non correlate al problema che si vuole affrontare.

 Come mai ci è così difficile recuperare queste connessioni?

È difficile perché la realtà è estremamente complessa. Perciò con Rossella Muroni ho scritto “Nessi e connessi” nel tentativo di rendere più leggero e narrativo questo discorso. Le crisi che viviamo sono estremamente intrecciate, ma la loro correlazione è molto spesso controintuitiva. Perciò in una società in cui l’analfabetismo funzionale impera, le analisi che affrontino la profondità delle questioni hanno scarso successo. Si preferiscono soluzioni sbrigative, che ci illudano di aver vinto il senso di impotenza. Siamo tutti molto più manipolabili, mentre avremmo bisogno di unire tutti i puntini per far emergere la trama e la mappa che ci spieghi come tutte le cose sono interconnesse tra di loro.