Neppure uno spicciolo (per il dentista)

La Chiesa sia profetica di una nuova economia di comunione 

di Angelo Reginato
pastore battista

 Noi dividiamo il mondo in settori, governati da chi ha la competenza specifica per farlo.

Lo facciamo da sempre. Nell’antica Grecia, ad esempio, l’economia, ovvero la gestione domestica, era affidata alle donne, mentre la politica, ovvero il governo dello spazio pubblico, era appannaggio dei maschi. Anche la religione è sottoposta a questo regime settoriale, affidata ai funzionari del sacro, che si occupano delle cose celesti. Per cui, la salvezza religiosa e l’economia ci appaiono come due ambiti distinti, separati dalle loro differenti ragioni d’essere. Questa divisione in settori è funzionale alla parcellizzazione della realtà e alla specializzazione dei saperi; ma il prezzo da pagare comporta una semplificazione che fa a pugni con la complessità della vita.
Il linguista Benveniste conclude con queste parole la disamina sull’economia, nel suo Vocabolario delle istituzioni indo-europee: «Quando si pensa che le nozioni economiche siano nate da bisogni materiali che occorreva soddisfare e che i termini che rendono queste nozioni non possono che avere un senso materiale, ci si sbaglia grossolanamente. Tutto ciò che si riferisce a nozioni economiche è legato a rappresentazioni molto più vaste, che mettono in gioco l’insieme delle relazioni umane e delle relazioni con la divinità. Relazioni complesse, difficili, in cui le parti sono sempre implicate».

 Dio vede e provvede

La Bibbia è consapevole dell’impossibilità di tenere separati i diversi aspetti della vita e intenzionalmente mette in discussione l’immaginario settoriale. Dio viene sottratto alla parzialità del religioso, mostrando come il suo desiderio di vita buona abbracci ogni aspetto dell’esistenza. Anche l’economia! Fin dalla prima pagina del racconto biblico, Dio viene narrato come Colui che prova a far fronte al male, che cerca di ristabilire la giustizia. Se l’economia è nelle mani del faraone, un’economia del privilegio e della schiavitù, ecco che Dio interviene per far vivere in una terra per ora solo promessa un’economia della salvezza, che favorisca la vita di tutte e tutti. Il nuovo scenario economico tracciato dalle ultime parole di Mosè prevede che «Non vi sarà nessun povero in mezzo a voi, poiché il Signore senza dubbio ti benedirà nel paese che il Signore, il tuo Dio, ti dà in eredità, perché tu lo possegga» (Dt 15,4). Ma la benedizione divina, ovvero il dono di una vita buona, deve essere accolta, fatta propria: «Poiché i bisognosi non mancheranno mai nel paese; perciò io ti do questo comandamento e ti dico: apri generosamente la tua mano al fratello povero e bisognoso che è nel tuo paese» (Dt 15,11).
È questa economia di salvezza, all’insegna della condivisione dei beni, che il libro degli Atti degli apostoli mostra realizzata nella comunità cristiana: «Non c'era nessun bisognoso tra di loro; perché tutti quelli che possedevano poderi o case li vendevano, portavano l'importo delle cose vendute e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno, secondo il bisogno» (At 4,34s). “Tra di loro”, ovvero tra le discepole e i discepoli del Risorto, vige un’economia di comunione. Non è ancora lo scenario del mondo: è l’anticipazione messianica, vissuta dai credenti, che fa segno, indica il mondo come Dio lo vuole, un mondo economico in cui sia Dio a regnare e non Mammona. 

Mostrare il sogno

Per la Bibbia, che pure conosce il registro della denuncia dei potenti e delle loro politiche economiche che generano morte, il punto di partenza per instaurare un diverso regime economico è la comunità degli eletti, di Israele e della Chiesa. L’elezione ha questa funzione: non di essere il privilegio di pochi scelti, a scapito dei molti respinti, ma di mostrare in concreto il sogno di Dio che è per tutti. L’economia c’entra con le Chiese, ha a che fare con le relazioni che i seguaci di Gesù stabiliscono tra di loro.
Per il libro degli Atti una Chiesa è un laboratorio di giustizia sociale, di perequazione economica, di comunione che abbraccia ogni aspetto della vita. Solo partendo da sé si può poi andare oltre sé, lavorare perché nel mondo si instaurino giuste relazioni economiche. Ai credenti è, dunque, affidato un compito altissimo, che l’autore degli Atti dipinge con i colori vivaci e affascinanti dell’ideale e con le sfumature dell’autoironia. Dopo aver indicato il nuovo scenario economico, in vigore nella comunità cristiana, troviamo l’esempio positivo di Barnaba: «Ora Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Barnaba (che tradotto vuol dire: “figlio di consolazione”), levita, cipriota di nascita, avendo un campo, lo vendette e ne consegnò il ricavato, deponendolo ai piedi degli apostoli» (At 4,36s). E immediatamente dopo, ecco l’episodio di Anania e Saffira.
La coppia in questione, ad una prima lettura, attira il nostro favore: sono persone di buon senso, che mettono a disposizione parte dei loro beni, mantenendo per sé un’altra parte (i soldi per il dentista, diremmo noi!). La reazione di Pietro ci appare poco giustificabile e in ogni caso sproporzionata: «“Anania, perché Satana ha così riempito il tuo cuore da farti mentire allo Spirito Santo e trattenere parte del prezzo del podere? Se questo non si vendeva, non restava tuo? E una volta venduto, il ricavato non era a tua disposizione?  Perché ti sei messo in cuore questa cosa? Tu non hai mentito agli uomini, ma a Dio”. Anania, udendo queste parole, cadde e spirò. E un gran timore prese tutti quelli che lo udirono. I giovani, alzatisi, ne avvolsero il corpo e, portatolo fuori, lo seppellirono» (At 5,3-6). 

 Come la vedova

Certo, dalle parole di Pietro veniamo a sapere che la condivisione dei beni era su base volontaria e che, dunque, Anania e Saffira potevano trattenere per sé parte dei loro beni. Ciò che viene sanzionato è la dissimulazione, l’inganno. Ma anche con questa precisazione rimaniamo perplessi di fronte ad una sanzione di morte, senza possibilità di pentimento. In realtà, in quell’episodio Luca, l’autore del libro degli Atti, riscrive la scena del cosiddetto peccato originale (Gen 3). Lì, come qua, troviamo una coppia che non si fida totalmente della parola divina; in scena compare di nuovo Satana, il tentatore che insinua il sospetto strisciante che Dio li stia ingannando, che la sua Parola non sia per il loro bene; e il risultato è una morte esistenziale, che allontana dal giardino della vita buona, dalla comunità messianica a cui Gesù ha riaperto la possibilità di tornare ad abitare quel giardino. E - colmo dell’ironia! - subito dopo questo episodio compare per la prima volta nel libro degli Atti la parola “Chiesa”: «Allora un gran timore venne su tutta la chiesa e su tutti quelli che udivano queste cose» (At 5,11). 
La comunità che è chiamata a mostrare in concreto il sogno di Dio di un’economia della salvezza, si scopre incredula e preoccupata di sé. Disposta a coltivare una certa comunione spirituale ma ancora incapace di vivere questa comunione nei termini molto concreti di un’economia della condivisione. Insieme al riconoscimento della nostra inadeguatezza, rimane il compito profetico di tentare di nuovo quell’esperimento. Con la tenacia della vedova che domanda giustizia non più al giudice ma a noi stessi, troppo spesso dimentichi che la fede deve dare forma a tutta la vita, non solo all’aspetto religioso.

 Segnaliamo il volume:
LIDIA MAGGI-ANGELO REGINATO
Camminare sulle acque. Leggere la Bibbia in tempi di crisi
Claudiana, Torino 2022, pp. 108