Il sacro in un bicchiere

 di Dino Dozzi
Direttore di MC

 Christian Bobin esaltava la santità delle madri sfinite per i panni da lavare; Galway Kinnell cantava la bellezza della scrofa; Roberta Dapunt racconta le beatitudini della malattia; Franco Marcoaldi prega che il mondo sia lodato; papa Francesco parla del santo della porta accanto; ora Franco Arminio parla poeticamente di “Sacro minore” (Einaudi 2023). Moda o recupero provvidenziale di una sacralità incarnata, più diffusa, vicina e bella di quanto pensiamo? Moderno panteismo o francescanesimo in pillole poetiche?
Io sono per la seconda ipotesi. Anche perché il quotidiano è il novantanove per cento della nostra vita e quindi, se lo spirituale e il sacro non abitano nel quotidiano, ce lo siamo proprio perso. Accanto alla Bibbia e agli scritti di san Francesco, io, frate minore, mi tengo questo “sacro minore” tra i miei testi di meditazione. Per purificare l’occhio. Riporterò qui alcune “finestre” che Arminio apre sulla realtà, finestre alle quali mi piace affacciarmi e che mi permettono di vedere anche il bene che abita la quotidianità; finestre che mi richiamano qualche frase di san Francesco.
Sacro è costruire una casa / e prevedere la camera / dei profughi. È quanto ha fatto san Francesco quando ha scritto nella Regola: «Chiunque verrà da loro, amico o avversario, ladro o brigante, sia ricevuto con bontà» (FF 26). Inondazioni, terremoti e guerre continuano a minacciare le nostre case, che resisteranno solo se prevedono la camera dei profughi.
Sacro è quando ti senti cosí ricco / che chiedi a Dio se gli serve qualcosa. «Laudato si’, mi’ Signore, cum tucte le tue creature» (FF 263). Lodare Dio è riconoscere che tutto è dono suo ed è il nostro modo di ringraziarlo e di restituirgli i suoi doni, e di restituirci a Lui (è solo questo che gli manca). Sacro è curare qualcuno / guardandolo. Ad un Ministro san Francesco scrive: «In questo voglio conoscere se tu ami il Signore e ami me servo suo e tuo, se farai questo, e cioè: che non ci sia mai alcun frate al mondo, che abbia peccato quanto poteva peccare, il quale, dopo aver visto i tuoi occhi, se ne torni via senza il tuo perdono misericordioso» (FF 235). L’importanza curativa dello sguardo…
Sacra è la poesia, / ma solo quando è ladra, / quando ruba un poco di miseria al mondo. «Devono essere lieti quando vivono tra persone di poco conto e disprezzate, tra poveri e deboli, tra infermi e lebbrosi e tra i mendicanti lungo la strada» (FF 30). Francesco giustifica quel “devono” con la sua propria esperienza: «Quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d'animo e di corpo» (FF 110). È l’amore che fa rima con letizia, dolcezza e poesia.
Sacro avanzare indifesi, / indietreggiare quando siamo forti. «Mai dobbiamo desiderare di essere sopra gli altri, ma anzi dobbiamo essere servi e soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio» (FF 199). È quanto san Francesco scrive a tutti fedeli. Sacro se ti metti in ginocchio / anche se non credi a niente. «Altissimo, glorioso Dio, illumina le tenebre de lo core mio» (FF 276) è la preghiera di san Francesco all’inizio della sua ricerca spirituale.
Sacro tornare dalla morte / come si tornava dalla campagna. Restando qua, ogni tanto andare / a coltivare le terre dell’aldilà. «Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente po’ skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli che trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no ‘l farrà male» (FF 263). Sano e saggio è rimettere la morte nella nostra quotidianità.
Sacro / è scrivere / la frase che Dio / non ha scritto. «Poiché sono servo di tutti, sono tenuto a servire tutti e ad amministrare le fragranti parole del mio Signore» (FF 180). Così inizia la lettera di san Francesco ai fedeli e agli uomini del mondo intero, lettera preziosa; ma ancor più preziosa è la lettera che Dio ha scritto all’umanità con la vita di Francesco d’Assisi. Sacro l’universo sulle tue spalle, / uno sciame di stelle, uno scialle. «Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle: in celu l’hai formate clarite e preziose e belle» (FF 263). Sacro è affondare il rancore, / allearsi coi coralli, / coi rami degli alberi. «Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore» (FF 263).
Sacra è la grazia della vita ordinaria / di cui ci accorgiamo solo quando arriva / una brutta notizia. «Tutti i frati si impegnino a seguire l'umiltà e la povertà del Signore nostro Gesù Cristo, e si ricordino che nient'altro ci è consentito di avere, di tutto il mondo, come dice l'apostolo, se non il cibo e le vesti, e di questi ci dobbiamo accontentare» (FF 29). Sembra un verbo “minore” quell’accontentarsi, ma fondamentale per essere contenti. È la grazia della vita ordinaria, anche se umile e povera, che passa spesso inosservata e di cui ci rendiamo conto solo quanto viene a mancare.

Si sarà capito che mi piace questo sguardo al quotidiano con occhio capace di vedervi il bicchiere mezzo pieno, e di coglierne un valore autenticamente spirituale proprio perché autenticamente umano. È da questo sguardo che nacque il “Cantico delle creature”. È di questo sguardo che vivono sia “Messaggero Cappuccino” che il Festival Francescano.