Un bicchiere di tè alla menta, un pasticcino, uno scambio di idee, un salmo condiviso, cous cous e pasta per tutti: ecco come la pastorale in chiave missionaria, indicata dalla Evangelii Gaudium, fatta di audacia e creatività nel ripensare obiettivi, strutture, stile e metodi può trasformarsi in un pomeriggio fraterno, in un “Tè della Pace nello spirito di Assisi 2023”.

 a cura di Saverio Orselli

 Per tutti: numero Uno!

Missionarietà al profumo di tè alla menta 

di Savero Orselli
della Redazione di MC

 

 

 

I rappresentanti delle diversi
religioni e confessioni religiose
in prima fila per il Tè della Pace

 

 

Anche nella Chiesa tutti lo sanno e nessuno lo dice, a parte papa Francesco: «Non ignoro che oggi i documenti non destano lo stesso interesse che in altre epoche, e sono rapidamente dimenticati» (EG 25).

Ma nonostante questo scarso interesse per i documenti, a volte i suggerimenti che essi contengono riescono a farsi strada al di fuori di paragrafi e capitoli, per trasformarsi in vita. Così, l’invito «ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità» (EG 33) può trasformarsi in decine di bicchieri di tè alla menta e pasticcini, dando vita a una ricetta missionaria semplice e replicabile ovunque, purché lo si voglia.

 Benedetta la stanchezza!

Il Tè in questione merita la maiuscola iniziale, e non è semplicemente una piacevole bevanda da consumare insieme a qualche amico o conoscente, ma il “Tè della Pace nello spirito di Assisi 2023” che ancora una volta ha avvicinato, nel dialogo ecumenico e interreligioso, le comunità ortodosse, evangeliche, cattoliche e islamiche presenti a Imola, richiamate ancora una volta, sabato 11 marzo, nel locale convento dei cappuccini, dove l’iniziativa è nata nel 2016, grazie alla brillante proposta di Elvio, un volontario del Mercatino dell’usato, “stanco” di incontrare tante persone immigrate solo come clienti e incuriosito dalla possibilità di scambiare quattro chiacchiere attorno a un bicchiere di tè fumante e qualche dolce.
Da otto anni non sono mai mancati ottimi pasticcini, torte salate, cous cous e pasta, oltre a profumati bicchieri di tè alla menta, accompagnati da piccole grandi attenzioni che, più di tante parole, fanno crescere l’accoglienza reciproca. Come in quest’ultima occasione, con le comunità coinvolte - l’islamica, l’evangelica, l’ortodossa e la cattolica - che, nel preparare le proprie leccornie, hanno tenuto conto dell’impossibilità per gli ortodossi di consumare in quaresima carne e suoi derivati, come latte e uova.
Il pomeriggio è iniziato subito bene, con i tanti giovani presenti che, in cerchio, in attesa che fosse distribuito il tè di benvenuto, hanno approfittato per scambiare qualche battuta e conoscersi tra ragazzi scout e ragazzi ortodossi. Uno scambio di idee proseguito - dopo il tè e i pasticcini - nel cinema, dove un rappresentante di ogni comunità ha proposto una riflessione sul tema “Responsabilità e compassione - L’apporto delle religioni alla Pace”, con lo stile proprio della confessione rappresentata, permettendo ai presenti di cogliere e apprezzare le diverse sensibilità.
Chiamati a portare il proprio contributo sono intervenuti Lidia Bosna, avvocato e membro della Comunità Evangelica rumena di Imola, il dott. Islam Said Mahdy, mediatore culturale per i giovani e membro del Direttivo della Comunità Islamica di Bologna, Teodor Clement Melian, diacono della Chiesa ortodossa rumena e infermiere e fr. Stefano Luca, frate cappuccino lombardo responsabile del Progetto Damietta e consultore presso l’UNEDI, che ha raccontato il cammino di conoscenza reciproca fatto a Milano, con passaggi progressivi sempre più impegnativi e momenti sempre più lunghi di condivisione tra le varie comunità coinvolte, fino a vivere insieme una settimana estiva, per imparare la convivenza pacifica.

 Ventuno sulla via della sinodalità

«Come frati abbiamo pensato di mettere su una rete, lavorando in maniera sinodale, tra diverse realtà locali. Siamo partiti dai cattolici con lo scopo di renderla ecumenica, coinvolgendo le altre confessioni cristiane, allargandola a una serie di realtà e associazioni musulmane presenti nel territorio. Abbiamo messo in rete ventuno soggetti - provate a pensare a un tavolo con ventuno soggetti diversi! - e, confrontandoci, abbiamo pensato di proporre a giovani tra i 28 e i 35 anni delle esperienze di vita comune nella fratellanza, ispirandoci al documento sulla Fratellanza Umana siglato nel 2019 ad Abu Dhabi da papa Francesco e dal Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb. Esperienza di vita comune significa che si vive insieme, e quindi giovani cristiani e giovani musulmani che vivono insieme una giornata (Giornate di Fratellanza), due giorni (School of life, la Scuola di vita) con un primo giorno di confronto delle idee e il secondo dedicato a metterle in pratica, come è accaduto quando abbiamo affrontato il tema “carità”. Proseguendo nel lavoro, anche due giorni non sembravano abbastanza, così con la collaborazione dell’UNEDI, l’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, abbiamo fatto partire la Summer School, una settimana di vita comune sul tema L’ecologia della cura. A tutte queste possibilità e al fatto che per tutto l’anno lavoriamo sui temi della fratellanza, abbiamo aggiunto una ‘tre giorni’ di vacanza insieme, per aumentare il clima di amicizia. Ma che sia chiaro: non siamo noi frati a organizzare! È la rete delle ventuno realtà che, sedute allo stesso tavolo, insieme, costruiscono nella sinodalità un cammino per i giovani. Non puntiamo ai grandi numeri; anzi, al contrario evitiamo i gruppi numerosi, assicurando lo stesso numero di partecipanti per ogni comunità coinvolta, perché solo così si smontano le ‘carte di rappresentanza’ e la relazione di amicizia diventa più intima e vera. Nelle nostre giornate fraterne, la preghiera ha un ruolo fondamentale: scandisce il tempo nei momenti indicati nella liturgia delle ore cristiana e nella pratica musulmana, in spazi distinti ma in contemporanea. Le realtà coinvolte sia del mondo cristiano che musulmano sono davvero tante ma è importante capire che è possibile ripetere questo cammino fraterno ovunque, compresa la vostra».

 E si finisce con la cena

Tra il pubblico erano presenti il vescovo di Imola, mons. Giovanni Mosciatti, il responsabile della Casa di Cultura islamica Mohamed Sabir, il pastore evangelico Janel Bosna, i parroci ortodossi di Imola, padre Marius Cote, e di Lugo-Bagnacavallo, padre Florin Ghiran e i delegati per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, padre Dino Dozzi e don Mirko Santandrea, rispettivamente delle diocesi di Imola e di Faenza-Modigliana.
Come ha ricordato fra Stefano, anche la preghiera insieme fa crescere la fraternità, così, dopo le riflessioni sulla Pace, i cristiani si sono trovati per un momento di preghiera ecumenica, mentre in un’altra sala del convento pregavano anche gli islamici.
Quel che era iniziato con tè e pasticcini si è concluso con una cena semplice e conviviale, a base di cous cous, pasta alle verdure e torte salate, preparate dai volontari delle diverse comunità, con la cura di chi sa di cucinare per una festa. E, come spesso accade, attorno alla tavola si fanno tante, utilissime chiacchiere, per conoscersi e imparare ad apprezzarsi a vicenda.
§Come in ogni attività serve chi si metta a disposizione perché tutto vada per il meglio. Per questo Tè della Pace vanno ringraziati per l’impegno Missione per Bene ODV, le parrocchie locali della Chiesa Ortodossa Rumena, la Chiesa Evangelica Il Risveglio, la Casa della Cultura Islamica di Imola e gli Uffici per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso di Imola e di Faenza-Modigliana. Ma quella del ‘Tè della Pace’ è davvero una ricetta facile da replicare ovunque, in parrocchia, nelle associazioni e nei movimenti, anche semplicemente tra famiglie di compagni di scuola. Ciò che conta è aver voglia di conoscersi, grazie sia a cibo e bevande che al confronto e al dialogo sui temi che coinvolgono tutti, senza distinzione di confessione religiosa. Diffondere buone idee è fare missione.  

      

«Attualmente», ci dice fr. Filippo Gridelli, guardiano
del convento di Cesena, «ospitiamo una
ventina di persone, di diverse nazionalità, dalla
bimba di quattro mesi alla persona anziana
con l’ossigeno che arriverà oggi.
Abbiamo aperto le porte del convento la
notte dell’alluvione, mangiamo e viviamo
con loro. Insieme ad alcuni dell’Ofs e a volontari
stiamo cercando di aiutarli a rientrare
nelle case rimediando e comprando ciò
che serve. Il problema ora è deumidificare
e sanare le case… potrebbero servire mesi.
Non sappiamo fino a quando resteranno da
noi… il Comune, con il quale collaboriamo,
sta cercando soluzioni, ma sono molti quelli
che non possono rientrare in casa».
Per aiutare gli sfollati di Cesena potete
fare un bonifico bancario:
IBAN: IT54 G 05387 23906 0000 0224 8051
intestato a: Provincia di Bologna dei Frati
Minori Cappuccini, Convento di Cesena
Causale: Alluvionati