Sia per amore di Dio

Era Dario, divenne Daniele, fu un testimone

 di Angela Zini
fraternità OFS di Scandiano (RE)

 “Santi si nasce o santi si diventa?”. Si apre con questa domanda di fra Lorenzo Volpe,

vice postulatore della causa di beatificazione, l'introduzione della biografia del Venerabile padre Daniele da Torricella, dello scrittore e giornalista bresciano Angelo Ongar, uscita nel 2022 per le edizioni San Lorenzo.
La risposta è già accennata nella prefazione stessa del libro, redatta da mons. Giacomo Morandi, vescovo di Reggio Emilia: «Sono grato all'autore di questa biografia che mi ha dato la possibilità di conoscere questo fratello che da giovane e intraprendente panettiere è diventato, per la nostra Diocesi, un riflesso luminoso della benevolenza e misericordia di Dio: si può dire che è passato dal cuocere pane a diventare, con la sua vita donata, lui stesso pane spezzato e cibo nutriente per i fratelli e sorelle del suo tempo!».

 Dario, futuro fra Daniele

Ma chi era Dario Coppini, il futuro fra Daniele da Torricella, morto in odore di santità il 10 dicembre 1945 nel convento dei cappuccini di Reggio Emilia? Era il primo di otto figli di una famiglia di fornai di Torricella di Sissa, in provincia di Parma. Lo esplicita molto bene l'autore: entrato in convento a Fidenza nel 1896, alla soglia dei trent'anni trascorsi nella panetteria paterna, è ordinato sacerdote nel 1903 ed assume l'incarico di cappellano nell'ospedale di Piacenza dove rimarrà quasi ininterrottamente per dieci anni. Manterrà lo stesso servizio all'ospedale di Reggio Emilia, intervallato da qualche periodo a Modena, fino al 1935, quando viene nominato direttore spirituale, dapprima degli studenti del convento dei cappuccini, quindi dei religiosi, del clero e dei laici per la diocesi di Reggio; incarico che manterrà fino alla fine dei suoi giorni terreni.
Esemplare la carità da lui esercitata nei vari reparti ospedalieri e la pazienza nelle ore ed ore di generoso e infaticabile ascolto al confessionale. Come leggiamo in alcune semplici testimonianze di penitenti e confratelli: «Un padre Daniele non si trova più...era il mio confessore, aveva un dono speciale di Dio per consolare nella confessione e anche fuori....tutti ne dicevano un gran bene, non l'ho mai visto una volta che non fosse sorridente, tanta era la sua dolcezza che faceva lacrimare». Ed altri ancora: «Il confessionale fu il campo specifico del suo ministero, era il confessore preferito da moltissimi penitenti che lo ricercavano anche come direttore di spirito, era confessore di molti religiosi e sacerdoti» . «Era sempre pronto a tutte le richieste, non ho mai notato in lui alcun segno di disappunto o di insofferenza quando veniva chiamato al confessionale, il suo zelo nel confessionale o nell'assistere gli ammalati dimostrava il suo desiderio di salvare le anime».  «Si può dire che era un martire del confessionale tanto era lo zelo e l'assiduità con cui assolveva questo ministero».

 Come monumento un fiore

Nel dicembre del 1930 padre Daniele benedice la nascita della Congregazione delle Missionarie Francescane del Verbo Incarnato di cui è considerato il cofondatore assieme a madre Giovanna Ferrari. Possiamo senz'altro affermare, con l'autore del libro, che nella vita di padre Daniele le Suore del Verbo Incarnato hanno occupato un posto molto importante, «il fiore più bello del suo cuore, il suo monumento vivo». Le incoraggia, le sostiene, le guida lungo le vie dello spirito fino alla sua morte.
Madre Giovanna Ferrari ha più volte riferito di aver incontrato per la prima volta padre Daniele, quando ancora non era suora, in un momento in cui era alla ricerca di uno sbocco vocazionale, come testimoniano varie lettere del ricco epistolario tra i due . Scrive infatti l'allora Luisa Ferrari: «Come un granello di sabbia sperduto nel deserto io sono venuta cercando la carità di una goccia ristoratrice dalla sacra potenza del suo ministero, ed ella mi ha risposto ristorando di serafica rugiada la mia aridità... grazie padre... Dio noti in cielo ciò che la sua anima ha saputo dare al mio pianto e sia lui stesso la eterna riconoscenza...» (luglio 1924).
Padre Daniele diventerà poi la guida spirituale di Luisa, nel frattempo divenuta Madre Giovanna, e del suo progetto, poi pienamente realizzatosi, di costruire una Comunità a servizio del Regno, confidando più in Dio che nelle sue qualità: «Io non valgo niente - le scriverà - per un'opera di tal fatta, ma con l'aiuto di Dio tutto si può. Anzi molte volte il Signore sceglie strumenti inetti per far meglio risaltare la sua potenza e ricavarne gloria maggiore. Prega per me per ottenermi da Dio lume e forza, affinché io possa divenir atto a simile impresa; diGli che faccia morire in me l'uomo vecchio, che mi trasformi in Lui, o meglio che Lui si trasfonda in me, mi guidi, mi conduca e mi porti ancora quando lo veda necessario» (11 agosto1929).

 Un testimone

Il testo di Ongar mette particolarmente in rilievo, dopo la morte e sepoltura del padre Daniele nel cimitero monumentale della città, il desiderio di molti reggiani, esponenti del clero, delle religiose del Verbo Incarnato, dei tanti che avevano conosciuto ed apprezzato le sue virtù eroiche, pur nella modestia ed umiltà del suo porgersi, di far traslare le sue spoglie nella chiesa dei cappuccini per poterlo sentire vicino, pregare e chiedergli grazie. La richiesta fu esaudita e dieci anni dopo la morte, nel 1955 la salma con una solenne processione dal Duomo attraverso le vie della città fu traslata nel primo altare a destra della navata principale della chiesa. L'anno successivo si aprì inoltre la causa di beatificazione e nel 1993 venne reso pubblico il decreto di riconoscimento della pratica eroica delle virtù del nostro cappuccino, proclamato Venerabile. La sua proclamazione come Beato è legata al riconoscimento di eventuali miracoli attribuiti alla sua intercessione.
L'autore del libro conclude la sua biografia con una preziosa testimonianza del prof. Mariano Bigi, scomparso nel 2008, che nella sua giovinezza aveva conosciuto personalmente padre Daniele.
Io stessa ho frequentato ed apprezzato il prof. Mariano, avendo egli ricoperto vari incarichi nell'OFS nazionale e regionale e a conclusione di questa mia sommaria e semplice recensione riporto con vivo piacere le parole che egli dedica a padre Daniele: «Non mutevole, ma coerente nel seguire con tenacia la vocazione, nella concretezza del lavoro manuale fino a trent'anni, nel servizio ai poveri dopo l'ingresso in convento, avvolto nelle ruvide e poverissime vesti cappuccine; soprattutto incapace di scandalizzarsi del Vangelo, ma ben deciso a fare della propria vita la testimonianza vissuta dello scandalo del Vangelo» (11 dicembre 1983 nella celebrazione della ricorrenza della morte).