Chi bussa a questa porta?

Stanza per stanza di un luogo che si fa casa

di Caterina Pastorelli
volontaria presso la “Casa Frate Leone” di Vignola

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Avrei voluto iniziare questo articolo con una frase ad effetto tipo: “Casa Frate Leone non esiste”, per chiarire subito quale fosse il mio punto di vista a riguardo: parlare di questa Casa, della sua attività e del suo ruolo all’interno di un più ampio discorso di nuova evangelizzazione significa parlare di persone, di relazioni e di incontri che potrebbero costruirsi ovunque, indipendentemente dal luogo fisico.

Ma per Casa Frate Leone non è così. O meglio, per l’esperienza che ho io di Casa Frate Leone, non è così. È il luogo stesso a caricarsi di significato, a fare da cornice: sono le porte sempre aperte, il chiostro pieno di luce, il refettorio dove c’è sempre posto per tutti, le larghe scale dove risuona spesso un fischiettio, la cappella accogliente, le finestre con gli scuri spalancati… a parlare e a raccontare una bella Storia.

L’ingresso

Che dietro quel portone di legno ci sia Casa Frate Leone non è facile da immaginare: non ci sono insegne o cartelli, solo una bacheca sempre piena di troppe locandine, un campanello anonimo e una cassetta della posta. L’ingresso non dà nell’occhio, bisogna cercarlo e bisogna avere un motivo per farlo: partecipare a un ritiro o assistere a un concerto di musica classica; seguire la catechesi sui 10 Comandamenti o vedere un film; vivere un’uscita scout o ascoltare la presentazione di un libro…

Qualunque sia il motivo che ti porta qui, la sensazione che provi, varcato il portone, è quella di mettere piede in un luogo che si fa ben presto “casa” per il clima informale e familiare che si respira, per il calore, l’umanità e l’entusiasmo di chi in questi anni - tre ne sono passati dall’inaugurazione - ha dedicato tempo ed energie a questo progetto. Non un centro di spiritualità o di preghiera, ma una casa, dove non si fanno incontri preconfezionati ed estemporanei o si vivono esperienze straordinarie, ma dove fermarsi un momento lungo il cammino che si sta percorrendo, per prendersi una pausa, per approfondire qualche tema, per imparare a pregare, per conoscere i frati nella loro semplicità.

Il chiostro

Il chiostro è il luogo che più di ogni altro mostra le due anime di Casa Frate Leone: quella più spirituale, diventando lo scenario per suggestive veglie di preghiera o trasformandosi in un “deserto” per accogliere le meditazioni e le riflessioni di chi qui cerca un po’ di silenzio, e quella più umana e terrena, di quando, per esempio, i bambini corrono e giocano in occasione di Santa Rita mettendo a dura prova la sopravvivenza delle erbe aromatiche piantate da padre Matteo.

Il chiostro è infatti il luogo ideale, nel suo essere di confine tra il dentro e il fuori, per organizzare e proporre qualche evento che, almeno apparentemente, con la Chiesa non c’entra nulla e permettere così ai frati di rompere il muro, mettersi all’ascolto del mondo ed entrare in contatto con chi, probabilmente, mai si sarebbe potuto incontrare in una Chiesa o in un ritiro.

Così, con i concerti dell’orchestra Spira Mirabilis o del gruppo locale Humus, Casa Frate Leone si è trasformata in un luogo aperto di incontri, a volte dei più improbabili. Tra il pubblico, anche tanti miei amici, per i quali mi permetto di dire che, se non ci fossero stati eventi di questo tipo, mai avrebbero messo piede in un convento e difficilmente avrebbero chiacchierato o bevuto una birra con un frate, scoprendo che, in fondo, è una persona umana, “normale”, che ha qualcosa da raccontare.

Il salone

Per darci un tono lo chiamiamo “Teatro”. Forse è un po’ esagerato, viste le dimensioni, ma rende bene l’idea di un luogo in cui non è solo la parola a essere importante, ma anche il corpo, l’espressività e l’animazione. È qui che una volta a settimana padre Francesco ci guida nella riflessione sui 10 Comandamenti; dove i gruppi numerosi si ritrovano per fare gli incontri; dove i giovani che partecipano ai ritiri (quest’anno è stato proposto un percorso sulla carità) utilizzano la drammatizzazione come strumento per andare in profondità e lasciarsi coinvolgere dalla Parola appena ascoltata.

Nel salone bisogna tenere le finestre chiuse, perché può succedere che qualcuno sbagli un passaggio e il pallone da calcio non entri in porta. A fianco di Casa Frate Leone, infatti, c’è un cortile, campo di tante sfide a calcetto, dove i frati sono spesso protagonisti. Forse non si può evangelizzare giocando a calcio, ma anche questa è un’opportunità per condividere la quotidianità e le passioni dei giovani e testimoniare un modo di essere e di vivere.

Il refettorio

Ciò che più mi piace dell’ordine francescano è l’importanza che attribuisce al valore della fraternità, dello stare insieme e della condivisione. Valori universali, almeno in teoria, di cui il refettorio di Casa Frate Leone ne è l’emblema, proprio come in una normale casa di famiglia, dove attorno al tavolo e al pane ruotano le relazioni e i racconti, dove ci si confronta, ci si scontra e ci si consola.

Passare sotto le finestre della Casa e sentire il profumo di cibo, il rumore delle pentole, il chiacchierare delle persone dà una sensazione di convivialità e familiarità che… fa star bene!

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La cappella

È il cuore di Casa Frate Leone ed è sempre a disposizione dei gruppi e di chi cerca un po’ di silenzio. A me, per esempio, piace stare seduta sempre nello stesso posto: nell’angolo, con le gambe incrociate sulla panca. Da lì non si scappa: di fronte hai il crocefisso di San Damiano; a sinistra la scultura dell’Ultima Cena che racchiude il tabernacolo e a destra quella che rappresenta san Francesco al centro della creazione, libero e lieto, circondato dall’amore di Dio.

È una cappella piccola, semplice, colorata e ben curata nei dettagli. È accogliente. È qui che si respira una spiritualità giovane e fresca ed è nato uno stile di preghiera tipico di Casa Frate Leone, fatto di salmi cantati, di canoni di Taizé, di liturgia delle ore. Momenti di preghiera brevi, con un linguaggio semplice, diretto, non noioso, che possano essere vissuti intensamente, soprattutto dai più giovani. Gli stessi giovani che ormai da due anni tutti i lunedì sera partecipano alla “Preghiera Spritz” con padre Filippo, mezz’ora a settimana per fermarsi e darsi il tempo per incontrarsi con Dio.

La stanza del camino

Un camino acceso crea sempre un senso di famiglia e di intimità, che si respira anche a Casa Frate Leone tutte le volte in cui i frati si rendono disponibili per incontrare i gruppi, mettendosi all’ascolto delle loro esigenze e cercando di inserirsi con le loro parole in un percorso che già hanno intrapreso.

Spesso, infatti, la chiave della nuova evangelizzazione la offrono già loro, i giovani, con le loro richieste, i loro dubbi, le loro passioni che sembrano portarli chissà dove. Forse non serve pensare a modalità straordinarie per avvicinarli, forse basta dar loro spazio, imparare a leggere la loro realtà, farsi trovare pronti per accoglierli quando busseranno alla porta, anzi a quel portone di legno che non dà nell’occhio.