Proviamo ad ascoltare, tanto per variare

 di Dino Dozzi
Direttore di MC

 «Ogni variante è preziosa, quindi va ascoltata e compresa». Così ripeteva Carlo Maria Martini, docente di critica testuale, a noi studenti del Pontificio Istituto Biblico negli anni Settanta. Facevamo fatica a prendere seriamente la sua affermazione, di fronte alle tante (troppe?) varianti di una pagina biblica; ci sembrava di perdere tempo e andavamo subito alla versione ricostruita da quei “certosini” (anche se lui era gesuita…) per dedicarci alla “più utile” esegesi del testo. Ma quel ritornello di Martini mi è rimasto in mente, soprattutto per i verbi che usava, ascoltare e comprendere.
Poi Giovanni Paolo II lo inviò a fare l’arcivescovo di Milano, e allora apparve ancor più chiaro a tutti che la sua attenzione alle varianti testuali non era solo tecnica, ma stile di vita: non riteneva preziose, da ascoltare e comprendere, solo le varianti testuali, ma ogni persona che incontrava. Piccoli e grandi, credenti e atei, sacerdoti e laici. La “Cattedra dei non credenti”, ad esempio, è stata probabilmente una delle intuizioni più caratterizzanti l’episcopato di Carlo Maria Martini a Milano. L’iniziativa si sviluppò dal 1987 al 2002, lungo 12 edizioni e 50 incontri.
Non si trattava solo di ascoltare i non credenti o dialogare con loro, ma di metterli “in cattedra” (espressione che, usata da un arcivescovo, assumeva un significato molto particolare), per farsi interrogare da loro e dalla dinamica generata dal confronto, per imparare da loro: questa l’intuizione fondamentale alla base di una proposta che Martini stesso, nella serata inaugurale del 17 novembre 1987, definì “abbastanza insolita” e “un po’ provocatoria”. Si trattava, come spiegò all’inizio del percorso, di «un’esercitazione dello spirito, quasi seminario di una ricerca su di sé, sulle ragioni del credere o del non credere, cioè sulle ragioni di quelle cose che per tanti di noi sono decisive, riguardano l’orientamento globale della vita».
All’esperienza della “Cattedra dei non credenti” è legata una delle frasi più celebri di Carlo Maria Martini: «Ciascuno di noi ha dentro di sé un non credente e un credente che ci parlano dentro, che si interrogano a vicenda». Quello del cardinal Martini era un ascoltare con spirito accogliente, che partiva dalla stima reale dell’interlocutore: ascoltava per imparare.
A dieci anni dalla morte del cardinal Martini, un grande maestro nella difficile arte dell’ascolto, e nel secondo anno del cammino sinodale, dedicato ai cantieri di Betania, cioè all’ascolto sulla strada e nel villaggio, in casa e nella quotidianità, l’attenzione alla preziosità di tutti e di ognuno e quindi alla necessità di un ascolto vero di tutti e di ognuno mi pare opportuna e doverosa.
L’attenzione a tutti e ad ognuno pare essere la caratteristica anche di quell’altro grande gesuita che è Papa Francesco. Alcuni giudicano eccessiva la sua attenzione per gli immigrati, pericoloso il documento sulla fratellanza umana firmato con il suo amico Imam, demagogica la sua proposta di una nuova economia, scandaloso il suo invito ad uscire dalle chiese per andare verso le periferie geografiche ed esistenziali. Per noi sono segni preziosi dell’azione dello Spirito anche nel nostro tempo, in linea con un Dio che abbandona la sua comfort-zone trinitaria, per scendere, infinitamente piccolo, nella periferia umana, spesso narcisista, egoista e litigiosa
Il cammino sinodale vuole metterci in ascolto di “ciò che lo Spirito dice alla Chiesa”. Notava mons. Erio Castellucci: non solo all’interno della Chiesa (fedeli, teologi, magistero), ma anche dall’esterno dei suoi confini istituzionali, perché “la Chiesa non è una mongolfiera” sopra il mondo e neppure un castello tutto cattolico circondato da mura e che ha tirato su il ponte levatoio. Abbiamo bisogno di ascoltare per imparare. Con un ascolto di questo tipo, impareremo che non si tratta di difendere il nostro Dio contro il Dio degli altri (folgorante l’esclamazione del cardinale Martini: “Non vorremo fare cattolico anche Dio…”); non si tratta di difendere Dio dalla cattiveria degli uomini, ma di metterci tutti - credenti e non credenti - con Dio, a difendere gli uomini. Cominciando dai più indifesi. Senza la fretta superficiale di correr subito alla sintesi statistica, ritenuta “più utile”. Sintesi che valuta numeri e percentuali, pil e trend, e non ascolta e non comprende più le persone.
A pensarci bene, quel che ricordo del prof. Martini non è solo quel ritornello sulla preziosità di ogni variante testuale, ma anche la sua squisita gentilezza nei confronti di ciascuno di noi studenti (lo notavamo tutti). E allora vien da riconoscere - con gioiosa e postuma riconoscenza - che dietro il prof. c’era anche il padre Martini, l’educatore dietro al tecnico. Ci veniva rispettosamente e signorilmente suggerito di tener conto che sono preziose e che quindi vanno ascoltate e comprese non solo tutte le varianti testuali, ma anche e soprattutto tutte le varianti umane. Ognuna di loro ha qualcosa da insegnare, ognuna di loro va “messa in cattedra”, ascoltata e compresa. Anche perché “testo” è parente di “tessuto”, il quale è fatto di molti fili, tutti preziosi.