Ho molte volte l'opportunità di ascoltare le persone, in particolare i giovani, e una della sfide che mi interpellano maggiormente è proprio quella di stare davanti all’altro/a con il desiderio di lasciarlo parlare, senza farmi idee e/o preconcetti mentre ascolto.

a cura di Michele Papi 

E non metterlo da parte

L’udito è un senso, l’ascolto un’arte… 

di Alessia Martinelli
suora missionaria francescana del Verbo Incarnato

 Quando l’altro ci consegna la sua vita, le sue gioie, le sue fatiche, le fragilità, i successi o i fallimenti, il racconto del suo vissuto può incontrare e “solleticare” il nostro vissuto.

Vanno ad incontrarsi e scontrarsi con quanto vive chi ascolta: ecco perchè una delle prerogative mentre si ascolta è quella di ascoltarsi! Ciò è importante affinchè la consegna o la risposta che diamo all’altro non sia il frutto della semplice risonanza che suscita in noi quanto abbiamo appena ascoltato, che a volte può infastidirci, altre volte farci sorridere. Da qui l’importanza di allenarsi ad ascoltare: per non dire all’altro quello che vorremmo dire a noi stessi. L’altro è sempre altro! Mi permetto di provare a definire due aspetti importanti che Gesù stesso ci insegna a compiere per poter ascoltare: donare del tempo e farsi compagni di viaggio.

 La farfalla nel bruco, il pulcino nell’uovo

Donare tempo all’ascolto è la via maestra per permettere all’altro di aprirsi, di sentirsi importante, di percepire che ciò che sta raccontando ci sta a cuore. Quando dico che ascoltare è un’arte, voglio dire che è differente dal sentire; quando sentiamo dei rumori, percepiamo delle voci, ascoltiamo musica mentre facciamo altro, sono rumori che posso distinguere, ma restano fuori da me, o meglio restano nelle orecchie. Quando lasciamo entrare in profondità quello che ascoltiamo, in modo particolare le parole che le persone ci rivolgono, siamo chiamati a fare spazio dentro di noi, a far sì che quella parola detta si incontri con la nostra vita, con la nostra storia.
È un grande dono fare esperienza del mistero che c’è nelle persone che incontro e sperimentare che spesso dietro a quello che condividono c’è ben altro! Ecco perchè  ribadisco che l’ascolto è un’arte. Spesso ci limitiamo ad ascoltare quello che l’altro verbalmente dice, ma, se poniamo più attenzione, quello che spesso conta è quello che non dice, o meglio quello che le parole dette vorrebbero davvero dirci. È come vedere la farfalla in un bruco, o il pulcino in un uovo, è quella dimensione profonda che ci fa percepire che quello che vediamo o che sentiamo ha in sè qualcosa che va scoperto, che ci fa andare oltre. È quello che Gesù fa con i discepoli di Emmaus: li ascolta, entra nella loro fatica, va oltre le loro parole per percepire la delusione che portano in cuore. Non usano queste parole, ma Gesù le sente e si mette con loro in viaggio per farsi loro compagno.

 L’orizzonte non la soluzione

Ecco delinearsi l’altro aspetto, quello di farci compagni di viaggio di coloro che ci chiedono di essere ascoltati. Gesù accompagna i discepoli senza preoccuparsi di fare della strada “inutile” con loro, ma desidera ascoltarli e capire cosa si portano dentro. Poteva anche scegliere di fermarli prima che facessero tutta quella strada e rivelare loro chi fosse, invece sceglie la via più complicata, sceglie di camminare, di accompagnare senza sostituirsi. Accompagnare vuol dire stare accanto, stare al passo con l’altra persona, aiutarla a vedere ciò che c’è, ma ancora non vede. Vuol dire cercare insieme la strada e percorrerla,  rispettare i tempi, gli stop, i ripensamenti, nella consapevolezza che il cammino non è nostro, ma della persona che si affida e che è importante non dare soluzioni, ma far assaporare l’orizzonte che si apre dinnanzi, ma che è ancora confuso…fino a sperimentare un cuore che arde per ciò che si sta scoprendo.
Gesù si pone accanto, cammina con loro, e li raggiunge lì dove è il loro cuore, non ha pretese, non si arrabbia perché non hanno ancora capito, ma gradualmente li conduce a riscoprire che ciò per cui avevano giocato la loro vita è ancora valido perché lui è con loro. Ci mostra che nell’accompagnamento, grazie ad un ascolto attento e al desiderio di camminare insieme, si può imparare a guardare oltre. Questo stile ci porta a divenire capaci di fare domande che spingono oltre il proprio confine e che possono condurre a riscoprire la bellezza della condivisione e della comunione.
La nostra Pastorale Giovanile Vocazionale Missionaria a riguardo propone per ragazze uno spazio di ascolto e accompagnamento articolato in cinque fine settimana di condivisione fraterna con laboratori, preghiera e momenti di formazione umana-spirituale, per approfondire sulla propria identità e missione nella vita. E soprattutto, in tempi in cui si fa più fatica a guardar(si) dentro e nei quali siamo piuttosto propensi a guardare fuori (all'avere proprio o altrui, alle apparenze, ecc), proponiamo un itinerario a giovani donne che abbiano voglia e/o esigenza di cercare risposte alle loro inquietudini e domande più profonde.
L'iter è uno “spazio” perché i desideri ed i sogni che si portano nel cuore possano trovare voce e “piste di futuro”.
La Chiamata. Il filo rosso è la chiamata. Ogni weekend propone una tematica specifica nella quale, tramite “multiformi” dinamiche, si approfondiscono diverse dimensioni della vita: la vita stessa come pellegrinaggio, la dimensione femminile, credente, ideale, ma anche quella relazionale; la ricerca della missione per la quale siamo state create; l'irresistibile desiderio di essere felici, ma soprattutto di rendere felici gli altri.
Metodologia. Ogni partecipante, condividendo a partire da sé, offre un tocco speciale ed unico e fa sì che ogni incontro sia peculiare ed irripetibile nei contenuti vitali e nelle dinamiche che si vengono a creare. L'interscambio tra le ragazze moltiplica gli “insights” di riflessione e meditazione, impreziosendo lo spazio; il colloquio personale (opzionale), proposto con chi guida i weekends, offre ascolto attivo.
Guardare dentro e guardare fuori. Durante lo svolgimento dell'incontro si propongono dinamiche per guardarsi dentro, immergersi nell'interiorità e “ascoltare” l'acqua che zampilla, identificare potenzialità ancora non scoperte, ma soprattutto “toccare”, per quanto sia possibile, il punto profondo dove la Trinità (ci) abita. Ma non basta... Durante lo svolgimento dell'incontro, si propongono anche delle dinamiche che permettono di concentrarsi al di fuori e guardare “il mondo con occhi spalancati”.
La circolarità fra incontro e vita. Durante il weekend si lavora intensamente ma non finisce lì. L'obiettivo è “darsi da fare” anche tra un incontro e l'altro, in forma tale che ci sia continuità e si cammini realmente: le luci ricevute illuminano la concretezza della vita ed essa continua ad offrire spunti vitali.
Oltre a questa proposta, diverse sorelle si mettono a disposizione nell’accompagnare e ascoltare i giovani, e non solo, nella quotidianità. Spero che chiunque sia chiamato a fare questo servizio di ascolto e accompagnamento sappia mettersi accanto alle persone con la stessa disponibilità di Gesù, senza la paura di perdere del tempo, senza la pretesa di far capire tutto, ma con la delicatezza di chi desidera che l'altro scopra la bellezza alla quale è stato chiamato!