Se Davide si scopre nonviolento

Può la precaria strada della Nonviolenza vincere la guerra-Golia?

 di Mao Valpiana
Presidente del Movimento Nonviolento

 «Come si fa a fermare l’aggressore con il pacifismo?», ce lo siamo sentiti domandare molte volte nell’ultimo anno, come sfida o come scherno.

«Senza le armi dell’occidente, l’Ucraina avrebbe già perso tutto», ci viene rinfacciato per svalutare qualsiasi argomentazione diversa. Ma guardiamo ai fatti, sapendo che risposte certe non le ha nessuno. Le armi già in dotazione all’Ucraina, più quelle nuove inviate dai paesi europei, e la resistenza dell’esercito, non hanno ottenuto lo scopo, e la guerra si prospetta ancora lunga, con città distrutte, fiumi di sangue e grande incertezza sul piano militare. Dunque né il pacifismo né le armi fino ad oggi hanno potuto fermare l’aggressore; con la differenza che al pacifismo non è stata data nessuna opportunità, mentre tutte le energie, tutti i finanziamenti, tutte le strategie sono state affidate esclusivamente alle armi. Al momento con risultati molto discutibili.

 Etica ed efficacia

La necessità, anzi il dovere, della difesa di un popolo aggredito è fuori discussione. Ma come attuare una difesa efficace e che salvi il paese, come trovare una soluzione giusta e arrivare alla pace? Questa è la risposta che come nonviolenti vogliamo cercare. La nonviolenza, infatti, ha due imperativi: l’etica e l’efficacia.
Etica. Quando sento la reiterata richiesta di Zelens'kyj «dateci armi, armi, armi», penso sempre alle parole che il maresciallo di Francia Trivulzio disse a Re Luigi XII: «per vincere una guerra ci vogliono soldi, soldi, soldi». Sì, perché la guerra non la vince chi ha ragione (in questo caso l’Ucraina), ma chi ha più capacità distruttiva (la Russia o gli armamenti della Nato, ma questo lo vedremo solo alla fine).
Efficacia. «La Russia ha un dittatore che sogna la pace e crede di riuscire ad ottenerla versando fiumi di sangue. Nessuno può dire quali effetti avrà sul mondo la dittatura russa». Non sono parole di oggi riferite a Putin. Le diceva Gandhi nel 1938, rivolto a Stalin. Lo stesso Gandhi che nel pieno della seconda guerra mondiale afferma che «la causa della libertà diventa una beffa se il prezzo che si deve pagare per la sua vittoria è la completa distruzione di coloro che devono godere della libertà. Voi volete eliminare il nazismo, ma non riuscirete mai ad eliminarlo con i suoi stessi metodi» e propone alle nazioni occupate da Hitler di ottenere la vittoria con la resistenza nonviolenta: «L’Europa eviterebbe lo spargimento di fiumi di sangue innocente e l’orgia di odio a cui oggi assistiamo». La nonviolenza, dunque, non è affatto in antitesi con la difesa. Anzi, la storia della nonviolenza moderna è storia di movimenti di difesa. Gandhi difendeva l’indipendenza del suo paese; Martin Luther King difendeva i diritti dei neri d’America; Nelson Mandela difendeva la libertà del suo popolo; oggi tanti movimenti nonviolenti nel mondo agiscono in difesa della pace e per salvare la vita a chi fugge dalle guerre.
Questo è il punto decisivo della discussione. Sul piatto tragico della storia c’è l’urgenza di salvare quante più vite possibili insieme alla necessità di fermare l’esercito invasore. La “difesa” come pratica della nonviolenza attiva: difesa della vita, difesa dei diritti, difesa della libertà, difesa dei più deboli, difesa dell’ambiente.

 Cessate il fuoco

Gli ucraini oggi non possono fare altro che usare gli strumenti che hanno e che gli vengono messi a disposizione, ma noi invece abbiamo il dovere di perseguire ogni possibile via di pace. I 30 miliardi di euro inviati in armi (che rischiano di finire nelle mani sbagliate, come è accaduto in Afghanistan, in Iraq, in Libia) potevano essere usati per una operazione di “polizia internazionale”, per sostenere la difesa civile non armata degli ucraini, per organizzare almeno una parte del volontariato europeo in corpo civile di pace, per offrire sostegno ad ogni tentativo di isolare l’aggressore, anche con aiuti finanziari a quella parte di popolo russo che sta costruendo l’alternativa a Putin, con l’obiezione di coscienza e la diserzione dalla mobilitazione militare e dall’arruolamento nell’esercito russo. Il proseguimento della guerra, sempre più cruenta, rafforza le ragioni di chi chiede a gran voce e con urgenza un “cessate il fuoco!”: primo passo necessario ed indispensabile per aprire la strada ad una Conferenza internazionale di pace, unica possibilità per una soluzione giusta e condivisa del conflitto in corso.
In Italia il Movimento Nonviolento ha lanciato la Campagna di “Obiezione alla guerra”, che ha l’obiettivo di sostenere concretamente gli obiettori di coscienza di tutte le parti coinvolte. In Russia, in Bielorussia e in Ucraina sono in costante crescita i movimenti, soprattutto giovanili, che chiedono una via d’uscita dalla guerra, e che non sono disponibili a partecipare alla mobilitazione bellica. I nonviolenti russi e ucraini sono le uniche voci delle due parti che stanno dialogando tra di loro, che creano un ponte su cui può transitare la pace.

 Passi concreti

La Campagna di “Obiezione alla guerra” vuole dunque esprimere concreta solidarietà con gli obiettori di coscienza dei paesi coinvolti nel conflitto che oggi sono perseguitati e condannati per la loro scelta. Ad un anno dallo scoppio della sanguinosa guerra abbiamo invitato in Italia una rappresentanza dei movimenti nonviolenti russi, bielorussi e ucraini per sensibilizzare l’opinione pubblica e far sentire una voce diversa da quella della propaganda bellica. L’obiezione di coscienza è un diritto inalienabile: lo garantiscono la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e anche la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Per noi il rifiuto delle armi e degli eserciti, e l’opposizione integrale alla guerra, sono il fondamento costitutivo della nonviolenza. La Campagna è impegnata sul piano politico per chiedere alle istituzioni europee e al governo italiano il riconoscimento dello status di rifugiati politici degli obiettori russi, ucraini e bielorussi, assicurando a loro asilo e protezione.
La vicinanza concreta a chi, pur dentro il conflitto, ha scelto la nonviolenza, si è manifestata anche nel corso della missione di pace messa in atto con la Carovana “Stop the war now” che si è recata in Ucraina per rafforzare i contatti con il Movimento Pacifista Ucraino assicurando agli obiettori ucraini il sostegno legale. Il prossimo obiettivo è quello di una missione in Russia di solidarietà con il Movimento degli Obiettori di Coscienza Russi e le altre organizzazioni che stanno lavorando per sottrarre migliaia e migliaia di giovani alla mobilitazione in atto. Come dice papa Francesco, bisogna “fare di tutto” per fermare la guerra, anche l’impossibile.