Non solo Assisi. Come ogni anno nel periodo natalizio la PGV dei Cappuccini dell’Emilia-Romagna (in collaborazione con le Suore Francescane Missionarie di Cristo, le Suore Missionarie Francescane del Verbo Incarnato e quest’anno anche con i confratelli Cappuccini delle Marche) organizza un campo per giovani ad Assisi. Sulla via questa volta ci siamo fermati a recuperare p. Paolo presso le sorelle clarisse di Gubbio, una vivace comunità di contemplative che accolgono numerosi giovani per iniziarli alla vita di preghiera.

a cura di Michele Papi

 L’uomo è la via della Chiesa

La clausura accoglie e accompagna 

di Suor Chiara Grazia
Monastero SS. Trinità in S. Girolamo, Gubbio

 Davide, Elena, Silvia, Nicoletta, Andrea, Lucia, Caterina, Teresa, Elisabetta, Filippo, Chiara, Matteo, Beatrice, Francesco, Gloria, Rachele, Marco, Benedetta, Carolina, Gemma…


Parlare della nostra esperienza del mondo giovanile è raccontare di volti precisi, che abbiamo avuto la gioia di accogliere tra noi per alcuni giorni di ritiro, per campi-lavoro, per corsi organizzati in avvento e in quaresima, per esercizi spirituali, per celebrare il Triduo Santo.

 Offrire solo una forma di vita

Volti che continuano ad accompagnare il nostro cammino, fratelli e sorelle a cui il Signore ci ha legate e con i quali manteniamo rapporti di amicizia, accompagnamento, preghiera reciproca. Incontrandoli, si sono aperti davanti a noi mondi, storie, desideri, aneliti e cadute, gioie e sofferenze. Il mistero di vite che cercano di sbocciare in pienezza, anche quando fossero profondamente ferite; vite bisognose di una parola di speranza, che attendono che si testimoni loro che è possibile camminare, che è possibile abitare la terra del proprio cuore; volti in attesa che qualcuno li guardi e dica loro che la vita è bella, che è bello che ci siano, che è bello seguire Gesù, che vale la pena vivere il Vangelo, che Gesù è gioia che mai potrà esserci sottratta.
Negli anni abbiamo compreso una verità in sé molto semplice e forse scontata: di non aver altro da offrire ai giovani e alle giovani, che ci avvicinano, che la nostra stessa forma di vita. Quindi proponiamo loro di sperimentarsi per alcuni giorni negli spazi e nei tempi di una vita integralmente contemplativa, così come la incarna la nostra comunità col suo specifico volto. La nostra stessa forma di vita è l’esperienza che offriamo, desiderose che possano incontrare il Signore e ascoltare il suo Spirito, secondo il carisma di Francesco e Chiara. Così, oltre ai momenti di catechesi o di lavoro, a seconda del tipo di proposta, li invitiamo a partecipare all’intero corso della liturgia. Abbiamo verificato più volte quanto, celebrata e vissuta con amore e cura, essa sia testimonianza precipua della vita contemplativa e sia particolarmente apprezzata dai giovani, non solo per “gusto estetico”, ma perché foriera di un incontro con Dio attraverso la bellezza e la gratuità. Ugualmente li invitiamo a tempi prolungati di silenzio e a immergersi nel creato, che circonda con la sua bellezza i nostri luoghi.

 Tempo aumentato

E sempre ciò che più li stupisce e meraviglia, a fronte del restringersi dello spazio, è l’avvertire il mistero del dilatarsi del tempo: «Siamo qui da pochi giorni, eppure tanta è l’intensità di quel che viviamo, che ci sembra passato un secolo!». Immersi normalmente nel rumore, iniziano a percepire sé e il Signore, che parla loro. Opportunità favorevole, se accompagnata, perché ciascuno possa semplicemente esserci così come è e scorgere passi possibili di libertà e crescita. Se solo alcune sorelle sono direttamente impegnate nell’accoglienza e nell’accompagnamento, l’intera comunità è coinvolta attraverso la preghiera, la riflessione e confronti periodici sull’esperienza vissuta e su come procedere.
La foresteria e la struttura del monastero ci consentono di ospitare gruppi relativamente piccoli; questo genera quasi naturalmente un clima familiare, nel quale diventa facile ascoltare, consegnarsi, condividere, confrontarsi. Ciò facilita il sorgere di relazioni profonde tra i ragazzi e con noi. Ci sembra decisivo offrirci quale luogo in cui una ragazza, un ragazzo, possano fare esperienza di sé in relazione: con Gesù, col proprio vissuto, con i fratelli e le sorelle, ossia con la Chiesa. Un luogo in cui ascoltare Gesù, il proprio cuore, la Chiesa. Luogo in cui fare esperienza di Chiesa. È molto bello quando tra di loro si creano amicizie che li accompagnano poi nella loro quotidianità, anche a distanza: è il formarsi intorno alla persona di Gesù della sua comunità, di coloro che lo amano e lo seguono. È il propagarsi del Vangelo.
Per questo è per noi motivo di gioia quando i giovani, nella persona delle sorelle più direttamente impegnate con loro, scorgono “dietro le quinte” la presenza dell’intero corpo comunitario, comprendendo che la sorella animatrice è lì con loro a nome di tutte le altre, svolgendo un servizio affidatole dalla comunità. Un servizio, perché di questo si tratta, gratuito (tale vorrebbe essere) alla persona, alla sua vocazione, alla sua felicità, alla crescita nella conoscenza di sé e di Gesù. Servizio che richiede tempo dedicato e consacrato all’ascolto personale, ad un accompagnamento non standardizzato, ma attento alla persona, al suo vissuto, ai suoi tempi di cammino. Servizio che richiede preghiera, formazione, umiltà e capacità di coinvolgersi personalmente, offrendosi senza paura alla relazione.

 Porsi accanto

Perché, come è d’altronde esperienza nostra, si cresce solo guardando un altro che cammina con noi e che ha già attraversato le vicende della vita, o meglio ne è stato attraversato, in quella dinamica pasquale di morte e resurrezione, che caratterizza l’esistenza battesimale. E grandi sono il bisogno e la domanda di adulti che non temano di porsi accanto, di lasciarsi raggiungere, e forse ferire, che siano in grado di introdurre nel mistero di Dio e del cuore umano. Modello insuperabile, in fondo, è quello della mistagogia, che affonda le sue radici nella vicenda stessa di Gesù e dei suoi: «Venite e vedrete» (Gv 1,39): itinerario, quello dell’animazione vocazionale e dell’accompagnamento, mistagogico appunto, che non dia solo dei contenuti, ma che introduca ad un’esperienza successivamente verificata, in cui determinante è l’incontro vivo e persuasivo con Gesù, annunciato e testimoniato dalla comunità nella persona dell’animatrice, certo, ma altresì di tutte le sorelle.
La vocazione, infatti, è un incontro, l’incontro con una testimonianza capace di intercettare il desiderio di dare la vita in un modo bello, di spenderla con un significato, con un senso, di rispondervi con un dono totale e sincero di sé. In un modo che non releghi la relazione con Gesù ai soli tempi dei ritiri e della preghiera, ma capace di informare la quotidianità, la concretezza del vivere, il modo di studiare o di lavorare, di stare in famiglia e con gli amici, di divertirsi e di affrontare il dolore: Gesù ha la pretesa di entrare e innervare tutta la realtà, cosicché si riconosce un cristiano non solo da come prega, ma, come ci piace provocatoriamente ricordare loro, da come apparecchia la tavola o stende i panni.
La pertinenza del Vangelo con ogni uomo e con tutto dell’uomo ci spinge ad impiegare i diversi linguaggi del sapere, arte, cinema, letteratura, musica; ad accostare insieme a loro il pensiero attuale dominante e la sua antropologia, mettendoli a confronto col messaggio biblico e il magistero. È commovente ogni volta sperimentare la serietà con cui sono capaci di ascoltare e di rispondere alle provocazioni del Vangelo.
Se la via della Chiesa è l’uomo, desideriamo ripartire sempre dall’incontro personale con chi ci è dato accogliere. 

 

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