Una proposta per accostarsi alla spiritualità dei Gesuiti attraverso gli Esercizi Spirituali nella vita ordinaria per giovani, per famiglie e per adulti: un cammino comune e personale per chi non può sottrarsi agli impegni della propria quotidianità.

a cura di Gilberto Borghi

 Il ritiro rimane a casa

La voce di Dio nella vita ordinaria

 di Martina Dri
insegnante e ricercatrice

 Nei mesi di ottobre e novembre, su invito di una coppia di amici, ho partecipato assieme a mio marito al percorso degli Esercizi Spirituali nella vita ordinaria (EVO), proposto dalla parrocchia di Venegono Superiore (VA).

Entrambi eravamo interessati alla spiritualità dei Gesuiti e ci ha attratto l’idea di seguire un cammino comune, ma allo stesso tempo personale che, peraltro, arrivava alle soglie dell’Avvento ambrosiano. Ci siamo così avventurati, senza saperne molto di più, e abbiamo scoperto poi, strada facendo, di cosa si trattava. Gli EVO si ispirano agli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio, ma, mentre questi prevedono un periodo di ritiro in un luogo di silenzio, gli Esercizi nella vita ordinaria vengono svolti durante la vita ordinaria e sono quindi pensati per chi non può sottrarsi agli impegni della propria quotidianità, come il lavoro o la presenza in famiglia. Possono avere una durata variabile e prevedono un impegno personale di preghiera e l’accompagnamento da parte di una guida. 

Un’équipe che guida all’ascolto

Si tratta di un’esperienza nata dalla spiritualità gesuitica e oggi proposta in varie forme, con diverse declinazioni (per giovani, per famiglie, per adulti) in diverse parti d’Italia: è una vera e propria formazione alla preghiera personale e al discernimento, un’occasione per mettersi in ascolto di Dio e imparare a distinguere la sua voce tra le molte che abitano le nostre giornate e che affollano il nostro cuore. La ricerca di uno spazio riservato al silenzio e all’interiorità è un’esigenza sempre più sentita oggi e assume molte forme, ma pochi luoghi offrono una guida a chi decide di addentrarsi nel mondo dell’interiorità.
In questa occasione, il percorso era condotto da un’equipe, legata ai Padri Oblati Missionari di Rho (MI), formata da un gruppo di laici e da un sacerdote: a ciascuno di noi era assegnata una guida (laico o sacerdote) con la quale si sarebbero tenuti dei colloqui personali, ma che avrebbe anche accompagnato i momenti comunitari di condivisione con cui iniziava ogni appuntamento.
Gli incontri, nove in totale, - l’ultimo dei quali nella forma di una giornata di ritiro -, a cadenza settimanale, si aprivano, infatti, con una condivisione: divisi in gruppi più piccoli, con due guide, ciascuno riportava le difficoltà incontrate, i doni che aveva ricevuto, le parole dei brani della bibbia che avevano più colpito nella preghiera, condividendo con discrezione e libertà. L’ascolto reciproco, senza commentare né giudicare, è stata occasione di conforto reciproco nel cammino, di riflessione e arricchimento: uno spazio inusuale in un mondo, come quello a cui ci hanno abituato i social, in cui la vita è costantemente sotto gli occhi di tutti, esposta a giudizi e commenti non richiesti.

 Tutto è una strada a Dio

Ogni settimana venivano proposti dei brani biblici, dei quali veniva data una prima lettura da parte del sacerdote, e alcune indicazioni “tecniche” sulla preghiera, in un crescendo di intensità e profondità: a partire dall’importanza di darsi dei tempi, per abituarsi ad un ordine e non essere spinti a pregare solamente dalla voglia o non-voglia del momento, di scegliere un luogo e il momento della propria giornata più adatti alla preghiera, fino alla stesura di un diario spirituale attraverso cui rileggere i moti del cuore e le “voci” che ci parlano durante la preghiera. Durante la settimana, veniva chiesto di pregare, partendo dai brani proposti, per un certo tempo e per un certo numero di volte.
Un primo aspetto interessante di questa esperienza è stato l’educazione alla preghiera attraverso l’impegno a dedicarle del tempo durante le giornate e durante la settimana, a non riservarle solo le “briciole” del nostro tempo, come fosse una tra le mille cose “da fare” da cui siamo presi, ma a fermarsi e sostare sui testi con costanza, anche quando mancasse il desiderio, anche quando i sentimenti non si accordassero coi pensieri, anche quando il pensiero fosse distratto da preoccupazioni e mancasse la concentrazione, anche quando nessuna voce si affacciasse alla nostra coscienza.
Rimanere, senza scappare a cercare qualcosa che riempia il vuoto, è stato di grande aiuto. In questo il riesame della propria preghiera aiuta ancora una volta a fermarsi su ciò che è accaduto dentro di noi, ad osservarlo e a interrogarlo, in dialogo con Dio. Nella preghiera, verrebbe da dire, «non si butta via niente»: la svogliatezza, la ribellione davanti a certe parole, l’assenza di desiderio, l’entusiasmo, la pace, la dolcezza, l’incredulità, tutto può essere osservato e interrogato, su tutto si può pregare e dialogare con Dio, tutto è una strada a Dio.

 La Parola ri-scoperta nella preghiera

Un secondo aspetto, che ha reso preziosi gli esercizi, è stata la ri-scoperta della bibbia come un testo attraverso cui Dio parla a ciascuno di noi personalmente: non è dunque solo in chiesa, durante la messa, che il vangelo, un salmo, la parola di un profeta può interpellarci, ma anche a casa, pregando. E l’idea che la nostra pregheria possa essere appoggiata nella bibbia, purtroppo, non è ancora molto diffusa, benché dopo il Vaticano II ciò sarebbe stato auspicabile.
Infine, la presenza di una guida è stata una piacevole sorpresa. La figura dell’accompagnatore spirituale è spesso desiderata (e non trovata), talvolta fraintesa. Identificata spesso nel confessore, infatti, la guida spirituale nelle sue forme meno sane può diventare un’autorità che approva o disapprova delle scelte, un padre impossibile da contraddire, invece che un compagno, certamente più esperto e allenato nella strada della fede, ma che semplicemente suggerisce dei passi conoscendo meglio la strada, che ragiona con noi e che, in definitiva, a noi lascia poi la decisione della strada migliore da seguire. In fondo, la vita, anche spirituale, è sempre un sentiero in parte nuovo, di cui ciascuno è pioniere e di cui anche la guida più esperta non conosce il tracciato.

 Finalmente una donna mi guida

Nel corso degli Esercizi nella vita ordinaria, non senza un po’ di titubanza, ho accolto che la guida mi venisse assegnata e ho sperimentato per la prima volta l’accompagnamento spirituale da parte di una donna. Finora ero abituata a identificare una guida spirituale nel sacerdote che parla dal pulpito, che confessa, il sacerdote con cui si colloquia. Il fatto che fosse un laico, e non un prete, già di per sé era dunque per me una novità, ma che si trattasse di una donna lo è stato ancora di più. Come in tutti i campi, la preparazione, l’intelligenza, la sensibilità e la cultura sono molto più rilevanti dell’essere uomo o donna; e tuttavia l’essere accompagnata da una sensibilità femminile, che certamente condivideva con me alcuni tratti dell’interiorità, mi ha stupito e fatto sentire più compresa, in dialogo con qualcuno di più simile a me.
Ciò che più di tutto ha dato valore agli Esercizi, però, in definitiva, è stato l’aver vissuto la preghiera in modo personale, e contemporaneamente condiviso, l’aver riconosciuto la voce del Signore nei pensieri e nei sentimenti che sorgevano in me, l’aver riconosciuto, nel ricordo del passato, la presenza di Dio, la sua fedeltà in mezzo alle tempeste della vita, l’essermi sentita accompagnata da Dio in questo momento in cui vivo.