«Il cuore dell’uomo è “cosa di Dio”, testo sacro. La prima Bibbia, il primo Evangelo, quello non scritto da mano d’uomo ma costruito da Dio a sua immagine e somiglianza. [...] Dio è presente in noi come domanda, prima di presentarsi come risposta. Il cuore [umano] e l’evangelo, due realtà egualmente sacre che stanno tra loro come la sete e la sorgente» (Primo Mazzolari).

a cura della Redazione di “Ne vale la pena”

 Ecce homo!

I cristiani verso o dall’umano?

DIETRO LE SBARRE

Che fatica essere uomini!

Nel vecchio carcere di Pianosa costruito nel XIX secolo, siamo dunque nell’epoca della prevenzione speciale, dello studio del criminale, delle derive lombrosiane, c’era scritto: «Qui entra l’uomo, il reato sta fuori» e questo è il punto fondamentale.


In questa discarica sociale che è chiamata carcere entra un’umanità che è obbligata a vivere una quotidianità livellata, uniformata ad un sistema di relazioni sociali che rendono il rapporto con gli altri compagni detenuti pressoché esclusivo, salvo i rari momenti di incontro con i familiari o con i volontari. I contenuti e la qualità di questa quotidianità, e delle relazioni sociali che produce, diventano per ogni detenuto presto evidenti: sono improntati agli stessi diritti e agli stessi doveri, alle stesse dinamiche e agli stessi obiettivi. In pratica si perviene a una sorta di egualitarismo della privazione. Ciò ha consentito però di superare la deriva a cui le moderne società si ispirano e a produrre invece un senso di comunità molto forte.
L’umanità carceraria è un’umanità che porta ferite profonde. Nella maggior parte dei casi non sa come curarle o crede che non sia proprio possibile. La fragilità delle persone private della libertà personale, in molti casi, è credere che non esista possibilità di riscatto, una mano che ti rialza, un abbraccio che ti salva, ti perdona, ti risolleva. Per noi a sbagliare infatti sono sempre gli altri. Gli immorali sono sempre gli altri, le colpe sono sempre di qualcun altro e mai nostre. Siamo predisposti in un atteggiamento sempre pronto a condannare e molto meno ad accogliere.
E qui fondamentale diventa la fede. Gesù ha detto di non essere venuto per i giusti, ma per i peccatori. Il Dio fatto uomo si lascia commuovere dalla nostra miseria umana, dal nostro bisogno, dalla nostra sofferenza. Non rimane indifferente al nostro grido di dolore e alla nostra sofferenza.
Gesù era Dio ma era anche uomo, e nella sua persona troviamo anche la misericordia umana. «La colpa ci ha giovato più di quanto non ci abbia nuociuto, poiché essa ha dato occasione alla misericordia divina di redimerci», diceva sant’Ambrogio.
E il tempo che il carcere offre ci deve donare l’occasione per riflettere sugli errori commessi, voltare definitivamente pagina e affidare a Gesù noi stessi con fiducia e speranza. Solo se saremo interpreti della sua volontà potremo trovare le chiavi per aprire la porta del nostro cuore e così salvare la nostra vera libertà.

Fabrizio Pomes

 Il senso umano di un’insensata umanità

È umano piangere, è umano sbagliare, innamorarsi, perdonare, odiare, pregare. Umanamente le persone si fanno del male reciprocamente. I diritti umani vengono umanamente e spontaneamente violati. Nel mondo c’è tanto odio, troppa delinquenza e per questo, per salvaguardare l’intera umanità, l’umano ha ideato un posto chiamato carcere che umanamente ospita le persone che commettono reati. Sulla terra c’è troppa umanità che muore di fame, tanti bambini che il buon Dio porta via, forse in un altrove migliore di questa realtà spesso tanto dolorosa. Ma cosa c’è di umano in tutto questo dolore? Cosa c’è di umano nel vedere tanti umani che, mentre qualcuno non ha nulla per nutrirsi, si saziano in abbondanza buttando via una gran parte del cibo che hanno comprato?
Mi viene da dire che l’umanità non è umana. Certo tutti facciamo esperienza di quanto di buono c’è negli umani, ma possiamo altrettanto dire di aver incontrato sul nostro cammino l’insensato istinto cattivo. È curioso scoprire che nel posto dove mi trovo c’è un’umanità invidiabile ed inaspettata, e questo non si direbbe se ci si fermasse alla brutta fama che ha il pianeta carcere. Eppure qui ci si aiuta a vicenda, si cerca di evitare le liti, si gioca col bianco e si ride col nero, perché non c’è distinzione fra nero e bianco, e se anche molti non ci credono, qui dentro il razzismo non esiste. Qui si cerca di condividere il bello essenziale che la vita ci offre, e cioè le emozioni, i dispiaceri, le piccole gioie inaspettate, la spiritualità, le preghiere, e tanto altro. Ogni umano in questo posto si rivolge al suo Dio.
Cristiano e non cristiano, umano e non umano, il carcere non può permettersi di perdere l’essenza dell’umanità. Paradossalmente il carcere che è di per sé disumano custodisce tanta umanità, la più nascosta, la più perduta e, forse per questo, la più vera.
Ma cosa succede fuori da qui? Dopo secoli di guerre si fa ancora la guerra. Una guerra tra umani è ormai in atto da più di un anno senza che si intravveda una soluzione. L’umanità non trova una soluzione sensata, e insensatamente offre all’Ucraina solo armi per difendersi. Molti, siano cristiani, ortodossi o musulmani, pregano cercando un aiuto dall’alto, mentre Dio ci chiede di aiutarci a vicenda a salvaguardare l’umanità di tutti.

Pasquale Acconciaioco

 Incontri preziosi

Non dovrebbe essere necessario sottolinearlo, ma i detenuti, persino quelli sottoposti al carcere duro, sono esseri umani e anche per loro vale il principio costituzionale che prevede che le pene non possano essere contrarie al senso di umanità. In galera veniamo spogliati della nostra vita, e in questa condizione non aspettiamo altro che qualcuno voglia incontrarci e guardarci come uomini. In questa condizione impariamo a capire chi entra in relazione con noi con piacere e rispetto e chi invece è indifferente alla nostra umanità, unica per ognuno di noi. Sono momenti preziosi quelli che trascorriamo con chi realmente si interessa a noi, così preziosi che diventano indispensabili.
Ad esempio, se qualche volontario con cui abbiamo stabilito un rapporto di amicizia non si presenta ad un appuntamento, viviamo un piccolo dramma. Qualche tempo fa ho aiutato un compagno di detenzione a fare richiesta per un permesso premio da trascorrere a casa di un volontario; quando è tornato mi ha raccontato di esser stato trattato come uno di famiglia e che questo lo ha colpito profondamente. Ha sentito la fiducia delle persone che lo stavano ospitando quando lo hanno fatto giocare con il nipotino, affidandolo alle sue cure per qualche tempo; quel bambino rideva saltando su e giù sulle ginocchia di un uomo che aveva commesso reati, e questo per lui ha assunto un valore molto più grande di tanti progetti educativi in carcere in cui era stato coinvolto senza partecipazione umana.
Non è facile reggere tutta la sofferenza che si vede e si vive dietro le sbarre; occorre che il sistema si sburocratizzi e mostri un volto umano, aiutando il detenuto a prendere coscienza di sé, a capire che non è imprigionato nella categoria del criminale, ma che è considerato persona a tutti gli effetti. La burocrazia ci tratta come fascicoli processuali, ma dentro le carte ci sono mente e cuore di tanti esseri che sperano di riconquistare la propria umanità vivendo fono in fondo e non inutilmente il tempo della detenzione.

Giovanni Gugliotta