L’estate è lontana ma molti continueranno a ricordare il campo di lavoro di Imola di quest’anno e, in particolare, la notizia arrivata dall’Etiopia, inattesa e improvvisa, della morte di un grande sostenitore dei campi, fr. Renzo Mancini, capace di coinvolgere anche chi non l’aveva conosciuto in vita, come Mercedes De La Torre, giornalista messicana, da molti anni a Roma per informare sul Papa e sul Vaticano e, per la prima volta, volontaria tra le corsie del Mercatino dell’usato

a cura di Saverio Orselli 

Una giornalista in campo

A Imola: giovani, missione, testimoni

 di Mercedes De La Torre
giornalista, volontaria

 Il campo di formazione e di servizio missionario ad Imola è stato per me una bella esperienza di vita fraterna

dove tutti ci siamo messi in gioco insieme per raggiungere un obiettivo comune e la possibilità di aiutare concretamente dall’Italia le missioni in Africa: è stato molto arricchente. 
Mi ha colpito vedere come ogni volontario poteva contribuire allo scopo, tenendo conto della sua condizione fisica e dell’età. Nessuno era escluso. Tutti eravamo una parte importante di questo grande ‘ingranaggio’ che è il mercatino solidale dei Cappuccini, iniziato circa 40 anni fa.
Infatti, ho conosciuto dei volontari presenti da molti anni. Alcuni di loro erano dei giovani e mi ha impressionato vedere come davano tutta la loro energia e vitalità, oltre al fatto che diversi condividevano anche le loro domande, dubbi e ricerche per i loro progetti di vita.
Davvero ringrazio profondamente per l’accoglienza ricevuta. Le giornate si vivevano in un ambiente cordiale, dove c’era spazio per lavorare sul serio ma anche per ridere durante diverse iniziative fraterne.

 

Buona la prima!

Per me è stata la prima volta in cui partecipavo a un campo di servizio come quello di Imola. All’inizio non sapevo bene cosa stessi andando a fare, ero solo convinta che volevo dedicare il mio tempo al Signore rendendomi utile a chi ha più bisogno di me. Mi sono ritrovata a vivere una bellissima esperienza che consiglierei di fare a tutti, almeno una volta! Si tratta di condividere giorni di vita fraterna scanditi da momenti di preghiera, di formazione e di servizio. Tutto in una dimensione di gratuità e in un clima di profonda semplicità.
Senza dubbio, esperienze come queste sono un vero segno profetico della Chiesa, perché la missione si porta avanti insieme: religiosi maschi, donne consacrate a fianco di numerosi laici provenienti da diverse città dell’Italia e non solo, con alcuni arrivati da altri Paesi del mondo. Nel mio caso, sono nata in Messico e vivo in Italia da più di quindici anni. Roma è la mia ‘città di adozione’, perché durante questi anni ho lavorato nell'ambito della comunicazione informando soprattutto in spagnolo sul Papa e sul Vaticano, ma non solo.
La scoperta del campo di lavoro di Imola l’ho fatta grazie alla famiglia religiosa delle Missionarie Francescane del Verbo Incarnato che voglio ringraziare: una cara realtà ecclesiale con spiritualità francescana cappuccina che ha presenze in Italia, Angola, Uruguay, Bolivia e Brasile.
Devo riconoscere che la scelta di aver ‘rinunciato a una vacanza confortevole’ durante i soliti giorni di ferie estive per fare l’esperienza di questo campo mi ha regalato molti doni inaspettati che custodisco ancora nel profondo del cuore, luogo dove risuonano quelle parole della Bibbia: «C’è più felicità nel dare che nel ricevere».
Partecipare a questa iniziativa non significa solo collaborare a un mercatino dell'usato, ma offre ai partecipanti l’opportunità di risvegliare il senso di generosità verso i più deboli. Per fare solo un esempio, durante la vendita c’era l’occasione di parlare con i visitatori e ricordare che tutto il ricavato era destinato direttamente per il sostegno di progetti missionari in tre Paesi africani:
- a Bouar, nella Repubblica Centrafricana, dove si lavora nel campo dell'istruzione e formazione dell’infanzia nell’African Music School, una scuola dove bambini provenienti da famiglie povere ricevono un’educazione musicale professionale;
- a Mondou, in Ciad, dove si collabora con la Maison Notre Dame de Paix (Casa Nostra Signore della Pace) che è un centro di assistenza sociosanitaria che si occupa soprattutto della chirurgia ortopedica e della riabilitazione motoria dei disabili;
- a Tarcha, in Etiopia, dove i Cappuccini operano come cappellani delle carceri e sono impegnati in diverse iniziative in favore della riabilitazione dei carcerati.

 Addio abba Renzo

In tante edizioni degli anni passati, il missionario presente era fr. Renzo Mancini, da quasi quarant’anni impegnato in Etiopia. Così, uno dei momenti più forti vissuti durante questa esperienza è stato il ricevere la notizia della repentina scomparsa di questo generoso francescano missionario italiano da diversi anni in Africa e che era molto caro a tanti partecipanti: fr. Renzo Mancini, più conosciuto come “abba Renzo”.
Al termine del lavoro, nella giornata in cui è arrivata questa notizia, i campisti hanno dedicato uno spazio importante per ricordare e condividere con gratitudine la vita di abba Renzo, un momento molto sentito dove ognuno ha potuto raccontare alcuni aneddoti vissuti insieme a lui.
Tre giorni dopo abbiamo partecipato a una emozionante Messa di suffragio a Imola, presieduta dal Provinciale dei Cappuccini dell’Emilia-Romagna, fr. Lorenzo Motti, nello stesso momento in cui si celebrava il funerale in Etiopia, con la chiesa piena e molte persone giunte anche da lontano, richiamate dall’affetto per fr. Renzo.
Alla fine della messa è stato distribuito un piccolo biglietto con la sua foto sorridente e questa preghiera: “Fratello Renzo, hai dedicato la maggior parte della tua vita a portare il Vangelo in terre lontane. Il tuo entusiasmo e la tua generosità hanno fatto breccia nel cuore delle persone. Con la tua grande disponibilità, l’accoglienza e il sorriso hai aiutato tutti quelli che hai incontrato in ogni loro necessità. Poi il Signore ti è venuto a cercare per farti entrare nella sua Casa ove ti ha preparato un posto nella gloria eterna del Padre”.

 La debolezza è il luogo

Durante l’omelia, fr. Matteo Ghisini, segretario dell’Animazione missionaria dei Cappuccini dell’Emilia-Romagna, ha ricordato il tema formativo del campo di quest’anno, l’ascolto delle “abilità, disabilità e riabilitazione” e ci ha spiegato che «essere discepoli di Cristo non significa essere privi di difetti, privi di disabilità... Ma, la sfida evangelica è vivere tutto questo in rapporto a Dio Padre, in compagnia di Gesù, mano nella mano con Maria, alla quale fr. Renzo era molto devoto. Allora la debolezza è il luogo – dice  san Paolo – dove si manifesta pienamente la potenza di Dio». Poi, fr. Matteo ha sottolineato che abba Renzo è stato un «missionario itinerante, generoso e portatore di pace», aggiungendo che «il suo sorriso, il suo ottimismo, la sua fede, gli hanno dato autorevolezza presso tanti, che poi si rivolgevano a lui per appianare questioni spinose, per portare pace, per riconciliare».
In questo senso, il medico missionario in Etiopia, Stefano Cenerini, appena saputo della morte, ha scritto di fr. Renzo che «la sua conoscenza della lingua e dei costumi locali, nonché la sua affabilità, gli hanno permesso di aprire qualunque porta». Ricordando poi i momenti condivisi in Etiopia, Cenerini aggiungeva: «mi ha portato nei luoghi più sperduti delle due province, dove la parola ‘missionario’ e la parola ‘abba Renzo’ coincidevano indipendentemente dalla lingua».
Così come loro hanno ringraziato per la testimonianza di abba Renzo, prima di concludere, vorrei ringraziare profondamente il Signore per aver potuto vivere questi giorni insieme a ‘testimoni viventi’ della carità. Veramente da tanti ho potuto imparare molto e spero di continuare a camminare insieme per contribuire ad aiutare i più deboli.