Maura apre l’incontro con la solita energia: «Il tema di cui discuteremo oggi è il dialogo interreligioso: noi lo affronteremo allargando un po’ il senso e analizzando l’ambito del dialogo “con persone diverse da me”, con chi ha una cultura diversa dalla mia o per mille altri motivi non mi somiglia affatto. Per lanciare la discussione, mi è venuto in mente un racconto del Vangelo, quella parabola del buon samaritano…».

a cura della Caritas diocesana di Bologna

 I mille e uno modi

Quando samaritano sei tu

IL TÈ DELLE BUONE NOTIZIE  

«Ebrei e samaritani erano acerrimi nemici, eppure lo straniero della parabola, avvicinandosi a quell’uomo così malridotto, ne riconosce l’umanità e prova compassione…

Allora vi e mi chiedo: ci è capitato di essere vittime? Di aspettarci che qualcuno si avvicinasse per darci una mano ed invece siam rimasti soli sul ciglio della strada? E magari qualcun altro dal quale non avremmo creduto di ricevere nulla si è fatto prossimo? Ma anche: ci è capitato di essere stati noi a “girare alla larga”?».

 Primo modo: chiamare i vigili

«Maura, Maura scusa! Posso parlare io?» interviene d’impeto Maria Rosaria «no, perché questa storia qui, proprio come l’ha racconta Gesù, io l’ho vissuta davvero! Quando ho partorito a Salerno e ho deciso di lasciare il mio bimbo in ospedale, poi sono fuggita via in treno verso Roma e sono scesa in stazione. Ero sconvolta, confusa. Stavo malissimo. Non avevo una lira e nessun posto dove andare, non conoscevo nessuno ma soprattutto non ci stavo più con la testa. Senza farlo apposta, mi son lasciata andare… Ho vissuto dei giorni proprio come quell’uomo, accasciata a terra, vicino ai binari: non mangiavo, non ero più capace di far nulla, avevo perso il controllo di me, nemmeno andavo più in bagno facevo tutto lì… in quelle condizioni pessime però qualcuno mi deve aver vista e una mano pietosa ha avvertito i vigili che poi hanno chiamato un’ambulanza. Mi ci son voluti quindici giorni di ricovero per riprendermi un pochino. Son sincera: tutte le volte che son caduta in vita mia, ho sempre trovato qualcuno che mi ha aiutata! Nulla succede mai per caso…».

 Secondo modo: invitare ad un pellegrinaggio

«Secondo me trovare aiuto è essenziale nella vita» dice Carla «nessuna famiglia è perfetta e se non troviamo qualcuno che ci guidi a trovare la nostra strada, è impossibile farcela. Per me il primo grande aiuto è arrivato dalla scuola. Ero ancora ragazzina, con una situazione durissima. Mia madre era molto malata e mio padre – che pur ci voleva bene - molto assente, preso dal lavoro. Per fortuna, erano gli anni della partecipazione; io ne rimasi coinvolta e proprio grazie alla scuola ne divenni protagonista. Quell’esperienza mi ha aiutata a crescere e mi ha formata. Mi ha dato dei riferimenti e dei valori. Ma se la famiglia non è presente, si cresce con una fragilità interiore sempre lì, latente; pronta a scoppiare. A cinquant’anni ho vissuto una crisi terribile, stavo vivendo una separazione che mi distruggeva. Ero sola e disperata. Fu allora che una collega cattolica mi aiutò, invitandomi ad un viaggio in Israele, a Gerusalemme con la sua parrocchia. Trovare quelle persone e quello spazio, del tutto nuovo per me, mi ha aiutata moltissimo. Mi son sentita davvero accolta e devo dire che la Chiesa Cattolica mi ha aiutata a dare un senso a tante cose e anche a capire che le fatiche della vita non sono belle, no, ma possiamo trovar loro un senso e possono diventare un’opportunità anche per capire che la vita vale la pena di essere vissuta».
«Io ho avuto una vita normalissima, fino alla morte dei miei» interviene Maurizio «ma quando loro se ne sono andati, io mi sono danneggiato e ho perduto tutto quello che avevo. Poi ho incontrato diverse persone: un vecchio amico e nuovi conoscenti che mi hanno aiutato, un prete che mi ha preso sotto la sua ala e anche la Maura. Persone che mi hanno trattenuto sui binari della normalità e così non mi sono mai perduto del tutto… È stato importante continuare a sentirsi “normale” anche se la mia vita non lo era più…Per me dietro a questi incontri c’è lo zampino di Dio. Ecco, la Maura per me è stata il buon samaritano: sono arrivato in Caritas per mangiare e grazie alla Maura ora sono qui e ho capito che potevo davvero raccontare di me e arricchirmi ascoltando gli altri…».

 Terzo modo: trattare normalmente

«Io ho avuto un pessimo rapporto con la mia mamma» racconta Maria, lo sguardo basso, rivolto al centro del cerchio «e sono andata avanti solo con il bene di mio padre. Poi a quindici anni ho incontrato il mio futuro marito – Giovanni – e ho ritrovato il mio valore. Quando è morto anche lui, però, è come se avessi perso di colpo quel valore…». Dagli occhi di Maria precipitano lacrime lucenti e la sua voce si rompe, deve imporsi al dolore per proseguire. «Questa settimana ho detto ai miei figli che davvero volevo morire e i miei figli si son proprio incazzati… Hanno reagito e mi hanno detto che non devo sentirmi sola o abbandonata. Che ci sono loro per aiutarmi... Scusate se dico così, ma mi succedono delle cose che non so confidare e poi vengo qui e voi siete amici, mi ascoltate e …».

 Quarto modo: infrangere le regole

Improvvisamente Maurizio interviene, infrangendo una delle sacre regole del tè: “quando qualcuno parla, gli altri ascoltano senza interrompere”: «Scusa Maria, ma hai detto che i tuoi figli hanno reagito alle tue parole e si sono arrabbiati: lo hanno fatto perché sono forti! Il 90% dei figli è merito dei genitori, si sa! E loro sono forti perché proprio tu li hai fatti così! Questo lo devi sempre ricordare a te stessa!». Maria un po’ sorpresa dall’impeto di Maurizio ora sorride, gli occhi lucidi fissi su di lui: «Sì, hai ragione, Maurizio. Grazie! È vero quel che dici: io e Giovanni abbiamo fatto un buon lavoro con loro e dovrei ricordarmelo sempre!».
Il pomeriggio sta per terminare. Mi guardo intorno e mi vien da pensare che ci sono davvero mille modi per prendersi cura della sofferenza dell’altro e farsi prossimi: chiamare i vigili o invitare qualcuno da qualche parte, magari semplicemente trattare l’altro “normalmente” e non come “uno che ha bisogno” ed anche infrangere le regole, se necessario. E poi capita che un pomeriggio ti bevi un bel tè in compagnia e scopri che il buon samaritano è proprio seduto lì, nella sedia accanto alla tua.