Ancora schiava mi hanno vista i tuoi occhi

Nella figura di Agar leggiamo un Dio che si prende cura del fragile e del povero

 di Letizia Tomassone
pastora della Chiesa Valdese di Firenze

 Agar è una figura che ci apre al dialogo. Nonostante la sua storia nella Genesi sia impastata di sofferenza e oppressioni, la sua fiducia in Dio la porta a costruire un futuro per lei da sola con suo figlio.

Ma ancora prima è Dio che ha fiducia in lei e le parla, al pozzo, quello a cui lei darà un nome legato al nome di Dio: “colui che mi ha vista”.
La sua storia si svolge in mezzo a conflitti: conflitti tra uomini che fanno commercio del suo corpo, conflitti con una padrona che esercita il suo predominio su di lei, il conflitto con la morte annunciata per lei e il suo bambino nel deserto. E poi c’è la scoperta inattesa di un Dio che la vede, che si accorge di lei quando fugge e si nasconde, che le porge una benedizione legata alla sua discendenza, qualcosa che solitamente nelle scritture ebraiche è riservato agli uomini.
La narrazione ebraica è rimasta affascinata dalla sua figura, proprio perché si tratta di una egiziana, non ebrea, madre però di un figlio del patriarca Abramo, in qualche modo dunque la sua storia è intrecciata a quella del popolo d'Israele.

 Tratti dalla schiavitù

La narrazione ebraica, infatti, ci fa risalire al momento in cui Sara è prigioniera dell'harem di faraone, e la risoluzione di quella situazione intricata implica che per ottenere il perdono di Dio faraone riempie di doni Abramo dopo avergli restituito la moglie e offre anche la sua figlia come ancella per Sara.
La principessa Agar diventa una serva nelle tende di Sara. E non c'è solo questo rovesciamento nel testo, perché il verbo con cui si racconta che Sara opprimeva la schiava Agar è lo stesso usato per descrivere l'oppressione degli schiavi ebrei in Egitto poco prima della liberazione guidata da Mosè.
È come se il testo ci volesse raccontare che non è l'appartenenza a un popolo che ti rende capace di sperare nella promessa di Dio, ma che Dio si avvicina alle persone che più sono sottomesse e oppresse e la sua presenza apre il futuro alla libertà.
Il testo di Genesi (16 e 21) ci racconta di due incontri di Agar con Dio. Il primo durante la sua fuga dalla casa di schiavitù, quando lei cerca un rifugio ed è incinta di Ismaele. L'angelo di Dio la rimanda nell'accampamento dove certamente potrà ancora subire violenze e soprusi ma dove il figlio potrà nascere con più sicurezza ed essere inserito nella genealogia del patriarca.
La seconda volta Dio incontra Agar mentre questa cerca una via d'uscita dalla trappola del deserto, dalla sete che sta portando alla morte del bambino, dall'isolamento. È stata la crudeltà di Sara a portarla in quel luogo, ma anche la docilità di Abramo. Ciò che Dio dice ad Abramo in quell'occasione diventa un proverbio nel mondo ebraico, staccato dal suo contesto: «ascolta la voce di Sara».

 

Con solida fiducia

È molto bella la rilettura che di quel momento fa il Corano, quando Agar esprime la fiducia che lei e il suo bambino siano affidati a Dio.
La sua fiducia è messa a dura prova da quel passaggio nel deserto, dal fronteggiare la morte, così come in precedenza la promessa ricevuta al pozzo si mescolava al suo desiderio di rivolta, al non voler più accettare i soprusi di una società diseguale. Fiducia e disperazione, promessa e resistenza sono intrecciate nel suo percorso di vita e per questo lei ci pare tanto simile a noi, per questo leggiamo con meraviglia come la fiducia ha resistito in lei. Al punto che le discendenti delle schiave afro americane l'hanno vista come l'emblema di una speranza di riscatto da una situazione da cui non si intravede l'uscita. Le loro antenate, schiave di padrone bianche che non sapevano vedere la loro sofferenza, e dei loro mariti proprietari di schiavi che le trattavano come corpi da possedere, quelle antenate hanno riconosciuto in Agar una di loro. Una che parlava con Dio, una che Dio vedeva, una che per questa fiducia trovava la strada del futuro. Attraverso Agar testimoniavano di un Dio che accompagna la via delle ultime, delle schiave. Un Dio davanti a cui non c'è «né schiava né libera».
Agar poi sarà di nuovo ridotta schiava nella narrazione di Paolo ai Galati quando l’apostolo contrappone i figli della schiava e i figli della libera. Ma in fondo quella storia non ha inciso sull'immagine di Agar che è arrivata fino a noi. Ha pesato, sì, sulla colonizzazione del mondo e ha costruito un'autocoscienza pulita, auto legittimante, per coloro che si dicevano figli e dunque eredi, proprietari di terre non loro, rapinate a gente resa schiava.
Ma questa è una storia diversa sulla conseguenza dei testi. Mentre la Agar raccontata in Genesi è stata fonte di speranza e fiducia in Dio per le schiave afro americane, la Agar di Paolo è stata intrappolata nella storia coloniale del mondo, diventando senza intenzione la giustificazione per rendere schiavi tanti popoli.
L'intenzione tessuta nel testo di Genesi, però, era chiara: Dio è accanto agli schiavi e li libera, anche quando si tratta di donne schiave, le ultime di cui ci si interessava.

 Sperare nella riconciliazione

C'è un altro passaggio intrigante nella storia di Agar ed è il conflitto che si sviluppa tra lei e Sara. Nella Bibbia ebraica sono raccontati molti conflitti tra uomini, spesso legati alle terre, al possesso, al potere ma anche inseriti in processi di liberazione e di crescita. I conflitti tra donne sono invece visti nel quadro della famiglia, della procreazione e del diritto dei figli partoriti nella tribù. Anche qui la pretesa di potere di Sara che nasce da una mancanza di discendenza, da una storia di sterilità, si sviluppa poi malamente a partire dall’aver concepito, lei Sara la sterile, il figlio della promessa. È una visione ristretta di Dio e del mondo quella espressa da Sara, come se in Dio ci fosse posto per una promessa sola, per un solo futuro.
La Genesi non ci racconta la riconciliazione tra le due donne o tra i due futuri. Anche se i due figli Ismaele e Isacco, il figlio della schiava cacciata e il figlio della moglie legittima, si incontreranno alla morte di Abramo.
La riconciliazione tra le due donne, il superamento della divisione tra schiava e libera, il dialogo tra i diversi futuri dei due discendenti, spetta dunque a noi.
E una tale riconciliazione riparte dall'incontro tra Dio e Agar, quel Dio che la vede e la accompagna, ma sa vedere anche il dolore di Sara nella sua sterilità e la confusione di Abramo, che non sa proteggere i suoi figli, che è come spezzato tra l'amore per Dio e le relazioni umane in cui rivela tutta la sua fragilità.
La riconciliazione tra le due donne è insomma opera della presenza divina, che ci permette di sperare in situazioni senza speranza, che ci aiuta a uscire dalla presa che i privilegi e il potere esercitano su di noi. Quando ci identifichiamo nella figura di Sara, noi donne occidentali, riconosciamo la distorsione del privilegio che oscura la nostra vista e ci impedisce persino di chiamare l'altra per nome. Dio invece conosce il nome della schiava e la nomina, la chiama, la chiama a libertà. Ed è lo stesso Dio che si rivolge alla donna libera, padrona di sé ma succube delle sue paure. Il Dio che invita ad ascoltare la sua voce. Un Dio che si mescola alla storia delle donne, le ascolta con attenzione, e le accompagna verso un territorio in cui la disparità patriarcale non detti più legge.

Dell’Autrice segnaliamo:
Donne di Parola. Pastore,
diacone e predicatrici nel
protestantesimo italiano
Nerbini 2020
Figlie di Agar. Alle origini del
monoteismo due madri
Effatà 2014