Su MC non parliamo da tempo del mondo scout ed ecco che in questo numero troverete ben due articoli dedicati ai ragazzi col fazzolettone. Va detto che molte delle considerazioni sui giovani che leggete in questa rubrica prendono spunto da questo ambito educativo, ma in questo numero vorrei dare voce ad un sacerdote che lavora da tempo in AGESCI per farci raccontare il senso di un campo mobile che l’associazione offre ai suoi membri una volta giunti alle fasi finali del loro percorso, in discernimento sulla scelta della “partenza”. 

a cura di Michele Papi

 Cammina che cresci

Le cose entrano dai piedi 

di Paolo Dall’Olio
parroco a Calderara di Reno, assistente scout

 Si tratta di una settimana di cammino, formazione e riflessione organizzata a livello regionale che vede la partecipazione di giovani provenienti da tutta Italia e fa parte di quegli Eventi di Progressione Personale a Partecipazione Individuale (E.P.P.P.I.) che contraddistinguono la proposta formativa dello scautismo italiano.

Nell’immaginario comune gli scout sono una sorta di giovani marmotte nostrane, calzoni corti di velluto e camicia azzurra, che vivono soprattutto nei boschi e, se dovesse capitare loro di trovarsi in città, si prodigherebbero nel far attraversare la strada alle vecchiette. Li si guarda con simpatia ed un pizzico di nostalgia come si potrebbe guardare una FIAT 127 o una Renault R4: che bei tempi quando si poteva vivere con meno complicazioni…!

 Metodo educativo e “route”

In realtà forse pochi sanno, tra quelli che non sono o non sono stati scout, che lo scautismo è primariamente un metodo educativo e che l’obiettivo educativo degli scout non è quello di imparare a vivere nella natura - quasi fossero un WWF cattolico - bensì quello di far crescere i bambini e le bambine, che poi diventano ragazze e ragazzi, giovani, perché arrivino ad essere uomini e donne che giungono ad una umanità piena, significativa, che diventano liberi perché capaci di amare. Questo i più, forse, non lo sanno, distratti dalla domanda sul perché mettersi i calzoni corti anche d’inverno o attratti dal sapore vintage delle tende in una radura solcata da un ruscello che scende dai monti.
Educare ad essere liberi di amare e perciò uomini e donne significativi. Non banale come obiettivo. E come perseguirlo nella nostra società che ci sembra andare in direzione opposta? Nello scoutismo c’è un motto che dice che “le cose entrano dai piedi”, cioè che occorre fare esperienze importanti e che se si vuole educare al cammino della vita bisogna fisicamente cominciare a camminare, mettendo un passo dopo l’altro, aiutandosi a portare gli zaini, cercando la strada su una cartina, accettando che può fare caldo - anche molto caldo - o può piovere - anche molto piovere - imparando a fare il passo del più lento, godendo di una manciata di more o lamponi, o di un sorso di acqua dalla borraccia, sorridendo quando da dietro una curva si manifesta la meta e ci si può finalmente togliere lo zaino. Questo noi scout lo chiamiamo “la route”. Ed il primo ingrediente per educare giovani sui 20-22 anni provenienti da tutt’Italia ad essere donne e uomini liberi di amare, non può che essere fare una route. Mettete perciò da parte la “R” di route che dopo ci servirà.

 Orientarsi

Il secondo ingrediente è creare occasioni per potersi orientare. Orientarsi - dal latino orior, sorgere - significa voltarsi finché non si trova il punto da cui sorge il sole, e cioè significa mettersi alla ricerca dell’origine per poi indirizzare il cammino della vita. Concretamente questo viene fatto chiedendo ai giovani e alle giovani di fare il loro personale Punto della Strada, una rilettura della loro vita nelle relazioni fondamentali: quella con sé stessi, con gli altri, con il mondo, con Dio. Chi sono? Cosa mi definisce? Chi vorrei essere? Non è la prima volta che lo fanno, tutti i loro anni di scautismo, anche se loro non se ne accorgevano, sono stati caratterizzati dalla triade: esperienza-simbolo-concetto. Ovvero: si vivono con i bambini o i ragazzi esperienze significative, si forniscono loro simboli (dal greco sun-ballo, metto insieme) cioè chiavi di lettura che permettano di far emergere i significati di ciò che si è vissuto, e allora si può giungere al concetto, cioè alla consapevolezza di ciò che è accaduto. Dunque mettete da parte la “O” di orientamento e procediamo.

 Scelta di servizio

Terzo passaggio. Dopo aver cominciato ad orientarsi e a collocarsi nel mondo, le giovani ed i giovani sono invitati a metter al centro dell’attenzione la scelta. Scegliere, certo, la cosa più bella e stimolante per chi, poco più che ventenne, ha davanti a sé tutta la vita, tantissime possibilità. Ma anche compito arduo, perché scegliere vuol dire precludersi possibilità e rischiare di sbagliare. A loro noi proponiamo questo: a partire dalle testimonianze di vita dei capi scout che li accompagnano, sono chiamati a raccogliere gli elementi ricorrenti di cosa significa fare una buona scelta. Sogni, determinazione per raggiungerli, ma anche rinunce per amore, sull’esempio di Gesù che ha dato la vita: tutto questo costituisce la vocazione, fantasioso impasto di umano e divino. Imparare a scegliere significa imparare ad assaporare per la propria vita l’impasto tra i nostri desideri e la chiamata che Dio ci fa alla felicità, alla vita piena. Questa volta si mette da parte la “S” di scelte, e si va avanti.
Si è già capito che la libertà che proponiamo alle giovani ed ai giovani chiamati ad essere donne e uomini significativi non è la pura assenza di condizionamenti (“libertà da”: tolti gli ostacoli ognuno fa quel che gli pare) ma la capacità di fare scelte grandi (“libertà di”: libertà di vincere paure ed egoismi per poter amare). Asticella troppo alta per dei ventenni del ventunesimo secolo? Durante la route si incontrano testimoni che, raccontando la propria appassionante storia di servizio, danno ai giovani la possibilità di rileggere le loro esperienze di servizio, quelle che negli ultimi anni di attività hanno fatto nei loro gruppi. È il servizio, infatti, quella scelta grande, impegnativa e bella che può dare significato alle nostre vite ed ancora affascina i ventenni, anche quelli dei nostri giorni. L’ultima lettera è dunque la “S” di servizio.
R.O.S.S. in questa sigla, che a primo ascolto sembrerebbe una parola uscita dalla bocca del tecnico della caldaia, e invece sta per Route di Orientamento alle Scelte di Servizio, si condensa invece un coinvolgente campo scout per giovani ventenni ai quali si pone una domanda in cinque tappe, una per ciascun giorno del campo: Io sono / chiamato / alle scelte / di servizio / ?.