La lettura biblica “a due voci” è certamente un’esperienza di dialogo ebraico-cristiano che si colloca nella linea raccomandata dalla Dichiarazione Nostra Aetate, 4 del concilio Vaticano II. La mutua conoscenza e stima aiuta a penetrare meglio nel patrimonio spirituale comune, a lodare Dio con una sol voce e a servirlo. Ringrazio Claudia Milani e Miriam Camerini, giovani donne, la prima cristiana e la seconda ebrea, conosciute a Camaldoli in occasione della settimana di dialogo ebraico-cristiano, per la bella lettura del salmo 22 che ci propongono.

Barbara Bonfiglioli

 

La preghiera che si integra

Lettura a due voci del salmo 22, visitato da una cristiana e un’ebrea

di Claudia Milani, biblista cattolica
e Miriam Camerini, biblista ebrea

«Al vincitore. Per la cerva dell’aurora. Salmo di David. // Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? / Lontano dalla mia salvezza le parole del mio ruggito! // Mio Dio chiamo di giorno e non rispondi / di notte, e non faccio silenzio. // Sei tu il Santo, / che siedi sulle lodi di Israele // (…) Chiunque mi vede mi deride / storce la bocca, scuote la testa. // Si affidi a JHWH: lo affranchi / lo liberi, se gli vuol bene. (…) Mi circondano dei cani / una banda di cattivi mi assedia, / come leone, le mani e i piedi. // Io conto tutte le mie ossa / loro guardano e mi osservano // si dividono le mie vesti / sulla mia tunica gettano la sorte. // Ma tu JHWH non stare lontano / mio vigore, in mio aiuto affrettati. // (…) Mi hai risposto! / Io racconto il tuo Nome ai miei fratelli / ti lodo in mezzo all’assemblea: // timorati di JHWH lodatelo / tutto il seme di Giacobbe, glorificatelo» (Sal 22,1-4;8-9;17-20;22c-24b. traduzione italiana di Alberto Mello).

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Il riflesso della passione

Il salmo 22 si inserisce tra i carmi del giusto sofferente e, con la sua alternanza di grida di dolore e lode del Signore, accompagna tutta la storia del popolo d’Israele. Per i cristiani esso conduce inevitabilmente a pensare alla struttura dell’agonia e della morte di Gesù: anzitutto perché le ultime parole di Cristo in croce sono, in Matteo e Marco, «“Elì, Elì, lemà sabactani?”, che significa “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”» (Mt 27,46; cfr. Sal 22,2). Né potrebbe essere diversamente perché Gesù, come ogni ebreo, conosceva e pregava i salmi e nel momento estremo si rivolge al Padre con le parole del salmista che si sente abbandonato.

Al di là della citazione diretta, però, tutta la vicenda della morte del nazareno è modulata come rilettura degli eventi dei salmi del giusto sofferente, in particolare del salmo 22 (solo in Luca sono fatte pronunciare a Gesù le parole del salmo 31). È Giovanni ad annotare: «I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti - una per ciascun soldato - e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: “Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca”. Così si compiva la Scrittura, che dice: “Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte”» (Gv 19,23-24; cf. Sal 22,19). Oltre al riferimento alle vesti divise e alla tunica tutta d’un pezzo - che spesso viene letta come simbolo della necessaria unità della Chiesa - il racconto dell’agonia di Gesù fa riferimento anche agli insulti che vengono rivolti al crocifisso. Ancora in Matteo leggiamo le parole di scherno: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene» (Mt 27,42-43; cf. Sal 22,9). Dopo queste parole, di fronte al grido di Gesù, che erroneamente viene interpretato come invocazione di Elia - peraltro figura messianica che nella tradizione ebraica precederà la venuta del Messia - viene risposto: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!» (Mt 27,49). Ancora un riferimento al giusto che confida nel Signore e da Lui sembra essere stato abbandonato. I chiodi piantati nelle mani e nei piedi del crocifisso sono poi riletture del salmico «hanno scavato le mie mani e i miei piedi» (Sal 22,17): questo riferimento si trova però solo nella versione greca dei LXX, mentre in ebraico non si trova alcun accenno allo «scavo» prodotto dai chiodi.

La costruzione degli eventi della morte di Gesù a partire dalle parole del salmo, al di là della loro attendibilità storica non dimostrabile, ci ricorda ancora una volta quanto il Nuovo Testamento sia incomprensibile senza il riferimento al Primo Testamento. Riferimento che peraltro non può essere letto semplicemente come inveramento dell’Antico nel Nuovo, ma deve tenere conto della recezione ed interpretazione ebraica come autonoma e veritativa in sé.

Claudia Milani

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Il legame col Rotolo di Ester

Mentre il mondo cristiano si prepara alla Pasqua, gli ebrei hanno da poco celebrato la festa di Purim (letteralmente: sorti) che cade il 14 del mese di Adar. La storia di Purim è narrata nella meghillà di Ester. In essa la salvezza giunse “mascherata” da fortunata coincidenza: di tutti i libri biblici infatti, il rotolo di Ester è l’unico nel quale il nome di Dio non compare esplicitamente nemmeno una volta. La vicenda è dunque tutta umana? Possiamo salvarci da noi, senza un intervento divino? Vediamo.

Il capitolo 22 del libro dei Salmi reca già al secondo verso lo straziante desiderio di una risposta divina al disperato invocarlo del salmista nel momento del pericolo e della disgrazia.

Il salmo 22 è legato a Purim da più di un filo. Per prima cosa, è usanza recitarlo in sinagoga la vigilia di Purim, quando si ricorda il digiuno di tre giorni indetto da Ester prima di recarsi dal re.

Il canto si apre con le parole «Lamnazeach al ayelet hashachar» (Al direttore per la cerva dell’aurora): Ester è tradizionalmente identificata dal midrash con una cerva, perché “assomigliava davvero a una cerva” (Midrash Tehilim: MT 180,188). Leggendo la Meghillat Ester, inoltre, comprendiamo come la regina Ester sia «l’aurora della salvezza che brilla dopo la notte della paura» (Dante Lattes).

Sempre secondo il MT, il primo giorno del digiuno Ester disse: «Dio mio». Il secondo giorno ripeté: «Dio mio». Il terzo giorno aggiunse: «Perché mi hai abbandonata?». Solo quando ebbe detto ad alta voce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonata?» venne esaudita (MT 188,183). Troviamo poi Ester intenta a porgere le sue rimostranze all’Eterno quando confronta la sua situazione con quella delle persecuzioni in Egitto. In quel caso erano in pericolo soltanto i neonati maschi, mentre in Persia lo erano tutti: uomini, donne e bambini vengono menzionati individualmente nel testo. Ciononostante, lamenta Ester, Dio ha prontamente ascoltato il grido di afflizione dei nostri padri in Egitto, mentre pare ora ignorare le amare invocazioni del suo popolo. (MT 183). Nel Talmud babilonese (TB), trattato di Meghillà, (TB Meghillà, 15) la regina Ester si appresta a recarsi dal re per implorare la salvezza. Il testo biblico ci riferisce che si «rivestì di maestà» mentre il Talmud spiega che si tratta di “spirito di santità”. Ester si arrestò nel cortile interno del palazzo reale. Il Talmud racconta che la presenza divina che l’aveva fin lì accompagnata dipartì da lei, disgustata alla vista degli idoli che abitavano il palazzo. Fu a questo punto che la regina proruppe nel grido «Elì, Elì, lemà sabactani?» (Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonata?). Immediatamente Ester ripercorse mentalmente le sue ultime azioni tentando di trovare la colpa, causa di quell’improvviso abbandono. Si diede una possibile risposta: «Forse perché ho chiamato lui (Achashverosh) cane? Come è detto: salva dalla presa del cane la mia unica (l’anima)». Ma la Torah impone di portare rispetto alle istituzioni, anche a quelle corrotte come il re Achashverosh. Ester dovette quindi pentirsi e chiamarlo leone. «Come è detto: salvami dalla bocca del leone».

Eravamo partiti da una domanda: ci troviamo di fronte a una storia senza Dio? È possibile che i maestri del Talmud abbiano voluto associare il salmo 22 alla vicenda di Ester proprio per introdurre la divinità in questa storia.

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Delle Autrici segnaliamo:

Claudia Milani - LUIGI Nason

Collana “Cristiani ed Ebrei”

edita da EDB

Miriam Camerini

Un grembo, due nazioni, molte anime.

spettacolo teatrale di e con Manuel Buda e Miriam Camerini