«Il tema di oggi è particolarmente delicato e rischia di farci litigare, portandoci su schieramenti opposti». Va dritta al nocciolo Maura ed il tè comincia senza preamboli: «Più che mai quindi è importante che noi restiamo rigorosamente sulle nostre esperienze personali perché affronteremo il tema del dialogo fra maschile e femminile, tra uomini e donne… Perciò ripassiamo le nostre regole: niente giudizi, consigli o interpretazioni; quando uno parla di sé, gli altri ascoltano: non dimentichiamo che tutti abbiamo da imparare dagli altri e che, mettendo a disposizione le nostre esperienze, possiamo aiutare qualcuno».

a cura della Caritas diocesana di Bologna

 L’uomo, la donna e l’accoglienza

Indicazioni per la strada delle relazioni nuove

 IL TÈ DELLE BUONE NOTIZIE

I presenti annuiscono, consapevoli. Sanno che si sta per entrare nello spazio sacro della condivisione.

Cala il silenzio e resta la voce di Maura a presentare l’argomento: «La diversità di genere è la prima diversità che l’umano ha affrontato e possiamo dire che è andata male da subito…

 «Il Padre Eterno non vuole»

Pensiamo alla Genesi: dopo un attimo l’alleanza con Dio si rompe e non appena la donna pecca, l’uomo la “scarica” immediatamente. Più tardi, solo per citare un passo famoso, san Paolo scriverà ai Corinzi che le donne nelle assemblee devono tacere, prestando il fianco a secoli di interpretazioni misogine. Ma non è che le cose son migliorate nel tempo e la storia ce lo mostra: da sempre c’è stata una forte disparità fra donne e uomini. Vi do alcune date ed avvenimenti, per darvi un’idea di ciò che è accaduto nel nostro paese: è solo nel 1964 che viene abolito il cosiddetto “coefficiente Serpieri” in base al quale il lavoro delle donne nell’agricoltura veniva pagato la metà rispetto ai colleghi maschi; e solo quattro anni più tardi, nel 1968, viene abolito il reato dell’adulterio femminile, sottolineo che quello maschile non è mai stato considerato reato. Ecco, questa è la nostra eredità ecclesiale, sociale e culturale. Chiarito questo aspetto, torniamo a noi, alle nostre esperienze personali: quando si è costruito dialogo fra noi e l’altro da noi? Cosa ha impedito il dialogo?».
Nell’attimo di silenzio che segue, due tuoni in rapida successione entrano rombanti dalle finestre spalancate ad interrompere la meditazione del cerchio.
«Ma non sarà che il Padre Eterno non vuole che parliamo di questo argomento?» commenta sarcastico qualcuno; «Attenzione! Su quel “Padre” potremmo già discutere!» ribatte argutamente qualcun altro; «Vero, vero perché Dio è Padre sì, ma anche Madre: lo ha detto pure un papa…» replica Maria Rosaria e continua «Sapete? Io da giovane ero molto istintiva ed entravo nei rapporti in modo impulsivo: quello che mi è mancato è stata l’esperienza del dialogo con l’altro sesso. Ora so che serve ponderazione e riflessione: bisogna aver la pazienza di confrontarsi per capirsi».
«Be’ non è sempre facile dialogare, anche per ragioni culturali» si fa avanti Leone «al sud da dove vengo io, se tu – ragazzo - parlavi con una coetanea in pubblico… era già considerato il primo passo verso il fidanzamento: per forza, non si parlava mai fra uomini e donne: se parlavi con una poi te la dovevi sposare! Solo con le donne di famiglia - mamme, zie, sorelle e cugine – il dialogo poteva esserci. Ma certo era tutto un po’ filtrato dal legame di sangue…».

 Quando i ginecologi erano misogini

«Infatti anche io penso che molto sui rapporti con l’altro sesso, in realtà lo impariamo in famiglia» interviene Carla. «Ad esempio, io ho molto idealizzato la figura di mio papà che in effetti era un uomo molto aperto, intelligente, colto. Questo fatto però mi ha portato a credere da ragazza che tutti gli uomini fossero come lui. Fu un grande errore perché gli uomini della mia generazione si dimostrarono invece figure assai diverse: rigide, giudicanti, egocentriche. Ne rimasi molto ferita. Quando sono stata assunta come ginecologa in ospedale nel 1979, in reparto con me c’erano solo due altre donne e l’ambiente era super maschilista. Per fortuna negli anni la situazione è cambiata: molte donne sono entrate dopo di me e l’atmosfera è migliorata. Ma ho sofferto tanto: l’atteggiamento più in voga fra i colleghi maschi era quello di screditare la donna come professionista, ma anche di fraintendere – sempre in modo sessista – tutto ciò che affermavamo in quanto donne. È stata dura come gavetta!».
«Vi dico la verità: io mi sono sempre trovato meglio con il mondo maschile» si apre Daniele. «Con un uomo mi sento più tranquillo: posso mettergli le mani addosso, mi sento ad armi pari, sono a mio agio. Nei confronti di una donna invece, no, non è così per me».
«Le donne sono come l’Aids: se le conosci le eviti!» si aggancia caustico Gabriele e poi aggiusta «Ammetto anche di aver sempre incontrato donne non affidabili. Però devo dire che, nei nostri ambienti, ho visto degli atteggiamenti più tutelanti e protettivi nei confronti delle donne rispetto agli uomini, anche quando non se lo meritavano affatto. Non vi nascondo che questo modo di fare mi ha sempre fatto arrabbiare! Non è giusto! Poi credo che oggi tutto il contesto generale ci spinga a confliggere: stare da soli allora è l’unica soluzione. Io oltretutto son cresciuto sentendomi dire “i veri uomini non piangono!”… ma come? È vero il contrario: può piangere solo chi è davvero un uomo e sa ammettere a se stesso e agli altri le proprie fragilità!».
«La storia della Genesi ci dice che Dio ha fatto prima il maschio» si fa avanti Maurizio «e poi ha pensato di dargli una persona diversa accanto perché non si annoiasse. Noi di base cerchiamo ciò che è diverso per crescere. Il vero problema è il “pensiero unico” che uccide ogni diversità. Anch’io mi capisco di più coi maschi, come Daniele, ma ho bisogno del femminile. Il diverso mi fa bene!».

 Ci vuole forza per decidere e dividere

«Io vengo dal Camerun e da quando avevo undici anni tutti mi dicono che sono un uomo» la voce profonda di Madeleine si apre una strada nel cerchio e le sue parole ci incantano, limpide di vita vissuta. «Dicono così perché ho giocato a calcio e cammino e anche parlo come un uomo. Nel mio paese le donne non hanno diritto a nessuna eredità, perché quando si sposano vengono acquisite nel nucleo del marito. Quando muore un papà da noi però è difficile, perché l’eredità deve essere divisa tra i maschi e bisogna prendere delle decisioni serie ed importanti per il futuro di tutti. Non sempre i primogeniti sono in grado di farlo. Così, quando è morto il mio papà, io ho aiutato la mia famiglia a prendere quelle decisioni. Da allora tutti, uomini e donne, mi rispettano molto. Sono io che parlo al Consiglio dei Saggi di famiglia. Con tutto ciò la mia parte femminile non manca: cucino, lavo i panni… l’unica cosa che non riesco proprio a fare è lavare i piatti. In compenso, siccome sono forte, andavo alla fonte a prendere da sola l’acqua per tutti… e nessuna delle mie sorelle che si trovavano a lavare le stoviglie, mi ha mai chiesto di fare cambio!».
Una cascata di risate chiude anche questo pomeriggio. Fuori il cielo non è più grigio, le nubi sono state spazzate via da un vento birichino ed il sole entra nella sala ad illuminare i volti di questi amici: uomini e donne, fragili e forti, ma soprattutto capaci di accogliersi a vicenda.