“Donne e religioni”. Sabato 5 marzo 2022 presso il Cinema dei Cappuccini di Imola si sono ritrovate  Lidia Maggi, pastora battista, Marisa Iannucci, islamica e Dana Constantin, ortodossa, per dialogare su un tema molto presente nei dibattiti contemporanei.

 di Barbara Bonfiglioli

 Quando il dialogo è donna

A immagine e somiglianza di Dio

 Sul palco tre donne, in platea un centinaio di persone e nell'aria interesse e partecipazione nell'ascoltare le voci delle tre relatrici, chiamate a confrontarsi su come si declina nelle religioni la figura femminile.

La Maggi, la Iannucci e la Constantin sono riuscite ad affrontare un tema, per certi versi spinoso, in modo dialogico e vitale: non sono cadute nella sterile contrapposizione tra il processo di emancipazione femminile sviluppato nel mondo occidentale, che ha condotto alla graduale affermazione di un'equiparazione nel trattamento delle donne rispetto agli uomini, e i sistemi giuridici delle confessioni religiose che si traducono spesso in una differenza di trattamento tra uomini e donne, ma hanno evidenziato il paziente lavoro di recupero e di messa in valore delle donne nelle proprie tradizioni religiose analizzandolo nel passato, nel presente e con un occhio rivolto al futuro.

 La Parola: come la pioggia e la neve

Il primo punto su cui si è riflettuto insieme è stato il rapporto tra misoginia e fede nelle tradizioni religiose. La pastora Maggi e la musulmana Iannucci hanno sottolineato la dirompente rivoluzione che la parola di Dio ha prodotto nelle rispettive tradizioni dell'epoca. La grande libertà che Gesù di Nazareth ha dato alle donne ha trovato inevitabili resistenze nella cultura patriarcale. Anche se le parole di Paolo - «non c'è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» - risuonavano nelle comunità come liberanti nel momento sorgivo, non si può ignorare che nelle stesse comunità, pochi anni dopo, si reinnestano quegli stessi elementi patriarcali da cui le parole di Gesù liberavano. In modo analogo, anche la Iannucci ha ricordato come la predicazione di Mohammed provocò una vera e propria rivoluzione sociale andando a scardinare usanze e tradizioni, tra cui la subordinazione della donna all'uomo. Forse sorprendendo il pubblico in ascolto, la Iannucci ha ricordato come le donne avevano posizioni autorevoli nell'amministrazione della comunità e in politica (erano giuriste, commercianti, imam, insegnanti nelle università) nel primo periodo della predicazione del Profeta, ma ha anche ammesso come, col passare del tempo, l'ampio respiro delle figure femminili si è pian piano perso. Nonostante queste dinamiche, il filo rosso del sapere femminile nel mondo islamico non si è mai spezzato e, seppur impoverito durante il periodo della colonizzazione, è riaffiorato alla fine del 1800 quando la nascita di un femminismo islamico  ha permesso una ricerca nelle fonti e negli studi delle voci femminili del passato ricollocandole al centro della cultura musulmana.
Affrontare il religioso in un'ottica di genere è stato il secondo quesito posto. Poteva risultare destabilizzante; invece, è stato presentato come opportunità, come elemento di vitalità. Per Marisa Iannucci i rapporti di genere appartengono alla cultura, all'educazione ricevuta che determina stereotipi e luoghi comuni. Pertanto occorre uno sforzo che consenta alle donne di emergere come individui, “sganciandole” dal loro ruolo di moglie, madre, sorella. Raramente si pensa a una donna come individuo, ma Marisa ricorda che il Corano è un libro in forma di dialogo: con il Profeta e con i credenti. E quando Dio si rivolge ai credenti lo fa al maschile e al femminile. È questa la battaglia che le donne devono avere il coraggio di combattere: essere soggetti che ricevono la parola di Dio, che la mettono in pratica e che la portano al mondo indipendentemente dal ruolo sociale che hanno.

 Femminile, plurale

In merito, la Constantin, ortodossa, sottolinea come la donna non è la metà dell'uomo ma è l'intero e che va apprezzata e compresa nella sua dignità ed armonia. Nel mondo ortodosso, non ci si sofferma sullo stabilire un qualche "status" particolare per la donna nella Chiesa. Grazie a un percorso storico avvenuto, le donne ortodosse oggi hanno un ampio spettro di possibilità, per la vita spirituale, per il lavoro creativo, per una piena realizzazione sociale, seppur nel rispetto delle differenze. E sull'importanza della differenza si innesta la Maggi: le donne richiamano tutta l'umanità al fatto che essa è costituita diversa. Dio crea fin dall'inizio un'umanità plurale, la cui gestione ha creato problematiche serie: basti pensare alla diversità nella fraternità con Caino ed Abele, o alla diversità nelle lingue (torre di Babele). I miti antichi evidenziano la difficoltà nel fare i conti con la diversità. Entrare nel mondo biblico, inoltre, fa scoprire che la donna non va pensata al singolare. Nelle Scritture ci sono tante donne: la donna-eroina, la donna-profetessa, la donna-sposata, la donna-leader, la donna-giudice, la donna-vittima... La Bibbia osa ricordarci questo: non possiamo omologarci, ma siamo
chiamati a essere sempre in ricerca, pronti ad ascoltare la storia da un altro punto di vista. Del resto – sottolinea la Maggi – la Bibbia è il grande libro delle discussioni e non delle definizioni: e la discussione nasce da un incontro di punti di vista, tutti diversi, in cui risuona la pluralità, che è Dio. Non è un caso che il movimento ecumenico sia nato dalle donne, che hanno sconfinato dalle proprie appartenenze confessionali, hanno tessuto relazioni capaci di superare i marcatori identitari della propria confessione religiosa, così come li avevamo ottenuti dagli uomini,  e hanno riconosciuto quei fili rossi che ci legano come esseri umani, senza essere spaventate dalla diversità. In fondo la diversità arricchisce ed evita di creare un idolo di se stessi, “scompiglia” le carte e restituisce a Dio una voce sinfonica. In gioco non ci sono solo l'idea dell'uomo e della donna ma anche quella di Dio, conclude la Maggi.

 La staffetta delle donne credenti

Particolarmente interessanti sono state infine le loro riflessioni sul futuro: da donne credenti e persone di dialogo che cosa suggerireste alle giovani donne? Quale testimone passereste loro?
Per Dana è importante che le giovani donne sperimentino concretamente cosa significa credere, pregare, facendo una conoscenza diretta della spiritualità e della vita religiosa, interrogandosi e cercando le risposte alle proprie domande.
Lidia ha sottolineato l'importanza per gli adulti di essere testimoni credibili e attrattivi e si è chiesta se veramente le nostre comunità adulte rispondono a questi requisiti per i giovani. Ha poi osservato come spesso il mondo adulto tende a sottovalutare il mondo giovanile: è vero che i giovani non hanno sempre i codici per capire l'altro; ma per contro hanno la capacità di attraversare i confini e di essere profeti. Noi adulti abbiamo una grande responsabilità verso i giovani, ma dobbiamo aver il coraggio di generare discepoli capaci di superarci. In un comunità tutti sono maestri e discepoli che camminano insieme: se accettiamo di viaggiare con le altre  persone, diverse da noi, avremo uno scambio proficuo e cresceremo insieme. E come ultimo testimone, Lidia vorrebbe lasciare l'altro e Dio liberi dalle definizioni troppo strette: quando le donne sono più libere, anche gli uomini sono più liberi. Ma è anche vero che la libertà a cui aspirano le donne non può essere pensata senza l'aiuto degli uomini. Marisa invece ha suggerito alle giovani generazioni la possibilità di creare delle alternative. Si deve essere consapevoli che la vita dei giovani musulmani in Italia è condizionata dal fatto che la maggior parte di loro sono di “seconda generazione”: hanno una cultura religiosa tramandata loro da genitori nati e cresciuti in altro paese. Ma loro, i giovani, sono cresciuti in un contesto culturale diverso e stanno cercando un loro modo di vivere la fede, che non è quella dei loro genitori e nemmeno quella dei loro compagni/amici. Frequentano comunità religiose in cui non hanno spazio e piuttosto che mettersi in conflitto con le generazioni dei loro padri è meglio creare alternative, luoghi da gestire secondo la loro visione, più equa e giusta.

I presenti alla tavola rotonda hanno davvero apprezzato questo pomeriggio di ascolto reciproco ed hanno sinceramente ringraziato gli organizzatori e le relatrici: si è aperta una finestra sul futuro e sulla libertà, in cui pare di poter dire che la creatività generativa parta proprio dalle donne e dai giovani, per il fatto che possono vivere una pluralità armoniosa, senza la quale non si genera nulla; hanno il coraggio di superare i confini, senza temere il punto di vista dell'altro, e di annodare fili rossi sepolti nella storia dell'umanità; e sono pieni di vitalità, che custodiscono per costruire un futuro da fratelli e sorelle, una sfida impegnativa, che corrisponde al progetto che Dio ha sull'intera umanità.

 Lidia Maggi, pastora battista, dedita a una pastorale itinerante di formazione biblica ed evangelizzazione, Attenta agli ambiti interreligiosi ed al binomio religioni e donne.

 Marisa Iannucci, musulmana, forte è il suo impegno di cittadinanza attiva, esperta di questioni di genere e pensiero di riformismo islamico, promuove attività di dialogo e inclusione all'interno delle carceri.

 Dana Constantin, ortodossa, laureata in assistenza sociale, ha operato come mediatrice linguistica e culturale e svolge attività  come OSS presso l'ospedale di Imola.