Terribile è la guerra in Ucraina. Ma noi, qui, da Sighet in Romania, vorremmo mettere in luce qualcosa di bello dentro a questo scenario che di bello ha ben poco: l’accoglienza che i frati cappuccini e tanti volontari dell’Emilia-Romagna stanno offrendo ai profughi.

a cura di Saverio Orselli 

 La gioia che dà

Prossimi: ai confini della tribolazione

 di Patrizia D’Errico,
segretaria del Centro missionario di San Martino in Rio

 Fin da subito, la popolazione ucraina inizia un esodo, una fuga verso luoghi lontani e ritenuti più sicuri, mentre tutto il mondo, non solo l’Italia, resta sconvolto davanti alle circostanze.

È chiaro: il pericolo c’è e la situazione è grave per tutti, non solo per loro. Tanti ucraini lasciano case, attività, parenti e amici senza sapere se e quando potranno ritrovare o rivedere i loro cari o le loro case con dentro la loro vita, la loro storia! Con l’intenzione di cercare rifugio, tanti profughi prendono varie direzioni verso l’Europa: Polonia, Romania, Italia, Olanda, Spagna… pur di allontanarsi dai bombardamenti, dai saccheggi, dalle violenze, ciò che oggi chiamano crimini di guerra. Altri purtroppo restano, perché non hanno scelta, o perché scelgono di rimanere per difendere quel poco che ancora hanno, seppur nel terrore di essere colpiti.

 Prima l’accoglienza

Le donne con bambini e anziani, che passano dal confine ucraino a quello rumeno, trovano un primo punto di accoglienza proprio alla frontiera rumena, a Sighet. Qui ricevono un primo aiuto dal personale volontario di alcune associazioni internazionali e viene dato loro un pasto caldo, vestiti o coperte. Poi, però, sono in molti a trovarsi confusi, impauriti, stanchi e sconvolti, e chiedono dove poter trovare un alloggio per riposare qualche giorno e capire come muoversi e cosa fare ora della propria vita. A loro viene dato l’indirizzo di un luogo in cui ristorarsi: proprio quello della missione dei frati cappuccini presenti a Sighet dal 2003.
Così comincia ad arrivare alla missione un flusso continuo di persone, che proprio lì incontrano il bello a cui accennavo sopra. La missione dei cappuccini apre totalmente le porte per dare aiuto e accoglienza a questi fratelli. Senza esitare, la missione di Sighet con i suoi tre frati - fr. Eugen, fr. Ciprian e fr. Antonio, detto Toni, che ora è in Turchia e sostituito da fr. Albert - diventa così luogo di prima accoglienza. I frati realizzano da subito che si tratta di un’emergenza molto particolare, non tardano infatti a chiedere aiuto ai centri missionari di San Martino in Rio e Imola, i quali da sempre appoggiano e sostengono la vita di questa missione.
Fr. Matteo Ghisini, responsabile dell’animazione missionaria, prende subito accordi e contatti con fr. Eugen e con alcuni nostri volontari, dando il via a una bella collaborazione sostenuta anche dalla Caritas di Reggio Emilia. A ruota si uniscono e danno rinforzo i centri missionari di Modena e Reggio, e la fraternità locale dei frati e dei laici dell’Ordine Francescano Secolare di San Martino in Rio, che danno anche accoglienza a una famiglia ucraina.
Alcuni primi volontari partono subito per Sighet e là, dopo pochi giorni, si rendono conto che la mole di lavoro è molto impegnativa, sotto il profilo umano e fisico. Si è rivelato importante attivarci velocemente affinché dall’Italia partissero non solo aiuti materiali, ma anche forza lavoro: cioè volontari disposti a mettersi a servizio per aiutare i frati a fare accoglienza in tutte le sue forme.
Iniziamo così questa avventura che da subito profuma di Sinodo: vedere questa Chiesa nelle sue varie membra che unisce le forze per far fronte a difficoltà gravi ha dato a tutti gli organizzatori, e via via ai diversi volontari, tanta forza e coraggio. Il cuore e la sensibilità delle persone si trovano a braccetto con la Provvidenza, davvero una forza che non ha limiti.

 Abbiamo ancora la casa!

In poco tempo siamo riusciti a creare un ponte di turni a staffetta, di piccoli gruppi che partono dalle nostre zone. Ogni gruppo, formato da tre persone, si ferma circa dieci giorni, rendendosi disponibile a ogni tipo di servizio: preparare vitto e alloggio per chi arriva, dare conforto, ascoltare, aiutare a organizzare il magazzino dei beni alimentari e non, far giocare i bambini, ecc. Indossare il grembiule del servizio, è praticamente lo stile richiesto, insieme alla pazienza, alla elasticità e ad altri doni che realmente il Signore ci rivela strada facendo. Come essere disposti all’ascolto di storie faticose da seguire (a volte definite “storie inascoltabili”). Chi va, deve essere preparato anche a questo: trattenere le lacrime, se a chi si sfoga serve coraggio, oppure condividere il pianto, se ciò li fa sentire meno soli e abbandonati. Si va per fare accoglienza ai profughi prima di tutto, ma anche per prendersi cura di chi, da ormai due mesi, si sta prendendo cura di questi fratelli: i frati. Li si aiuta nella quotidianità come in una famiglia, solo un po’ più allargata!
Ecco alcune frasi dalle pagine del Diario di Sighet che viene tenuto aggiornato dai volontari stessi che vivono in diretta questa esperienza ed è pubblicato sul sito www.centromissionario.it: «La ragazzina di dodici anni ucraina che stamattina è partita ci è venuta a cercare e ha scritto su Google Traduttore: “Grazie per quello che avete fatto per noi! Rimarrete sempre nel nostro cuore”.
Anche oggi abbiamo caricato un tir in partenza dalla frontiera in direzione Donbass. Riceviamo tanta soddisfazione dagli sguardi e dalle parole di gratitudine di queste donne ucraine quando vedono che aiutiamo il loro popolo. Non c’è gioia più grande!
Stamattina abbiamo gioito con una ragazza ucraina, che dopo una notte di bombardamenti a Kharkiv è corsa incontro al figlio dicendo: “Kiril abbiamo ancora la casa! Non è stata distrutta, mi ha appena chiamato il papà!”… in quel momento non potevamo che gioire con lei!
Dopo la celebrazione delle lodi e l’Eucarestia abbiamo iniziato con il riordino, le pulizie della casa e il pranzo per… non sapremmo dire quante persone, poiché una delle cose più belle qui è che tutti possono trovare un posto per mangiare e i numeri variano in base alla giornata, ma siamo testimoni che il Signore non fa mancare nulla».

 Una parola giusta: grazie!

La Parola quotidiana nella preghiera del mattino e l’Eucarestia sono le fondamenta che col passare dei giorni hanno innalzato il Palazzo del Signore che accoglie e si fa prossimo nelle vite tribolate e sofferte dei suoi figli amati, che non lascia mai soli. Parole giuste, che descrivono l’esperienza di chi vive questo periodo di servizio, ancora non le abbiamo trovate. Se non … GRAZIE.
Noi volontari siamo stati testimoni di grandi esempi di umiltà, mai disgiunta dalla dignità umana nel chiedere aiuto. Da parte dei profughi, abbiamo ricevuto una grande lezione di vita: forza, coraggio, rispetto di altra religione o lingua, come se fossero i fratelli maggiori da cui prendere ispirazione.
Papa Francesco prega e nella sua diplomazia attenta e rispettosa ci ricorda continuamente di non abituarci alla guerra. Ognuno di noi può e deve essere discepolo che si fa portatore di Pace. Il coraggio? Ce lo stanno insegnando i nostri fratelli ucraini e tutti i popoli che nel mondo stanno subendo l’ingiustizia di conflitti di cui neanche sanno il motivo.