Pepite d’oro per noi

Intervista a Mariangela Gualtieri, poetessa e cofondatrice del Teatro Valdoca

 a cura della Redazione di MC

 Nelle librerie lo spazio dedicato alla poesia è sempre tristemente esiguo.

Che effetto le ha fatto sentire Jovanotti che proclamava una sua poesia al Festival di Sanremo? Si è sentita come un albatros finalmente libero di volare e comunicare con milioni di persone o, piuttosto, imprigionata su una nave non sua?

Ho temuto che fosse un gesto vano, inghiottito dal luccichio del tutto, e invece Lorenzo è riuscito a creare una bolla di silenzio, di sospensione e in quella le parole hanno fatto il loro lavoro. Mi ha fatto piacere anche che abbia scelto quella poesia che io ho in parte rubato a Borges e poi continuato con versi di altri poeti e versi miei, una poesia antologica.

 Le pare che in questo mondo tra multinazionali, connessioni multiple e onnipervadenti, manipolazioni propagandistiche, social, algoritmi e la continua overdose di informazioni e voci sovrapposte cui siamo sottoposti, la poesia abbia ancora un ruolo? Esistono forze contrarie che la vogliono tenere fuori scena?

Proprio nel frastuono generale, l’opera poetica quando accade splende della propria luce intrinseca e appare rivoluzionaria, cioè minacciosa per tutto ciò che è falso, propagandistico, consumistico. La poesia non è nell’ordine del potere, che è sempre greve, lugubre e senza gioia, ma delle potenze che sono appunto gioiose, che danno pienezza, consonanza, espressione. Esistono sempre forze avverse poiché l’umano è proprio questo alternarsi di aggressività e compassione, di ferocia e di pietà, di bellezza e di orrore. Dunque ciò che amiamo va sempre difeso e perseguito coraggiosamente, con impegno incessante, e un solo millimetro conquistato ha secondo me immensa efficacia sulla qualità del tutto.

 Che cos'è "il sacro" per un poeta?

Chi ha cura della parola sa che l’ambito del sacro non può stare dentro la lingua corrente. È sempre deludente parlare del sacro, a meno che non lo si faccia dentro un’impennata della lingua, come nella poesia appunto, o attraverso i segni e i suoni dell’arte e della musica. Per parlare del sacro occorre dunque una mente esercitata che sappia però tacitarsi, depensarsi, cioè abitare un regno che non è solo quello della ragione. Penso a Rilke e alle sue Elegie Duinesi, lì dove “gli angeli appartengono al tremendo” e dove quel tremendo mi pare uno dei grandi attributi del sacro. Siamo dunque in tutt’altro ambito rispetto al santo. Il XXXIII del Paradiso dantesco credo sia la più potente parola scritta in italiano non sul sacro, o meglio, sacra scrittura essa stessa. O il Laudato si’ di Francesco. Ed è bello che la nostra lingua cominci proprio da questi vertici di intensità, bellezza e sacralità.

 Il papa definisce la guerra come una logica di "anticreazione". La poesia ha voce in capitolo a difesa della pace, di tutto ciò che vive ed è manifestazione di gratuità?

È efficace questa definizione di papa Francesco, e anche vicina alla mia idea di energia femminile, quell’energia che appunto ci fa partorire figli ma anche opere. Simone Weil ci insegna che contro la guerra occorre esercitare le virtù contrarie. La poesia è certamente virtù contraria alla anticreazione, poiché è in primo luogo apertura e accoglimento di qualcosa che ha tutta l’aria di venire da fuori, di venire alla luce e che pare rinnovare la lingua e il mondo.
Ciò che sta accadendo in Ucraina mi fa pensare che siamo ancora al virile, fallico e primitivo modo di risolvere i problemi: con la forza. Era una clava, erano pugni sassate bastonate morsi fionde frecce e poi fucili cannoni missili fino al gran finale degli ordigni nucleari. È solo una evoluzione degli antichi bicipiti, lo sviluppo di una tecnologia che non è cresciuta insieme all’etica, e si è ingigantita spaventosamente, come mitra in mano a bambini inconsapevoli. 

Le parole vengono ormai usate come guinzagli per portare la gente dove si vuole. Le sembra che i giovani avvertano il fascino di una parola libera, che non cerca altro che "verità e belllezza"?

I giovani a me sembrano molto belli. Ogni volta che li incontro, nelle scuole o nei laboratori teatrali, ne sono sempre arricchita, risvegliata. È importante far sentire loro la musica della poesia, cioè la forza orale del verso, che è come dire far partecipare anche il corpo all’evento sonoro della poesia. Allora può capitare che i giovani provino addirittura entusiasmo per la poesia. Certo dovranno esservi alcune condizioni, un orecchio minimamente educato all’ascolto, un silenzio di fondo che permetta alla poesia di risuonare della propria musica, un animo affamato o assetato di intensità di vita, di verità e bellezza.
Quando i giovani capiscono che la poesia dà loro le parole per celebrare la vita, tutta la vita, da un buon pane a una faccia amata, a un paesaggio, allora se la fanno alleata e riescono poi a trovare i propri poeti, quelli che meglio dialogano con la loro sensibilità, con la loro tradizione. 

I versi di 9 marzo duemilaventi ci piacciono molto e ci sembra trasudino sacro: come sono nati? 

È portentoso quello che succede.
E c’è dell’oro, credo, in questo tempo strano.
Forse ci sono doni.
Pepite d’oro per noi. Se ci aiutiamo.
C’è un molto forte richiamo
della specie ora e come specie adesso
deve pensarsi ognuno. Un comune destino
ci tiene qui. Lo sapevamo. Ma non troppo bene.
O tutti quanti o nessuno.

Aspettavo delle parole che portassero sollievo ai molti amici angosciati che mi chiamavano, che mi chiedevano versi in aiuto al loro smarrimento, e la mattina del nove marzo 2020 quelle parole sono arrivate, proprio così come voi le avete lette. La poesia arriva come un dono, ha tutta l’aria di venire da fuori. Occorre essere lì a mani vuote per accoglierla e anche essere preparati, cioè vuoti appunto, ed essersi ben nutriti dai versi degli altri poeti e poetesse, di tutto il mondo, di tutti i tempi. A me sembra che la poesia che amo sia sotto divino influsso. Forse questa è però anche la presunzione più grande, a meno che non riconosciamo come poesia anche i fiori, gli animali, gli alberi e le innumerevoli meraviglie oltre l’umano.