Dietro al fiuto del gregge

 di Dino Dozzi
Direttore di MC

 C’era una volta il “sommo pontefice” che governava da solo la Chiesa universale servendosi delle istituzioni curiali romane. Poi venne il concilio Vaticano II con la dottrina della collegialità (tutti i vescovi responsabili della Chiesa intera). Poi si fece strada pian piano la sinodalità (partecipazione attiva e responsabile di tutto il popolo di Dio). E ora papa Francesco sta indicando la fraternità umana come missione di una Chiesa in uscita verso il mondo. Ecco in breve il cammino dal Vaticano II ad oggi, il faticoso processo della sua ricezione e quindi del suo reale compimento. Per ora sulla carta, in attesa di tradursi in vita concreta.
Si inserisce qui il Sinodo aperto ufficialmente da papa Francesco nell’ottobre 2021, a sessant’anni esatti dall’apertura del Vaticano II, e che, con le sue tre tappe - locale, continentale e universale - ci porterà all’anno santo del 2025. Il Sinodo è l’evento di Chiesa più importante dal concilio Vaticano II in poi, dice mons. Piero Coda, segretario generale della Commissione teologica internazionale.
Messaggero Cappuccino nel 2022 si inserirà attivamente in questo cammino dal Concilio al Sinodo, con un filo rosso che chiamiamo «Prove di dialogo»: Chiesa-mondo (MC 1), all’interno del popolo di Dio (MC 2), con i testi sacri biblici e liturgici (MC 3), tra verità e carità (MC 4), tra maschile e femminile (MC 5), tra i cristiani e tra le diverse religioni (MC 6). “Prove”, perché dialogare e ascoltarsi davvero non è facile. Ci proviamo.
«Il protagonista del Sinodo», ha precisato Piero Coda, «è il popolo di Dio, e ciò avviene per la prima volta in oltre duemila anni di storia: in gioco non c’è l’esito di un pontificato, ma il cammino della Chiesa». La parola centrale del Sinodo è “partecipazione”: prendere parte, non prendere una parte, ciascuno secondo il proprio carisma, la propria missione, la propria competenza, in sinergia con gli altri in vista di una conversione globale. Papa Francesco sottolinea l’esigenza di trovare forme nuove e strutturali di partecipazione, non in maniera astratta o a tavolino, ma facendole germogliare dall’esperienza viva del popolo di Dio, che deve uscire dalle chiese per andare nelle periferie del mondo ad ascoltare il grido dei fratelli che soffrono e il grido della casa comune che sta bruciando.
«Incominciamo questo cammino di fraternità, di amore, di fiducia tra noi»: sono le parole che papa Francesco pronunciò dalla loggia di San Pietro la sera del 13 marzo 2013, appena eletto e dopo aver chiesto che i fedeli riuniti in piazza invocassero la benedizione di Dio su di lui. «E non dimenticate di pregare per me», lo ripete al termine di ogni incontro: anche questo è un modo per camminare insieme, popolo di Dio e vescovo di Roma. Ma non dimentica mai di ricordare anche i migranti, i Paesi in guerra, le ingiustizie e le violenze, per non chiudere la Chiesa in se stessa.
Sinodo, dal greco syn-odòs, significa cammino insieme; san Giovanni Crisostomo diceva che Chiesa e sinodo sono sinonimi; papa Francesco ha detto che «il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio: camminare insieme è un concetto facile da esprimere a parole, ma non così facile da mettere in pratica». Soprattutto se si intende il Sinodo come cammino insieme ad ogni persona di buona volontà.
Benché il concetto di sinodalità non si ritrovi esplicitamente nell’insegnamento del concilio Vaticano II, esso è al centro dell’opera di rinnovamento che il Concilio ha promosso. Per questo papa Francesco presenta il Sinodo come una nuova fase di recezione del Concilio: esplicito è il collegamento della sua programmatica esortazione apostolica Evangelii gaudium (2013) con l’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi (1975) di Paolo VI, il papa che inaugurò il “metodo sinodale”, accogliendo l’insegnamento dei fratelli ortodossi.
Papa Francesco ha molta fiducia nel sensus fidei del popolo di Dio, e questo «impedisce di separare rigidamente Ecclesia docens ed Ecclesia discens, perché anche il gregge possiede un proprio “fiuto” per discernere le nuove strade che il Signore dischiude alla Chiesa». Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto, un ascolto reciproco in cui ciascuno ha qualcosa da imparare. L’intera vita della Chiesa deve lasciarsi attraversare dalla sinodalità come stile e come processo. Gli “organismi di comunione” - consiglio presbiterale e consiglio pastorale, ma anche i vari uffici pastorali - possono rendere possibile un «salutare decentramento della Chiesa». Una Chiesa sinodale si presenta come una piramide capovolta nella logica del servizio al popolo di Dio e all’umanità intera. Perché la sinodalità non riguarda solo le relazioni intraecclesiali, ma include anche la relazione Chiesa-mondo.
La collegialità è al servizio della sinodalità e la sinodalità è al servizio della fraternità umana: ecco lo sviluppo avvenuto dal Vaticano II ad oggi, un cammino che stiamo facendo insieme, coscienti con Antonio Machado che «il cammino non c’è, lo si fa camminando». Il cammino della ricezione del concilio Vaticano II, iniziato sessant’anni fa, non è ancora giunto al termine, soprattutto rispetto alla sinodalità che si deve operare ad intra (parrocchie, diocesi, congregazioni e ordini religiosi), e ad extra, perché il sogno espresso nelle due ultime encicliche di papa Francesco, la Laudato si’ e la Fratelli tutti, è quello di coinvolgere tutti, nel servizio di ognuno al bene comune.