Częstochowa. Città della Polonia famosa per la «Madonna nera». Dal 2021 è città importante anche per noi, frati cappuccini dell’Europa, a seguito dell’incontro: I cappuccini in Europa: il sogno della fraternità (11-16 ottobre).
Ricordiamo qui anche fr. Camillo Schenetti, il confratello che ci ha lasciato e che ora ritrova in Paradiso tanti malati che ha assistito negli ospedali dell’Emilia.

a cura della Redazione di MC

 Non è piccina la casa comune

I cappuccini e l’Europa 

di Alfredo Rava
Rappresentante legale e vice Procuratore dell’Ordine dei frati cappuccini

 I Ministri provinciali, i Custodi, i Delegati e altri fratelli di tutta Europa (e del bacino del Mediterraneo) si sono incontrati a Częstochowa per riflettere insieme sui contorni della realtà, del sogno e del futuro dell’Ordine nel nostro continente.

È da tempo che il governo centrale dell’Ordine cappuccino sta stimolando tutti i frati ad uscire dai propri confini di fraternità, di provincia e di nazione. Ma che cosa significa pensarci come cappuccini europei? Questa realtà ci coinvolge no? Noi frati cappuccini emiliano-romagnoli ci sentiamo «europei», chiamati a dare il nostro contributo alla costruzione di una fraternità/collaborazione europea e mediterranea? Per entrare nella logica di tale realtà, cosa siamo interpellati a trasformare nella vita reale e nelle nostre strutture?

 Un “generale” scrive ai frati

Fr. Roberto Genuin, Ministro generale dei cappuccini, il 22 novembre 2020, in preparazione all’incontro di Częstochowa ha scritto la lettera dal titolo: Ai frati dell’Europa. Prendere lo scritto del nostro Ministro per questa riflessione, pare la cosa più appropriata e opportuna. Nell’incipit della lettera egli riporta una frase di papa Francesco: Sogno un’Europa che sia una famiglia e una comunità, sogno un’Europa solidale e generosa così come delineato nelle due recenti encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti.
Sempre più nell’Ordine si è convinti che dobbiamo cominciare a pensarci come frati Cappuccini europei! Cosa può significare? Le nostre presenze in Europa stanno diminuendo in ogni paese, alcune Province storiche sono state aggregate ad altre, è necessario «ravvivare il carisma» e pensare ad una formazione e ad un’evangelizzazione più organica e condivisa: dato che ci sono ancora tante forze vitali tra i cappuccini d’Europa, per il futuro dell’Ordine nel nostro continente è necessario un coinvolgimento solidale di tutti i frati europei, che sono in primis responsabili di tale futuro.Il Ministro generale dice che «ciò significa andare oltre la soglia della propria piccola casa, della propria piccola fraternità o della propria ‘piccola’ e a volte ‘soffocante’ Provincia. Nessuno può ritenersi autosufficiente e camminare bene da solo: il nostro carisma ci ‘abilita’, e continuamente ci stimola, ad essere “fratelli tutti”».

 A Częstochowa

L’incontro di Częstochowa è stato celebrato per capire insieme dove Dio ci sta chiamando, collaborando tutti secondo le nostre capacità e per aprire nuovi percorsi e realtà: è stato preparato tramite l’invio di materiale perché ogni fraternità dell’Europa si chiedesse: Quali pensi siano i problemi e le sfide più importanti per i cappuccini in Europa? E quelli più urgenti? Quali ritieni siano le decisioni da prendere per mantenere la fedeltà al nostro carisma in Europa?
Nelle sintesi delle varie conferenze sono emerse molte riflessioni. Una delle sfide maggiori è quella di arginare la crescente secolarizzazione dell’Europa che porta ad un evidente calo numerico di vocazioni e all’individualismo, che porta a far rinchiudere i frati nei conventi e a fare sempre da soli le tante attività che “ci prendiamo” autonomamente. La secolarizzazione tocca anche il nostro stile di vita con il rischio di essere indistinguibili dal mondo esterno (nel modo di vivere) e a volte nemmeno dagli altri religiosi, e il tutto a scapito del carisma: per alcuni è necessaria una nuova «evangelizzazione dei frati al francescanesimo», perché si nota che il nostro specifico sta scomparendo, che si è sterili, poco attrattivi e troppo “attaccati” alle strutture.
Il cosiddetto «provincialismo» per alcuni è una malattia che affligge molti confratelli – purtroppo anche molti giovani formandi – che hanno uno sguardo ristretto, chiuso, incapace di aprirsi alle nuove esigenze dell’Ordine e della Chiesa, e che non possiedono il senso di appartenenza ad una realtà più vasta del loro territorio. Per altri frati invece esso non è un pericolo: anzi l’indebolire la realtà delle Provincie farebbe correre il rischio di convertire l’Ordine in una “multinazionale”.

 Piste concrete

Alcune piste concrete di riflessione per essere sempre più “frati europei” e ravvivare il carisma sono state tracciate con più chiarezza dal Governo centrale dell’Ordine: il Ministro generale, nella lettera suddetta, ne evidenzia alcune che a suo giudizio non possono essere tralasciate. Prima di tutto è necessario «ridisegnare la “struttura” geografica dell’Europa e del Mediterraneo, in merito alle Conferenze (strutture di collaborazione tra Provincie) per costituirne di nuove con i requisiti vitali per essere tali e che rispecchino il come sono pensate nelle nostre Costituzioni».
Il secondo aspetto da considerare è l’ambito formativo, prendendo spunto dalla nuova Ratio Formationis del 2020, primariamente per la formazione iniziale e le collaborazioni/fraternità formative interprovinciali/internazionali, particolarmente quelle  dell’Italia. In tale ambito da molto tempo noi collaboriamo tra Provincie italiane e anche con diverse nazioni straniere (Croazia, Slovenia, Ungheria, Bielorussia…) in tutta la formazione iniziale. La terza realtà in cui si ritiene necessario investire sono le fraternità San Lorenzo da Brindisi, fraternità internazionali che «alla luce del vangelo e delle nostre Costituzioni vivono la preghiera, la vita fraterna e la missione autenticamente e coerentemente» per rivitalizzare il carisma in un territorio con l’attenzione alle dimensioni vocazionale e missionaria. L’ultimo aspetto che il Ministro generale ci invita a considerare è la «collaborazione fraterna internazionale», con la presenza di frati di diverse parti del mondo che vengono a far parte delle fraternità europee, una cosa già attuale per noi cappuccini dell’Emilia Romagna e della Delegazione di Turchia. Pur consapevoli che la collaborazione in Europa necessita primariamente del coinvolgimento di tutti i frati europei, un altro obiettivo «è quello di rendere più solide ed efficaci le collaborazioni, con una distribuzione più ordinata, e con particolare riferimento alla dimensione della missionarietà».

 Il desiderio è la priorità

Nell’incontro di Częstochowa non si è arrivati a conclusioni o decisioni pratiche di nessun genere, se non quella di continuare a riflettere insieme per poterci arrivare. Sicuramente si tratterà di tradurre tutto questo in “realtà”, ma senza rimandare troppo: per fare ciò è necessario aumentare una mentalità di collaborazione interprovinciale e internazionale, con la necessaria e urgente operatività di chi ha la responsabilità di prendere decisioni. Come si vede, non sono state date risposte precise alle domande poste all’inizio su cosa vuole dire «sentirsi cappuccini europei» ma sono stati solo delineati alcuni contenuti e stimoli, come tentativo di aprire un po’ i nostri orizzonti provinciali, senza nascondere che il “sogno” europeista, se generalizzato, comporta anche zone di ombra e possibili perdite, con il rischio di non riuscire veramente a “ravvivare il carisma”. Il primo passo non può e non deve venire da fuori o solo da decisioni esterne, ma da «dentro» di ognuno di noi: quanto sono aperto all’altro, al fratello sicuramente diverso da me. Quanto desidero, nonostante tutto, essere “fratello di tutti”, di ogni frate! Europeo o no…