«Benvenuti a tutti», parte Maura, «oggi voglio raccontarvi una favola della Bibbia, che potremmo intitolare: “Il re, il mago e l’asina”». La gente del tè, seduta in cerchio, si fa attenta ed ascolta. «Questa storia è molto antica ed è ambientata 1200 anni prima della nascita di Cristo nel momento in cui, dopo quarant’anni di peregrinazioni nel deserto, il popolo di Israele sta per arrivare nella terra promessa».

a cura della Caritas Diocesana di Bologna

 Quando parlano gli asini che non volano

Elogio del dialogo e dell’ascolto

 IL TÈ DELLE BUONE NOTIZIE

«Uno dei re che abitano in questa terra vede avvicinarsi il popolo ebraico ed è molto preoccupato. Che fare? Pensa di usare un’arma non convenzionale!

Chiama il famoso mago Balaam affinchè lanci una terribile maledizione sui suoi nemici per farli indietreggiare. Il mago in realtà tentenna un po’ alla richiesta del re, ma poi accetta e parte sulla sua asina per affrontare il popolo di Israele… Ma, ad un certo punto del tragitto, l’asina si inchioda e non si muove più. Il mago indispettito la colpisce ripetutamente, ma niente, l’animale è irremovibile, finché avviene qualcosa di inimmaginabile: l’asina comincia addirittura a parlare: “Ma perché mi picchi? Non ti ho forse sempre servito ed ubbidito? Se mi son fermata, il motivo c’è! Non vedi?” e solo dopo quelle parole, Baalam vede la strada sbarrata da un angelo del Signore con tanto di spada infuocata ad impedire il passaggio. L’angelo poi rimprovera il mago: “Ringrazia il tuo animale, ti ha salvato la vita: se tu fossi avanzato di un solo passo, ti avrei ucciso! Ora vai dagli ebrei ma pronuncia solo le parole che io ti dirò”. La storia finisce bene: salvato dalla sua asina il mago comprende ciò che deve fare e, invece di maledire il popolo di Israele, lo benedice».
Maura si guarda intorno e continua «Il tema di oggi non è facile: il dialogo nel popolo di Dio. Allora mi son detta: se nella Bibbia anche un’asina può parlare e rivelare le parole di Dio, noi ci sentiamo la dignità di farlo? Ci è mai capitato di incontrare un “asino” che ci ha aperto gli occhi su qualcosa? Che ne pensate?».

 Dalla coscienza al pozzo

«A me vien da paragonare la sapienza dell’asina alla voce della coscienza», commenta riflessivo Maurizio. «La coscienza non è altro che la voce diretta di Dio e questa coscienza ce l’abbiamo tutti: ci fa riconoscere per istinto ciò che è bene e ciò che è male. L’asina della storia questa coscienza ce l’ha. Gli animali hanno chiara questa coscienza del bene e noi dovremmo rispettarli ed osservarli di più. Ed è proprio questo luogo che abbiamo dentro, dove c’è il contatto diretto con Dio, che autorizza tutti ad entrare in dialogo con chiunque».
«La cosa sostanziale è rispettare l’altro», interviene Franca che da una vita è volontaria nella mensa della fraternità. «Mi sono accorta, nel mio servizio, che c’è chi vuole dialogare, ma anche chi vuole stare in silenzio e mangiare in pace. Non ne posso più del concetto di uguaglianza! Non è vero: siamo tutti diversi! Ma certo, se ce ne andiamo in giro a giudicare l’altro con il nostro metro abbiamo già sbagliato approccio ed il dialogo non potrà certo avvenire! Poi credo anche questo: oggi viviamo in un tempo in cui il dialogo non è così tanto importante quanto la testimonianza».
«Per me il dialogo è una bella cosa», aggiunge Maurizio di getto. «In effetti però, la grandezza dell’asina è nel suo esempio, in ciò che fa: lei resta ferma, immobile e poi parla… Si segue l’esempio infatti e non le chiacchiere, ma forse anche questa è una forma di dialogo, no? Si dialoga con gli altri anche attraverso l’esempio che si dà, non credete?».
«Eh, l’asino è un animale che può sorprendere tutti…», ribatte Leone ammiccante e gli si vede il sorriso anche sotto la mascherina. «Anch’io ho una storia per voi: in campagna c’è quest’asino vecchio che viene messo in un pozzo ormai vuoto d’acqua e il contadino vorrebbe ammazzarlo seppellendolo di terra. Butta una vangata e poi l’altra, l’asino si scrolla, e la terra che doveva ricoprirlo e soffocarlo, piano piano cresce sotto le sue zampe finché lui non salta fuori. Così proprio quello che doveva fargli male diventa il mezzo per salvarsi. Gli asini non sono affatto “asini”! Poi volevo dirvi un’altra cosa sul dialogo: in Sicilia, da dove vengo io, non si dice “convincerlo”, ma “farlo convinto” e per me è molto più giusto. Nel dialogo vero si ascolta e si parla ma alla fine ognuno è libero di farsi convinto, cioè di cambiare idea oppure no. Ma non c’è obbligo o costrizione: è una scelta!».

 Lucia che voleva ricostruire dialogo

«Secondo me, spesso il dialogo non avviene semplicemente perché c’è una “ragione” da difendere», riflette Didi a voce alta. «L’asina della Bibbia invece sente e vede qualcosa che il mago, già pieno delle sue convinzioni, non vede proprio. A volte è proprio l’essere convinti di sapere qual è il bene e quale il male che impedisce il dialogo: la Chiesa fatica molto a dialogare proprio per questo! Poi volevo ringraziarti, Leone, per la tua storia: io spesso mi sento “seppellita” ed invece questa cosa che ciò che ci sotterra è esattamente quello che ci salva, è proprio una roba bella da portare a casa! Grazie davvero!».
«E tu cosa ne pensi, Lucia, della storia di Leone?». La domanda di Maura raggiunge una ragazza che è nel cerchio seduta su una carrozzina e la sua voce ci porta il peso di un immenso dolore. «L’asino fa quello che deve per salvarsi e che si sente d’istinto. Fa bene. Anch’io mi son sentita come un animale: ero la pecora nera della famiglia. La prima figlia era perfetta ed io, la seconda, considerata un disastro. Mi hanno messo una asticella troppo alta da saltare e troppe voci intorno mi dicevano continuamente cosa dovevo fare. Io non sapevo più chi ero. Ho finito per fare scelte diversissime e non son stata nemmeno più capace di creare relazioni. Alla fine, mi sono anche ammalata e so che anche questa malattia è legata a tutte le pretese ed al bigottismo religioso dei miei. Ho sopportato ben quattro operazioni al tumore che ho nel cervello e tanti si chiedono come faccio ad essere ancora qui. Sono arrabbiata con la religione? Sì, ma ora non sono più nemmeno capace di reggere tutta questa amarezza. La mia ragione di vita sono le mie due figlie che se muoio torneranno ai loro padri che sono uomini cattivi e poi non voglio andare via senza ricostruire un dialogo con i miei genitori: in passato mi hanno fatto molto male, ma ora vedo anche la loro disperazione».
Ascoltandola, mi vien da pensare che a volte è proprio quando la nostra esistenza sembra bloccarsi completamente, come quella del mago in groppa all’asina o come quella di Lucia immobilizzata dal tumore ed ecco, è proprio allora che diventiamo capaci di vedere ciò che ci guarisce davvero salvandoci l’anima.

 Poco prima di terminare quest’articolo, sono raggiunta da una serie di sms di Maura: «Ti ricorderai di Lucia. Si è rapidamente aggravata, avrebbe tanto desiderato essere al prossimo tè, ci teneva molto, ed invece è ricoverata all’hospice. Adesso sono qui con lei anche se da giorni ormai è assopita. Preghiamo perché il Signore le renda dolce quest’ultimo tratto di strada», e poi: «Lucia è morta martedì mattina; come desiderava, si è addormentata qualche giorno fa e non si è svegliata più».
Cara Lucia, grazie per il tuo esempio e le tue parole. Noi non ti dimenticheremo. Anzi, ti aspettiamo al prossimo tè ed in tutti quelli a venire: siamo certi che ci sarai.