Lo diceva mio nonno

La Chiesa e il potere, quale eterno problema

 di Valentino Romagnoli
frate cappuccino, formatore, biblista

 Ero ancora molto piccolo, ma ricordo bene il funerale del mio nonno, un funerale diverso dagli altri, senza chiesa, né prete, né canti funebri. Al loro posto una lunga processione con la banda, e davanti alla banda tante bandiere, tutte rosse, tutte con falce e martello.

Era buono il mio nonno, io lo ricordo così, tenero e burbero come i nonni devono essere, però in chiesa proprio non ci voleva andare. Chiedo a uno zio: «Perché non si è fatto portare in chiesa? Non credeva in Dio?». «Sì, ci credeva. Ma il nonno ha sempre detto che la Chiesa ha troppo potere».
La Chiesa ha un potere? E se sì, che tipo di potere può (e deve) esercitare? La questione è enorme e non può essere esaurita in poche righe; tuttavia ogni tentativo di risposta non può che partire dalla Parola di Dio da cui la Chiesa attinge la sua stessa ragion d’essere. Per tentare un percorso, proviamo a vedere come viene utilizzato il termine greco exousia (che noi traduciamo con “potere”) nel Nuovo Testamento.

 I due volti del potere

Nel Nuovo Testamento exousia (e il suo sinonimo dynamis) ha un valore ambiguo, con accezioni differenti in base a colui a cui è attribuito. Da una parte abbiamo Gesù, la cui vita è stata contrassegnata in molti modi dal potere: nei vangeli egli lo esercita nel suo insegnamento, impartito con exousia (Mt 7,29); nella potestà di scacciare i demoni e di sanare (Mc 3,15); nel potere di rimettere i peccati e di purificare il tempio (Mt 9,6). Il libro in cui il termine ricorre maggiormente è Apocalisse dove il Cristo glorioso detiene il potere perché ha trionfato sulla morte e sulle potenze infernali: «Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo…» (Ap 12,10).
Ma dall’altra parte Gesù non è l’unico a esercitare o a detenere il potere, anzi… il primo a proporglielo è il diavolo stesso, durante la tentazione: «Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: “Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio”» (Lc 4,5-6). A questo potere fa riferimento Pilato quando minaccia Gesù: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?» (Gv 19,10). È il potere esercitato dai grandi di questo mondo: «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori» (Lc 22,25). Di questa forza sono rivestiti anche alcuni dei fantasiosi esseri che popolano il mondo dell’Apocalisse: il drago e le due bestie (Ap 12–14), le cavallette e i cavalli di fuoco (Ap 9), tutti rappresentanti il mondo di coloro che combattono Dio e i suoi servi.

 Il potere proprio di Gesù

Il potere di Gesù è dunque condiviso dai suoi avversari, tuttavia c’è qualcosa che solo lui può fare. In Gv 10,17-18 leggiamo: «Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo». Qui Gesù non dice solo che egli può riprendersi la vita tornando da morte, ma sta dicendo anche che egli ha il potere di dare la propria vita! La vera differenza tra lui e i suoi avversari sta nel potere di… non esercitare il potere, nella scelta libera di disarmarsi della forza e dell’autorità per “dare” (=donare) la propria vita in favore dei fratelli. Il potere del Cristo risorto non deriva (solo) dalla sua divinità ma anche (e forse soprattutto) dalla sua libera scelta di non usufruirne.
D’altronde la missione di Gesù non è quella di mostrare l’amore del Padre, un amore così onnipotente da riuscire a rinunciare alla propria potenza? È questo il senso delle parole di Gesù rivolte a Pietro nell’orto del Getsemani: «Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno. O credi che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli?» (Mt 26,52-54). È grazie a questa sua libera scelta che, poco prima di salire al cielo, di fronte ai discepoli un po’ frastornati, Gesù può dire come ultima sua parola: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli … insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,18-19).

 Da Gesù ai discepoli

E finalmente arriviamo al nostro problema di Chiesa e potere. Gli Apostoli (e la Chiesa) hanno un potere? Sì, hanno lo stesso che aveva Gesù. Essi ricevono il compito di fare discepoli e di battezzare: letta nella giusta prospettiva questa espressione non vuole spingere la Chiesa alla propaganda, al marketing religioso, quasi che la Chiesa fosse una pagina Facebook o un post di Instagram il cui valore si misura in numero di “like” ricevuti. Battezzare vuol dire immergere nel medesimo battesimo di Gesù, quello grazie al quale egli si sottomette alla volontà del Padre per amare gli uomini; vuol dire indicare loro che la via più grande per raggiungere la pienezza della vita è quella di donarla, sottomettendoci gli uni gli altri nel segno dell’amore grande di Dio Padre. D’altronde questo è il compito che Gesù affida a Pietro e ai discepoli: «Tu sei Pietro … A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16,19). «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,22). Legare e sciogliere. Detto in altri modi: predicare il perdono e la riconciliazione, annunciare che Dio è vicino a noi, e che la vita è bella perché siamo amati da Dio.

 Dai discepoli alla Chiesa in cammino

Nel corso della storia, la Chiesa ha esercitato tale potere ed exousia in questo modo e a questo scopo? Mio nonno probabilmente avrebbe risposto di no, e io non mi sento di dargli torto. Ammettiamolo, è sempre imbarazzante rispondere a questa domanda: l’epopea costantiniana, il cesaropapismo, le conversioni forzate… la lotta delle investiture tra papato e impero…, e poi ancora lo stato della Chiesa, il collateralismo… non c’è epoca della storia della Chiesa che non mostri come il vangelo avesse visto lungo nell’indicare che in fondo il potere è una tentazione del diavolo.
Si obbietterà che la Chiesa ha fatto anche tante cose belle e buone (e che anzi sono la maggioranza), e che il potere è servito e serve per portare il vangelo; semmai sono da condannare gli abusi. Sarà… ma allora diventa quanto mai inderogabile un movimento di autentica riforma che parta dalle coscienze e che sappia discernere se le strutture di ricchezza e di potere che la Chiesa sta utilizzando sono davvero funzionali all’annuncio del vangelo o se invece non sono fini a sé stesse. È anche per questo motivo che papa Francesco ha indetto un cammino sinodale che impegnerà tutta la Chiesa per i prossimi anni. Con questo percorso il Papa vuole indicare un metodo, quello di camminare insieme (syn-odos); un metodo per disarmarsi, per riconciliarsi, per ritrovarsi fratelli.
E probabilmente su questa strada avrebbe camminato anche mio nonno, con la sua banda e le sue bandiere.