Al banchetto con buoni e cattivi

Se vuoi parlare di Dio devi incontrare la gente 

di Fabrizio Valletti
gesuita, operatore pastorale a Scampia

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Desiderio di una nuova alleanza

Cosa dire di Dio? Dall’esperienza del dolore, del servizio verso gli ultimi, della promozione della giustizia, della lotta per l’uguaglianza e per la pace, emerge un desiderio di “nuova alleanza” con il Creatore che si era presentato sulla scena del mondo con un disegno di giustizia e di pace, di bellezza e di gioia. Si fa strada un’esperienza di Dio e non una definizione della sua immagine: non nominare invano il nome di Dio.

Negli ultimi anni si è alternata una ricerca su come Dio poteva manifestare i suoi attributi - così chiari nelle definizioni della “teologia naturale” - una teodicea che era più il risultato di esigenza filosofica che frutto di un’esperienza spirituale. È sempre suggestiva la separazione fra dimensione religiosa, con le sue componenti culturali, e ispirazione come ricerca di una presenza che nei “segni dei tempi” sia traccia di uno Spirito che anima la natura, la storia, la coscienza dell’uomo.

Le posizioni sono spesso contrastanti e sfociano in opposti sistemi di appartenenza, da una parte nella rigorosa affermazione di identità, dall’altra nella flessibile disponibilità a cogliere la forza dello Spirito anche al di fuori della struttura ecclesiale. Da un sospetto integralismo ad un altrettanto vituperato eclettismo. Le divisioni, che hanno visto nella storia scismi in seno alla Chiesa, si ripresentano oggi quando si cerca di attuare una “nuova evangelizzazione”, consapevoli della secolarizzazione che ha allontanato dalla pratica religiosa la maggioranza dei cristiani.

Lo stesso Francesco, poverello di Assisi, dovette separarsi da una certa immagine di Chiesa e di società per annunciare, con i segni che la stessa natura presentava, la bellezza che pulsava nella creazione, nella vita dell’uomo e nelle sue opere.

Alla ricerca invocata da molti su come vivere appunto l’evangelizzazione, si contrappongono esperienze che hanno spesso un sapore di antagonismo, sciupando il clima di “missionarietà” che è proprio dell’essere discepoli.

È forte lo slancio che porta i sostenitori dell’annuncio esplicito, dell’affermazione sempre e dovunque di “Gesù Cristo unico salvatore”, a privilegiare le dichiarazioni «sine glossa», di come l’amore di Dio salva l’umanità, un’affermazione da sostenere in ogni situazione e in qualsiasi contesto. Può essere anche interessante quanto in un simile atteggiamento sia sottesa una sottile e nascosta rivendicazione di una unica verità, nella pratica pastorale, fino a stigmatizzare chi non vive una simile esperienza.

L’orizzonte della fede e quindi l’esperienza dello Spirito del Risorto è molto vasto. Per dovere di osservazione e di lettura del fenomeno religioso vanno anche sottolineate tutte quelle esperienze di servizio dell’umanità orientate alla crescita del diritto e della giustizia.

Vasti orizzonti

L’obiettivo è quello di far risplendere nelle persone e nelle più complesse realtà sociali, a servizio del popolo, il riflesso della giustizia del Creatore. Si fa così emergere che all’uomo è affidato il compito di dare compimento al progetto di gloria, di splendore di un’umanità simile a Dio, ma anche di risanare ciò che è perduto o smarrito in situazione di sofferenza, privazione e dolore.

Qualcosa comunque accomuna posizioni che sembrano inconciliabili: l’uomo è chiamato a vivere l’alleanza come sfida a proseguire l’azione creatrice del Signore. La storia è disseminata di azioni contrarie a quello che è il vero fine della creazione e quindi del vero volto del Creatore. Da una parte il dolore può essere provocato dalla fragilità della stessa natura, ma il vero contrasto è determinato da quello che l’uomo provoca contro l’uomo, un popolo contro un altro popolo, inseguendo gli idoli della ricchezza, del potere, della presunzione di superiorità: nazionalismi, discriminazioni, guerre.

Nell’orizzonte delle nostre città, nello scenario più vasto delle nazioni questa opera di servizio è germogliata come verità di un essere uomini giusti, a cui si affaccia dal cielo la giustizia del Creatore. Un pullulare, anche nascosto, di buone opere parla di un Dio invisibile che si manifesta attraverso una giusta umanità.

Negli anni dell’immediato post-Concilio, il padre Arrupe invitava i gesuiti a sperimentarsi in quest’azione in cui giustizia e pace si potevano baciare: si affermava la felice immagine della sintesi fra fede, cultura e giustizia, indicazione per un progetto pastorale che anticipava quanto oggi potremmo chiamare nuova evangelizzazione. Sembrava concludersi un’epoca in cui parlare di Dio diveniva quasi scandaloso, dopo l’olocausto e il genocidio degli Ebrei, dopo il disastro nucleare del Giappone, dopo il perdurare dello sfruttamento indegno di interi popoli. Quanta responsabilità di un Occidente, definito cristiano!

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Presenza nei crocicchi

La “morte di Dio” dichiarata da molte coscienze aveva allontanato specie i giovani da una cristianità che aveva ancora l’illusione di essere “società perfetta”. Lo sguardo del credente, inquieto e spesso dissenziente, cercava nuove forme di autenticità, di verità, al di là di quanto dichiarato da un’istituzione ancora troppo ancorata alla centralità dell’Occidente, responsabile di evidenti sfruttamenti ed ingiustizie. I sentieri della pace andavano scoperti al di là del recinto, dove molti cristiani, insieme a non cristiani, si battevano e s’impegnavano per affermare la liberazione dall’oppressione e dalle ingiustizie, per sostenere il diritto all’istruzione, alla salute, al lavoro, all’accoglienza.

L’esperienza missionaria, anche di laici impegnati, ha aiutato per esempio a recuperare non solo il senso della giustizia, ma anche della presenza dello Spirito, patrimonio dell’intera umanità, senza distinzione di persone, di razze e di cultura. Negli ultimi anni si è radicalizzato il contrasto fra questi diversi modi di intendere l’azione della Chiesa, nell’evangelizzazione, nel rapporto con i non cristiani, nella relazione con le realtà pubbliche e le istituzioni civili. Si è fatta strada una nuova esperienza ispirata alla pluralità, alla collaborazione, al dialogo.

È urgente che ci si preoccupi meno di difendere l’esistenza di Dio e più la salvaguardia del creato che il Creatore ha posto ai piedi dell’uomo (cf. Sal 8). Non è tramontato il desiderio di salvare l’umanità e di ridimensionare le forze, i poteri, le istituzioni, anche militari, che attentano all’immagine di Dio che si rivela nell’uomo. Fra i due estremi che abbiamo colto nella sofferta ricerca di oggi, ci sono mille “crocicchi” a cui andare per invitare “buoni e cattivi” a partecipare all’unico banchetto del Regno.