Come piccole stelle nel mondo

Le radici della buona politica. Tra ecologia integrale e fraternità 

di Francesco Occhetta
gesuita, docente alla Pontificia Università Gregoriana

 Ogni stagione politica distingue coloro che sperano da quelli che disperano. L’esperienza di un anno luttuoso, costellato da desolazione e da errori, ha fatto emergere false speranze e ferite personali, politiche ed ecclesiali, per molto tempo taciute: tutto era iniziato con lo slogan “ne usciremo migliori”, poi la rassegnazione e la rabbia sociale sono gradualmente cresciute, ma chi spera continua a rimanere in prima linea anche a costo della vita.
La Chiesa non si stanca di definire la politica come la forma più alta di amore. Lo ha recentemente ribadito anche papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti che ai laici chiede di impegnarsi in una trasformazione della politica basata su due grandi temi: l’ecologia integrale e la fraternità. Eppure su 100 persone che vanno a messa alla domenica, la metà non ha votato nelle ultime elezioni. Cosa fare allora per non rifugiarsi nel privato e ritornare alla testimonianza dei cattolici in politica?

 Investire sull’ecologia integrale

Oltre al vaccino sanitario, nel dibattito pubblico si inizia a riflettere anche sul “vaccino sociale” che è composto «dalla rete di legami di solidarietà, dalla forza delle iniziative della società civile e degli enti intermedi che realizzano nel concreto il principio di sussidiarietà anche in momenti così difficili», come scrivono i vescovi nel Messaggio per la Festa del 1° maggio 2021.
Il dato politico a cui guardare come Chiesa in Italia è la necessità di far nascere una nuova stagione costituente che ripensi regole, riforme, parole nuove e orizzonti verso cui portare il Paese. Il paradigma culturale di riferimento è nel significato antropologico di “economia integrale” e di “transizione ecologica”, entrambi concetti che la Chiesa ha il merito di avere anticipato nel 2015 con l’enciclica Laudato si’ rispetto alle agende dei Governi. Ritornando a questo testo, la politica può riscoprire un metodo e un approccio nuovo non limitato all’ecologismo verde, ma aperto a tutte le dimensioni antropologiche dell’esperienza umana. Da anni la Chiesa sta proponendo una “conversione ecologica” che tocca stili, comportamenti e scelte dal punto di vista etico-sociale ed educativo per arginare il paradigma tecno-economico-finanziario che ha fallito. Per la politica investire sull’ecologia integrale significa tenere insieme tre aspetti.
Anzitutto il tema dell’ecologia delle istituzioni. Scrive Francesco, «se tutto è in relazione, anche lo stato di salute delle istituzioni di una società comporta conseguenze per l’ambiente e per la qualità della vita umana: “Ogni lesione della solidarietà e dell’amicizia civica provoca danni ambientali”» (LS n. 142).
Inoltre la consapevolezza che se davvero tutto è connesso «l’analisi dei problemi ambientali è inseparabile dall’analisi dei contesti umani, familiari, lavorativi, urbani, e dalla relazione di ciascuna persona con sé stessa» (LS n. 141).
Infine la politica è chiamata a prendere atto che «non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale». Per questo il Papa chiede di impegnarsi per il bene comune che significa fare scelte solidali sulla base di «una opzione preferenziale per i più poveri».

 Costruire l’amicizia solidale

Come in ogni sfida occorre lasciare il vecchio per il nuovo e farlo con la forza della “spiritualità ambientale”: un modo di vivere e di stare nel mondo in cui, prima di essere competitori, siamo prossimi. La “transizione ecologica” inizia dai nostri comportamenti come l’essere attenti agli sprechi di acqua, all’uso della plastica, agli investimenti sostenibili e così via. Ma anche investire sulla qualità delle relazioni per impedire che il distanziamento fisico diventi lontananza sociale e spirituale. C’è bisogno di gesti, di testimonianze sobrie e di sostanza, ma anche di coerenza. Solo forti spinte ideali e di valore cambiano la realtà: «Ci sono persone che lo fanno e diventano stelle in mezzo all’oscurità» (Fratelli tutti, n. 222).
La classe politica ha l’urgenza di discernere, a partire dai principi costituzionali, i grandi temi politici sul tavolo come la qualità dei (nuovi) lavori e la ridefinizione di famiglia, il senso (umano) dei nuovi diritti soggettivi e le politiche ambientali olistiche, fino ad arrivare alle riforme e alle regole del gioco politico che includono una visione rinnovata di comunità e di mondo. In politica ogni scelta di bene e ogni testimonianza di servizio sono un appello alla coscienza matura di un popolo per risvegliarlo e nutrirlo di vita. Ad una condizione però: «per diventare uomini del discernimento, - ha sottolineato Francesco - bisogna essere coraggiosi, dire la verità a sé stessi. Il discernimento è una scelta di coraggio». Dalla qualità del discernimento politico dipende la qualità di una civiltà.
Per costruire l’amicizia sociale, intesa come processo politico, occorre passare per la via stretta delle comunità e aiutare le popolazioni e le culture a porsi una domanda radicale: «Chi è la persona titolare di diritti?». La risposta a questa domanda emerge nelle soluzioni pratiche, ad esempio nel modo in cui uno Stato rispetta gli immigrati, i carcerati, i poveri, le famiglie bisognose, i bambini abbandonati, le donne violentate, gli anziani, i rifugiati e gli sfollati che sono circa 45 milioni. L’Italia può dirsi rispettosa di questa nuova etica?

 Ripartire dal piccolo

Esiste una via d’uscita: credere, insegnare e testimoniare che la costruzione dell’amicizia sociale, che fonda diritti e doveri, possa costruire un mondo migliore. Occorre ricominciare da «posti piccoli, vicino a casa, il quartiere in cui si vive, la scuola che si frequenta, la fabbrica, il campo o l’ufficio in cui si lavora», come ricordava Eleanor Roosevelt, una tra i protagonisti della Dichiarazione dei diritti dell’Uomo del 1948.
Il colpo d’ala rimane quello di scommettere sui principi (costituzionali) di solidarietà e di uguaglianza, di libertà e di sussidiarietà per sostituire l’attuale modello di sviluppo non più sostenibile. Il desiderio di abbracciare “più-vita” non passa da un nuovo “rinascimento”, come alcuni politici propongono, in cui si ri-nasce seppellendo ciò che è stato, ma da un “ri-sorgimento” sociale e spirituale in cui la vita, che porta i segni del dolore e della morte di questo drammatico anno, si rialza dallo stato piegato in cui si trova, rendendo tutti più umani e più vicini.
Basterebbe che ciascuna delle ventiseimila parrocchie italiane aiutasse a ritrovare le radici nella responsabilità generosa verso i territori che si abitano e nel sogno europeo degasperiano o del personalismo di Maritain e di Paolo VI. Davanti a noi si è aperto il tempo (spirituale) del pensare, del fare e del connettere. Esistono esperienze di buona amministrazione pubblica, associazioni del terzo settore, le community legate sull’etica ambientale e della rete, i progetti di economia sociale e imprenditoria solidale da unire insieme. Tutto questo è ciò in cui crede anche Comunità di Connessioni che, senza chiedere e pretendere, da anni porta avanti silenziosamente un progetto culturale che rimane al servizio di tutti.

 

 

Dell’Autore segnaliamo:
Le politiche del popolo. Volti, competenze e metodo,
Edizioni San Paolo, Roma 2021

 e il sito di “Comunità di Connessioni”:

https://comunitadiconnessioni.org/