Ce la ricordiamo tutti negli anni ’90 sul grande e il piccolo schermo. Poi, dal 2000, molto meno. Tanto che su Google, nelle ricerche più frequenti, c’è il suo nome associato alla domanda “Cosa fa oggi?”. In modo del tutto inatteso, l’abbiamo incontrata: gestisce un’Associazione per le opere di misericordia, si prende cura di ragazzi con difficoltà, si definisce missionaria della misericordia di Dio. Ma, soprattutto, vive una fede concreta e solida che sa trovare, senza tante teorie, le strade più efficaci per evangelizzare oggi.

a cura di Gilberto Borghi

 Da dove viene e dove va?

Intervista a Claudia Koll

 Come inizia quello che oggi vivi?

Sono consapevole di aver ricevuto una grazia grande.

Quando ho cominciato a fare le testimonianze in giro, dove venivo chiamata, sentivo che mancava nell’annuncio qualcosa di concreto. Una volta incontrando un vescovo del Congo gli dissi: «Eccellenza, la vorrei aiutare». Ero già stata in Africa con i Missionari Salesiani, testimonial per loro, e avevo conosciuto l’estrema povertà e precarietà di quelle persone. E lì avevo capito che la mia testimonianza non poteva bastare e che le parole dovevano essere accompagnate dalle opere. Avevo girato un piccolo video, da sola, in Africa. Alla fine delle testimonianze lo distribuivo in cambio di un’offerta e il ricavato andava ai poveri. Ma di fronte a quel vescovo decisi che avrei potuto organizzare molto meglio le cose per aiutare queste persone. In quel periodo, pochi mesi dopo la morte di san Giovanni Paolo II, diedi vita all’Associazione “Le Opere del Padre”. L’Associazione si occupa dei poveri in Africa, soprattutto in Burundi, ma anche delle persone senza tetto e senza fissa dimora in Italia, a Roma in particolare.
Tredici anni fa, presi in affidamento un ragazzo del Burundi, che aveva bisogno di cure mediche. Il ragazzo è poi rimasto ed è cresciuto con me.
Nel febbraio 2020, la zia di questo ragazzo è venuta in Italia per fare operare al cuore un bambino di quattro anni. Dopo l’operazione, i medici non hanno ritenuto che il bambino fosse in grado di viaggiare. Ho così preso in carico la situazione del bambino, assumendone la tutela legale prima in Burundi e poi in Italia.  Questo bambino è per me un grande dono di Dio. Un dono che mi ha chiesto di modificare le mie abitudini e i miei tempi spirituali per un amore più grande.

 Mi sembra di capire che tu segua molto ciò che Cristo ti fa percepire come direzione da perseguire, anche se rimette in discussione a volte le sicurezze precedenti. È così?

All’inizio del mio cammino io facevo un’esperienza e solo dopo il Signore me la spiegava con la parola di Dio. Mi sono trovata ad assistere una persona terminale di AIDS. Si chiamava Giuseppe. Ero andata solo per salutarlo, al centro Caritas dei Parioli. Lui non poteva parlare. Mi guardò dritto negli occhi e mi arrivò dentro tutta la sua paura di morire. Gli presi la mano e gli cambiai la maglietta sudata. Poi, guardandolo, vidi che faceva fatica a respirare. Vedendo quelle perle di sudore sulla sua fronte, incominciai a pensare a Gesù nel Getsemani. E lì mi si aprì il cuore, riempiendosi di amore per Giuseppe. Ricordo che mi chiesi: «Cosa mi sta succedendo?». Erano i primi tempi che andavo a messa e qualche giorno dopo la Parola mi regalò una luce: «Ogni volta che avete fatto una di queste cose, a uno dei più piccoli, l’avete fatta a me». E lì capii che incontravo Cristo così, in colui che soffre.
Ciò mi nutriva del Suo amore e mi conduceva a fare esperienze molto particolari, nelle quali avevo la percezione che Cristo mi spingesse ad accorgermi di una persona e delle sue sofferenze per portarle l’aiuto e la consolazione che potevo. Una volta, all’uscita dalla chiesa, trovai una ragazza che piangeva, prostrata per terra. Mi avvicinai e le chiesi: «Che succede?». Scoprii che, purtroppo, aveva perso un bambino durante la gravidanza, in modo naturale. La consolai, iniziai ad aiutarla e ne nacque una lunga amicizia. Quando poi ebbe un altro bambino, io fui la sua madrina di battesimo, comunione e cresima, secondo la tradizione della Chiesa Ortodossa a cui lei appartiene.

 Su cosa stai appoggiata e di cosa ti nutri spiritualmente?

La messa tutti i giorni e l’adorazione almeno trenta minuti, altrimenti non sto in piedi.
All’inizio ebbi un padre spirituale molto bravo, che mi sostenne davvero nel mio duro combattimento. Dopo la sua morte, ho fatto sempre più fatica a trovare qualcuno che mi potesse accompagnare e ho dovuto cominciare a camminare un po’ di più sulle mie gambe, rafforzando l’assoluta importanza della relazione quotidiana con la Parola e con l’Eucarestia. Comunque, in via ordinaria una volta al mese e poi ogni volta che ho dubbi importanti o che devo fare un discernimento particolarmente complesso, mi rivolgo a un vescovo che mi sa consigliare e aiutare. Un’altra cosa che mi aiuta molto è incontrare la tenerezza e la misericordia di Dio nella confessione.
Ovviamente, il mio è un cammino: ci sono dei punti stabili che poggiano sulla fedeltà di Dio e che sostengono tutto il mio percorso nei diversi cambiamenti e nelle nuove sollecitazioni. È un cammino nella misericordia. Quando i miei impegni mettono in crisi i tempi e i ritmi abituali della mia presenza diretta a Dio, sento che la relazione con Lui è così profonda che questo non mette in crisi il rapporto. Quello che sperimento più profondamente con Dio è il fatto che c’è, che è fedele nell’amore, che non si sposta e che lo ritrovo sempre. Per me la sua presenza significa che mi sento sempre accolta, sempre amata nelle mie fragilità e sempre spinta a crescere e a ripartire.

 Cosa pensi della crisi della Chiesa?

Ci sono molte situazioni dolorose, ma una crisi può essere anche un’occasione di crescita. E penso che Papa Francesco stia invitando la Chiesa a crescere. Da parte mia, accolgo il suo invito con gratitudine. Papa Francesco ci invita anche a essere testimoni e a evangelizzare; ci spinge a condividere, con le parole e con la vita, la bella notizia che abbiamo ricevuto: siamo tutti figlie e figli amati da Dio. Io cerco di fare la mia parte in questo annuncio, mettendomi nei panni di ogni persona che incontro e parlando il Vangelo nella sua lingua.