La grande sala della curia che il vescovo ci ha prestato per riprendere a fare il thè in presenza, odora di polvere e di chiuso. Mi fermo un attimo sulla soglia per sistemarmi la mascherina e mi chiedo un po’ impaurita se anche il mio cuore non abbia assunto quell’odore stantio in tutti questi mesi di forzata distanza dalla gente del thè…

a cura della Caritas diocesana di Bologna

 

Yes, we can

La sostenibile semplicità del rispetto

 IL THÈ DELLE BUONE NOTIZIE

Quando entro il cerchio è già quasi composto. Facce allegre e familiari mi vengono incontro e parte un giro di saluti e commenti che mi fa sentire di nuovo a casa.

Può essere che, dopotutto, certe relazioni e certi contesti siano immuni perfino alle pandemie globali? Ma non ho tempo di cercare risposte perché Maura è decisamente sul pezzo e vuol cominciare. Il tema di oggi è “l’ecologia”.
«Per introdurlo», dice Maura, «vorrei leggervi un piccolissimo estratto di un discorso pronunciato da un capo indiano nel 1854. È la risposta che il capo Lakota ha dato all’allora Presidente americano che intendeva “comperare” la terra nella quale gli indiani vivevano per offrire loro in cambio una vita nelle riserve governative».

 Capriolo zoppo dice

Maura legge e tutti ascoltiamo attenti: «Ecco cosa dice Capriolo Zoppo: «Noi sappiamo una cosa che l’uomo bianco forse un giorno scoprirà: il nostro Dio è lo stesso Dio. Può darsi che voi ora pensiate di possederlo, come desiderate possedere la nostra terra. Ma voi non potete possederlo. Egli è il Dio dell’uomo e la Sua compassione è uguale per l’uomo rosso come per quello bianco. Questa terra è preziosa anche per Lui. Far male a questa terra è disprezzare il suo Creatore…».
«Io penso che anche te, Maura, hai un cuore indiano», interviene Daniele che da sempre studia e stima la cultura degli indiani d’America, «e penso che sotto sotto anche l’umanità abbia un cuore indiano, ma non se lo ricorda più. Gli indiani amavano e rispettavano la terra. Avevano pazienza. Avevano valori veri, non come accade ora, che si fa sempre la scelta più veloce ed economicamente opportuna. Non si sfruttava la terra, la si rispettava, senza forzarla. Gli indiani non manipolavano la natura e non pretendevano che lei reagisse esattamente come volevano…».
«Posso farti arrabbiare, Daniele?», si intromette timidamente Maurizio, «Secondo me non è che gli indiani avevano dei valori “migliori”: anche i bianchi avevano dei valori. Cioè bianchi e indiani portavano avanti entrambi valori positivi, benché diversi: il fatto è che i bianchi non sono riusciti a rispettare i propri! Oggi l’umanità ha assunto anche altri valori: questo è il rischio; ad esempio ora c’è il “valore della tecnologia”…».
«Io son cresciuta all’epoca mia e non c’era questa roba tecnologica», sottolinea Maria Rosaria. «Perciò per me è come per uno che non è mai andato a scuola: per forza non sa leggere! Così son io con la tecnologia. Il vero problema ecologico è questo: certamente oggi il mondo è davvero di tutti, ma non tutti hanno modo di accedere alle cose disponibili…».

 Nonno Leone conferma

«Se invece io penso al problema ecologico», ed è la voce di Leone a farsi sentire nel cerchio, «mi viene in mente il dissesto idrogeologico che c’è dalle mie parti. Molti pendii di quelle terre venivano terrazzati per essere coltivati e, sotto ai muretti a secco che reggono queste terrazze, venivano fatti dei solchi per far defluire l’acqua piovana… Mi ricordo di mio nonno - lui si chiamava Leone come me - che appena vedeva arrivare le nuvole, lasciava i suoi lavori e correva a controllare che i solchi fossero ben puliti in modo che la pioggia potesse scorrere via senza far danni. E allo stesso modo aveva imparato a fare mio padre… piano piano però le campagne son state abbandonate, molte delle case erano abusive e son state abbandonate per forza. I solchi si son riempiti di detriti a cui nessuno bada più, perché nessuno cura più quelle terre e nessuno guarda più le nuvole in cielo… Eppure una cosa io l’ho ereditata: questo istinto di pulire non appena vedo cadere troppe foglie in giro…». «E va a finire che i valori degli indiani erano anche quelli di nonno Leone…», butta là Maurizio strappandoci un sorriso, per poi riprendere, serio: «Mah! Forse l’inquinamento vero è quello delle nostre teste che ora pensano troppo all’interesse e al danaro…».

«Ai miei tempi, quando ero giovane, si parlava molto, di tantissimi temi», riflette con coraggio Carla a voce alta, «Da ragazza, ho pensato molto al tema dell’emarginazione e più in generale sulla condizione umana, ma poco o pochissimo sull’ecologia…Nel tempo, soprattutto grazie ai media, ho compreso quanto invece sia un tema di enorme interesse per tutti noi. Ma come tutte le cose “indotte”, fatico a sentirle profondamente “mie”. Forse è perché, istintivamente, non avendo figli, mi sento egoisticamente “finita“ e meno proiettata al futuro…».
«Io invece son cresciuta in un tempo in cui tutto si aggiustava e nulla si poteva sprecare», dice Maria, la voce intrisa di tristezza, «ora invece siamo immersi nella società dell’usa e getta. Abbiamo tante cose, ma le amiamo poco. Tutto viene gettato presto e il risultato è una nuova isola di plastica nel Pacifico… Il problema ecologico a me pare una cosa talmente enorme che mi trovo a sentirmi piccolissima con la mia ridicola raccolta differenziata!».

 Coltivare positività e rispetto

«Ah! La raccolta differenziata!», parte Gabriele con la sua pungente ironia e una grandinata di parole ci investe, «Ne vogliamo parlare? Bella quella complicatissima alla quale siamo obbligati e che rende la nostra città invivibile: tocca zigzagare sui marciapiedi fra i sacchi di plastica e litigare con i cassonetti elettronici che si aprono solo se hai una laurea in ingegneria meccanica e solo se usi carte di pura plastica oltretutto! Ma avete mai provato a camminare? Provate voi a fare i pedoni schivando bici, monopattini o altre ecologiche diavolerie che continuamente ti si incrociano davanti! Si rischia l’investimento ogni due per tre! A me questo modo di strumentalizzare il tema dell’ecologia mi fa solo arrabbiare!».
«In tutto ciò, mi sa che abbiamo perso qualche collegamento importante», è Sara a parlare; la sua voce pacata arriva in profondità, «Se io prima di tutto non vivo un buon rapporto con me stessa e con il mio corpo, come potrò vivere in modo ecologico? Se non coltivo in me la positività, come posso credere che la raccolta differenziata serva a qualcosa?». «Sì e forse manca anche molto la sacralità, intesa come rispetto dell’altro e quindi del mondo», aggiunge Angela.
«Io credo però che noi siamo importantissimi», dice Maurizio guardandoci con i suoi occhi sorridenti, «Possiamo fare tantissimo. Pensateci: in fondo il rispetto è alla portata di tutti. Il rispetto per sé, per gli altri, per gli animali, per la natura e per il mondo intero. Se ognuno di noi diventasse semplicemente più rispettoso, avremmo risolto già tanto, non credete?».
Da dentro mi sale un sorriso. Anche le questioni più complesse possono essere affrontate insieme con semplicità. Mi concentro e annuso il mio cuore: profuma di Bene. Ben ritrovati, amici del thè!