«C’è un grande prato verde dove nascono speranze» cantava un giovane Gianni Morandi. In un carcere il prato verde è un lusso. Per troppi sono un lusso anche le speranze. L’ecologia si occupa di garantire un futuro all’ambiente e all’umanità che ospita. Non ci importa sopravviva l’ambiente carcere; ci importa sopravviva l’umanità che ospita. Se l’ecologia è un discorso sul futuro ci interessa, perché ne abbiamo bisogno per vivere. Abbiamo bisogno di prati verdi, ma soprattutto di speranze.

a cura della Redazione di “Ne vale la pena”

C’è un grande prato… grigio

Oh, carcere, carcere, dimmi: l’ecologia che cos’è?

  DIETRO LE SBARRE

Da cemento e ferro circondato

Chi entra in carcere per la prima volta è impressionato dal fatto che ovunque si giri è circondato da cemento e ferro,

percependo addosso la pesantezza e la rigidità del luogo. Le aree verdi sono ridotte al minimo, e difficilmente sono accessibili da chi vive qui, se non in occasioni particolari. Il panorama che ogni detenuto vede quando si affaccia alla finestra della propria cella è filtrato dalle sbarre di ferro e, come se non bastasse, anche da una grata di ferro: in ogni caso, oltre i riquadri, c’è un muro di cinta grigio.
L'unico luogo in cui si può entrare a contatto con un po' di natura è il campo da calcio, a cui accediamo una volta a settimana; il prato d'erba stimola i reclusi più restii ad uscire al “passeggio” nei cortili di cemento, a farsi una passeggiata, a praticare attività fisica, oppure a giocare a calcio nel campetto. Mentre i cortili sono gabbie di cemento di piccole dimensioni, la superficie del campo è molto vasta, tale da dare una sensazione di libertà e sollievo a chi trascorre le proprie giornate rinchiuso in spazi ristretti. Grazie alla luce naturale del sole anche la vista si giova di questo piacevole momento: gli occhi, potendo individuare obiettivi più distanti da mettere a fuoco, finalmente si rilassano. Spesso alcuni detenuti si siedono direttamente a terra, perché così si rilassano, ed immagazzinano energia positiva scaricando quella negativa che si accumula vivendo in un ambiente così cupo. I campi di calcio all’interno degli istituti penitenziari sono uno spazio importante; soprattutto chi dovrà trascorrere tanti anni chiuso non dimenticherà l'odore dell'erba fresca e la sensazione piacevole di tanti metri a disposizione.
In carcere non ci sono progetti di educazione ambientale e, in generale, chi è qui difficilmente ha una sensibilità personale già sviluppata. L’attenzione ai temi ecologici è una questione che attiene alla responsabilità personale, e dovrebbe essere sviluppata sia nelle persone libere che in quelle detenute; infatti, la rieducazione di chi è condannato deve tendere proprio alla responsabilizzazione, e mai come in questa fase storica i temi ambientali richiedono un coinvolgimento personale a partire dai comportamenti quotidiani.
Qui invece il contesto sembra andare dalla parte opposta un po’ per le cattive abitudini di ognuno di noi, un po’ perché il sistema non incoraggia comportamenti virtuosi. La televisione sta accesa tutta la giornata anche quando nessuno la guarda; le luci sono sempre accese e non possono essere spente, tanto che per avere un po’ di tregua siamo costretti a coprirle; l'acqua dei lavapiedi quando arriva il caldo scorre h24 per rinfrescare bibite e conservare gli alimenti deperibili, dal momento che non abbiamo frigoriferi ma solo alcuni congelatori in comune. Lo spreco consistente di acqua va certo biasimato, ma, nello stesso tempo, non sarebbe possibile acquistare a nostre spese un frigorifero per ogni sezione detentiva.
Il problema principale è che nessuna comunità, libera o reclusa, può rinunciare facilmente alle comodità per salvaguardare l’ambiente. Perché ciò avvenga è importante far comprendere gli effetti dei comportamenti individuali sulla nostra Terra.

Emme Igli

 Pannelli fotovoltaici sui tetti della Dozza?

L’energia pulita fotovoltaica è probabilmente il futuro per l’essere umano: fior fiore di ingegneri sono alla costante ricerca dei migliori metodi per catturare luce solare e trasformarla in energia.
Su via del Gomito – vicino al carcere - c’è un parco fotovoltaico, a terra, brutto e antiestetico, secondo la mia personalissima opinione. Adesso, infatti, non ci sono pannelli belli, che magari si sposino con l’architettura del contesto urbano, ormai alla periferia della città, quasi in campagna.
I piccioni, qui alla Dozza, alloggiano su un complesso di “attici” di oltre 5.000 metri quadrati, con superfici piane come un biliardo, che sarebbero perfette per trasferire il brutto parco fotovoltaico in una migliore location, e cioè sulla struttura del carcere che penso sia una dei più orribili edifici di Bologna e provincia.
Se si potesse tappezzare i nostri attici di pannelli fotovoltaici forse l’edificio potrebbe diventare più gradevole, con un che di futuristico, e magari potrebbe svilupparsi qualche attività lavorativa qui all’interno. Una superficie così vasta ha potenzialmente un grande valore economico e potrebbe generare circa 2 megawatt di energia elettrica: la Dozza diventerebbe autonoma per i propri consumi e potrebbe anche immettere il surplus in rete, per la collettività. Così noi detenuti sopravviveremmo su uno “pseudo marte”...

Il Betto

 Il pianeta sta morendo, anche qui

Lo smog che attanaglia le nostre città e tonnellate di rifiuti non gestiti secondo le norme stanno provocando la morte dei mari. Sconvolgenti cambiamenti climatici con surriscaldamento della temperatura terrestre, scioglimento dei ghiacci polari, danni all’agricoltura sono ormai all’ordine del giorno. Il susseguirsi e accavallarsi di questi eventi, rimbalzati dal tam-tam televisivo, sono gli aspetti più eclatanti di un più profondo processo di degrado ambientale che sta subendo il nostro pianeta.
La mancanza di rispetto della Terra, delle piante, delle acque e degli animali, mi ha ricordato le parole del famoso discorso tenuto dal capo indiano Seathl che parla ai “bianchi” per contestare la reclusione degli indiani nelle riserve. «Io vedo bene, dai vostri occhi e dai vostri comportamenti, che la vostra città produce immondizie ed esse, un giorno, vi annegheranno… Voi ora apparite incapaci di un sentimento che non sia l'odio: l'odio e la paura, che vi spingono ad azioni che non hanno per fine solo la distruzione degli altri, ma anche la vostra. L'odio e la paura, che vi impediscono di capire che la stirpe umana è come il sole e che i popoli ne sono i raggi e che quando un popolo muore il sole comincia a morire e la terra diventa più fredda. L'odio e la paura che non vi danno coscienza del fatto che le specie animali sono le radici che uniscono il cielo alla terra e che l’uomo non può recidere se non vuole morire».
Sono parole drammaticamente e sorprendentemente vere, nonostante siano state pronunciate tanti anni fa ed in un contesto completamente diverso dal nostro. Pensando al microcosmo carcere trovo tante analogie con la situazione generale: manca un indirizzo deciso delle istituzioni e al tempo stesso la sensibilità individuale è per lo più carente se non assente. Lo spreco di cibo, di luce, di acqua, di energia elettrica, la non gestione dei rifiuti sono un’evidente segno di colpevole disattenzione; l’ecologia è un valore assolutamente assente di qua dal muro!

L. C.