Per fare un tavolo ci vuole un… tavolo usato

Riciclo e riutilizzo nel campo di lavoro dei Cappuccini di Imola

 di Federica Ferri
ingegnere chimico

 Da bambina avevo un “mangiadischi” e il testo di uno dei 45 giri, che ascoltavo più assiduamente, era una canzone di Sergio Endrigo:

«Le cose d’ogni giorno / Raccontano segreti / A chi le sa guardare / Ed ascoltare». «Per fare un tavolo ci vuole il legno / Per fare il legno ci vuole l’albero / Per fare l’albero ci vuole il seme / Per fare il seme ci vuole il frutto / Per fare il frutto ci vuole il fiore / Per fare un tavolo ci vuole un fiore».
Col passare del tempo e nel corso dei miei studi ho imparato che per fare un tavolo in realtà occorre anche tanta energia e tanta acqua. Quantità che si possono valutare grazie a specifiche metodologie, come l’LCA-Life Cicle Assessment o Analisi del Ciclo di Vita. Attraverso software e banche dati, in continuo aggiornamento, si quantificano i consumi e gli effetti sull’ambiente relativi a un bene per tutto il periodo del suo utilizzo from cradle to grave, ovvero dalla culla alla tomba. Per esempio, l’albero per il nostro tavolo, dopo essere cresciuto assorbendo acqua, deve essere tagliato, trasportato e lavorato (segato in assi, trattato con prodotti, assemblato) utilizzando macchinari che hanno bisogno di carburanti o di essere collegati alla rete elettrica. Deve essere trasportato al negozio e poi alla casa dell’acquirente e alla fine gestito come rifiuto. Per la “vita” e per lo smaltimento finale di qualsiasi oggetto o bene occorrono materie prime, energia e acqua (che viene utilizzata in grandi quantità in tutti i processi, per lavare, diluire, sciogliere, raffreddare, ecc).

 Riciclare vuol dire risparmiare (emissioni)

Sempre per restare in tema di alberi, nella città di Imola furono i volontari del gruppo missionario dei frati cappuccini i primi a raccogliere nel 1976 la carta straccia dalle abitazioni private. Prima che ci pensasse il Comune o una delle grandi Aziende di servizi. Quanto raccolto veniva inviato alle cartiere per il riciclo. Per comprendere il bilancio ambientale di questa azione, possiamo mettere a confronto due “ricette” per la produzione di una tonnellata di carta.
Se si parte da materia prima vergine occorrono: 17 alberi, 440.000 litri di acqua e 7.600 kwh (chilowattora) di energia elettrica (gli alberi devono essere abbattuti, tagliati, sminuzzati e la polpa viene lavorata utilizzando macchinari energivori ed acqua). Partendo da carta riciclata occorrono 0 (zero) alberi, 7.800 litri di acqua e 2.700 kwh di energia elettrica: un bel vantaggio in termini di impatto ambientale, ancora più evidente se si riflette sul fatto che un risparmio di energia elettrica comporta di pari passo un risparmio di emissioni, in termini di anidride carbonica e di altre sostanze inquinanti, perché purtroppo i combustibili fossili nel loro insieme vengono ancora utilizzati a livello mondiale per la produzione di oltre il 60% di energia.
Fino a qualche anno fa chiunque frequentasse il campo di lavoro o il mercatino trovava fra Vittore intento a smontare gli elettrodomestici non più funzionanti: lavatrici, frigoriferi… Con una dedizione instancabile metteva la sua forza e le sue grandi mani a servizio del Creato. Separava minuziosamente i metalli: rame, alluminio e ferro che venivano venduti alle fonderie. Tante materie prime, già pronte senza dovere ricorrere all’estrazione di minerali. Basti pensare che in un frigorifero vi sono circa 25 kg di ferro, 1 kg di rame e 1 kg di alluminio, mentre in una lavatrice vi sono circa gli stessi metalli con 15 kg di ferro in più. Tanto che il riciclo di una lavatrice evita l’immissione in atmosfera di 7,5 kg di CO₂ (anidride carbonica) e un risparmio di 36,7 kWh rispetto all’energia necessaria per estrarre le stesse quantità di materie prime “vergini”.

 Uso e riuso

Il risultato non vale solo per la carta e gli elettrodomestici ma anche per tutti gli altri oggetti: ogni volta che si avvia qualcosa a riciclo si risparmiano materie prime, acqua ed energia elettrica e… si evitano emissioni inquinanti, compresi i gas responsabili come la CO2 dell’effetto serra. Con un piccolo gesto si contiene il contributo al riscaldamento globale del pianeta terra. Il dato, che già di per sé è di tutto rilievo, assume proporzioni maggiori se invece di riciclo si parla di riutilizzo.
Donando per esempio un libro al mercatino si evita di produrre un rifiuto e chi lo acquista usato evita di causare gli impatti, dovuti alla sua produzione, su un’ambiente sempre più stressato dalle attività umane. Col riuso di tanti libri - sono centinaia di migliaia quelli transitati al mercatino - oltre a non aver tagliato alberi si sono utilizzati zero litri di acqua, zero chiloWattora di energia elettrica e… prodotte zero emissioni inquinanti!
Queste considerazioni valgono per tutti gli oggetti transitati dal mercatino negli oltre 40 anni di attività: tante tonnellate di libri e giornali, di capi di abbigliamento, giochi, arredi, stoviglie, elettrodomestici, mobilio e quant’altro. Oggetti che hanno avuto la possibilità di una seconda o terza vita in nuove case. Il tutto tra l’altro in linea con La Direttiva 2008/98/CE “Direttiva Quadro Rifiuti” (entrata in vigore oltre 30 anni dopo l’inizio dell’attività dei volontari per le missioni!!) che stabilisce un quadro giuridico comune a livello europeo per la gestione e il trattamento dei rifiuti. La norma, che mira a proteggere l’ambiente e la salute umana attraverso la prevenzione degli effetti nocivi della produzione e della gestione dei rifiuti, individua alcune azioni. Le più importanti, in ordine di priorità, sono la prevenzione della produzione di rifiuti, la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio.

 Un bilancio più che positivo

Il mercatino in tutti questi anni ha operato istintivamente, senza saperlo, in ossequio a questi 3 punti. Della prevenzione della produzione (vendita di oggetti usati) e del riciclaggio (vendita agli impianti di carta, stracci, metalli) abbiamo detto. Per quanto riguarda il secondo punto, la preparazione per il riutilizzo, la norma europea si riferisce a processi industriali: controllo, pulizia, smontaggio e riparazione su prodotti o componenti di prodotti allo scopo di prepararli ad essere nuovamente reimpiegabili in nuovi cicli di consumo. Ma anche queste azioni sono state ripetute migliaia di volte dai volontari del mercatino, in particolare possiamo pensare al “reparto elettrico”. Quante centinaia di apparecchi sono stati provati e riparati? Quante radio, lampade, computer, stampanti e ogni altra sorta di elettrodomestico invece di finire tra i rifiuti sono finiti in nuove case ed utilizzati?
Le attività degli uomini nell’ultimo secolo hanno causato sul nostro unico pianeta modifiche territoriali, strutturali e climatiche tanto da farci entrare in una nuova era geologica, oramai comunemente definita Antropocene. In questo contesto l’attività del campo di lavoro e del mercatino dei Cappuccini, anticipando le normative europee e la sensibilità alle problematiche dell’ambiente che si sta diffondendo ultimamente, è andata controcorrente: ha costruito silenziosamente, anno dopo anno, un bilancio ambientale positivo.