LasciateLo cantare
Ciò che potrebbero essersi detti Francesco e Leone prima del Cantico
di Fabrizio Zaccarini
della Redazione di MC
1225, frate Francesco ha già le stimmate, fr. Leone, sr. Chiara e le sorelle si prendono cura di lui a San Damiano.
Francesco (F) Leone vieni, cantiamo insieme. Leone dove sei? Su Leone, vieni a cantare con me?
Leone (L) Francesco, ti devo medicare e lavare. Ti sembra questo il momento di cantare?
(F) Leone stavolta devi accontentarmi, ne ho così tanta voglia!
(L) Io non ti capisco più Francesco. Sei piagato, nel tuo corpo non c’è niente di sano, il nostro ordine sta per andare a rotoli e tu hai voglia di cantare! Ma non ti rendi conto? Tu sei davvero matto, tutto matto, e cieco, per giunta! I tuoi occhi ormai vedono solo buio e tu non vedi oggi e non vedrai domani gli ulivi e
(F) Sì, i nostri ulivi mi sono sempre stati cari e io non li vedo oggi… e non li vedrò domani, ma il vento viene e gli ulivi cantano con lui, io li sento e so che allungano le fronde fino ai frantoi per donare ad Assisi l’olio del prossimo anno. Leone tu non li senti?
(L) … ah, Francesco! Tu non vedi oggi e non vedrai domani, l’acqua dei ruscelli che fa le capriole sui sassi e disseta le pecore e i pastori.
(F) Però, quando tu mi lavi, l’acqua passa sulla mia pelle. Come gli ebrei la notte di Pasqua nel mare aperto. Mi libera la faccia dalla polvere, le piaghe dal pus e dal sangue rappreso. E le gocce che cadono nel catino? Non è un bel canto quello? L’acqua è così umile ed utile. E preziosa anche.
(L) E il fuoco? Lo amavi tanto, ma ora se ti avvicini al fuoco i tuoi occhi impazziscono e tu diventi tutto dolore. Quante volte abbiamo pregato e ascoltato la storia della vocazione dei frati attorno al fuoco? E la notte che tu tagliasti i capelli a Chiara qui a san Damiano? Quante fiaccole avevamo acceso... Ti ricordi?
(F) Certo Leone, mi ricordo. Ma fratello fuoco continua a volermi bene. Quando i medici mi hanno voluto curare gli occhi con la sua forza, io gli ho chiesto di avere pietà di me e lui è stato così gentile che, nonostante la cauterizzazione, non mi ha quasi provocato dolore.(L) A te piaceva pregare prostrato a terra. Lei era il pavimento e il cappuccio dell’abito il tetto della tua cella. La terra tu non la vedi oggi e non la vedrai domani!
(F) Non la vedo e neanche posso camminare a lungo su di lei come facevamo un tempo per giorni e giorni. Lei però non mi ha abbandonato. Sempre la sento sotto di me, che mi tiene su, tenera e ferma, come una Madre, come una sorella, buona e libera. Dalle sue zolle il buon Dio dona agli uomini la grazia del lavoro, il frumento per il pane e la vite per il vino che regala la gioia al cuore dell’uomo.
(L) E Chiara e le sorelle Francesco? Tu non le vedi oggi e non le vedrai domani. Nemmeno loro, nemmeno Chiara che si illumina in volto quando ti incontra.
(F) Chiara si illumina perché è già tutta presa dalla Luce. Io per lei sono un povero ed inutile riflesso. Lo sai bene Leone, un altro le ha preso il cuore. È lo stesso che a me ha cavato il mio. E adesso che sono cieco, io e Chiara, come terra che riposa davanti allo stesso invisibile sole, stiamo zitti e ricolmi di Lui.
(L) Ma tu credi che io non veda quanto ti fa male un solo raggio di luce? No tu non puoi riposare al sole come un campo di grano, tu sempre al buio, sempre bendato…
(F) È vero Leone. I raggi del sole per me sono come una tortura. Eppure, Lui è il messaggero dell’Altissimo anche per me. Lui rivela a tutte le creature il significato delle cose, l’amore appassionato del Creatore che le avvolge, facendole crescere e splendere, diverse, ognuna come Dio stesso le vuole.
(L) Se almeno di notte tu potessi vedere la luna e le stelle! Non sarebbe una consolazione grande per te?
(F) Certo, lo sarebbe. Ma perché poi, dovrei perdere tempo a cercare quello che non ho e non posso avere? No, io non voglio lottare contro la natura delle cose e contro il mio corpo malato.
(L) E va bene. Tu sei cieco e noi possiamo ugualmente cantare. Ma perché dovremmo? Sai, Francesco, cos’è che proprio non capisco? Da quando siamo tornati dalla Verna, a te sembra non importi più nulla dei frati. Avevi detto che avresti chiamato i servi del Signore (angeli o diavoli, non ho capito bene…) a punire i frati che non vogliono osservare la Regola che Dio ci ha dato. Te lo ricordi? E invece adesso tu gli lasci fare quello che vogliono. Non vedi che i fratelli non vogliono più vivere come abbiamo sempre fatto? Molti non vogliono più curare i lebbrosi e lavorare nei campi con i contadini!(F) Le tue preoccupazioni sono le mie e sì, lo ricordo bene quel giorno. Ma alla Verna ho capito che proprio quelle parole non andavano d’accordo con la nostra regola. Quel giorno ero anch’io come Pietro di Bernardone che voleva spadroneggiare sulla mia vita. Anch’io, come lui, non volevo restituire a Dio il dono ricevuto. I fratelli che Lui mi aveva donato, io volevo tenerli stretti nel mio pugno. Era questo, sai, che mi rendeva così triste. Dio mi ha parlato, è vero, non è stata una fantasia, ma le sue parole non erano per me solo. Erano per la Chiesa e per il mondo. Come gli ulivi, l’acqua e tutta la creazione. Tutto è di tutti, soprattutto le parole di Dio e i fratelli. Allora ho detto al Padre: “sia come vuoi Tu, non come voglio io” e dopo non ero più padre padrone. Ero tornato figlio, fratello e servo inutile, allora sono diventato davvero padre perché la vita ai frati minori solo Dio la donava, perciò non era mia e io non volevo più controllarla, come se lo fosse. Finalmente posso dire “ho fatto la mia parte, Cristo vi insegni la vostra”.
(L) Sia come sia, tu stai male, e presto, da un giorno all’altro… potresti anche…
(F) …morire. Dillo pure, non vergognarti Leone. Morire! Sì, morire. Sì… ma non tra qualche giorno…non tra qualche ora… e neanche tra un mese o un anno. No, Leone: Francesco è già morto. Francesco non vive più, lo sai perché? Cristo vive in me! E siccome Cristo vive in me, anche se io non vedo Lui vede e Lui canta in me! E io ormai vivo, vedo e canto solo in Lui, solo di Lui, solo per Lui, Lui crocifisso, Lui morto, Lui risorto. Ogni più piccola cosa mi parla di Lui ed è Lui. Così io, neonato, sto nelle braccia del Padre, il cuore infibulato, macinato, distrutto, fatto nudo e libero, torchiato e riconciliato nel suo Spirito, nel suo amore. Io incarnato nella stessa carne del Verbo, radicato nella sua Luce, adesso, da cieco, vedo il mondo come non l’avevo mai visto.
(L) Sì, ma di noi, frati minori, di noi, senza di te che ne sarà?
(F) Non lo so Leone, io non lo so cosa sarà di voi. Certo, non sarà facile, non è mai facile la via del Vangelo e non c’è Pasqua che non passi attraverso la croce, e vita che cresca senza attraversare la morte, ma io pregherò per voi e sempre il Signore sarà con voi. Per me al di là del buio degli occhi, anzi attraverso e dentro a questo buio invincibile, tutto è già Luce. Nel buio, oltre al buio e, forse, grazie al buio, nel cuore mi rimane sovrana la gioia di Dio e il canto della Creazione. Capisci Leone perché ho tanta voglia di cantare? Fammi contento: canta con me, anzi vieni, chiediamo al Creatore che le creature e l’amore degli uomini che soffrono, perdonano e muoiono, cantino a Lui. Tutto è trasfigurato, tutto è avvolto nel canto fraterno dei fratelli, delle sorelle, tutto. Scriviamolo insieme il canto nuovo della Creazione, lo chiameranno Cantico di frate sole! Ti piace Leone?
(L) Sì, Francesco, mi piace. Mi piace tanto. E scusami se piango, a te non dispiace se piango, vero?