Che il cappuccino fosse un homo poliformis lo si sapeva (avete mai incontrato un frate uguale all’altro, a cominciare dalla foggia e dal colore del saio?), ma che potesse rivelarsi un homo “polyhedricus” - il neologismo è d’obbligo - questo sembra davvero troppo.
Poliedrico potremmo definire anche padre Aurelio Rossi, che ci ha lasciati e che ricordiamo con affetto: un evangelizzatore a 360 gradi.

a cura della Redazione di MC

 L’Uno coniugato nei molti

Il poliedro cappuccino in Emilia-Romagna 

di Filippo Gridelli
coordinatore della Commissione per la formazione permanente dei cappuccini dell’Emilia-Romagna

 È noto come le Costituzioni dei cappuccini indichino la pluriformità come principio di interpretazione della Regola e ad essa paradossalmente affidino la salvaguardia dell’unità del genuino spirito di san Francesco.

Attraverso la pluriformità si intende altresì favorire la “libertà evangelica nell’agire, innanzi tutto in ciò che riguarda il rinnovamento della nostra vita, affinché lo spirito non si estingua” (Cost. 7,5). Se balza subito agli occhi quanto audace sia tale apertura per un testo normativo, appare altrettanto evidente il rischio a cui una versione smodata della pluriformità esponga i frati: un individualismo informe. Bastano a scongiurarlo il puntuale richiamo alla comunione fraterna e all’obbedienza (cf. Cost. 7,5)? Come immaginare la relazione-tensione tra intuizioni e qualità personali da un lato e la costruzione ordinata di un comunità - di un Ordine! - dall’altro? In quale forma può essere pensata tale imprevedibile armonizzazione?
Qui può entrare in gioco la figura del poliedro e sicuramente ciò è avvenuto per i Cappuccini della nostra regione in questa quaresima, cimentantisi con l’insegnamento di un altro… Francesco.

 Una regola (papa)francescana

Se “il signor papa” non ha un poliedro sul suo comodino, deve perlomeno tenerlo sulla scrivania accanto alla amata statuetta di san Giuseppe dormiente! Infatti dagli inizi del suo pontificato ad oggi la figura del poliedro compare nei suoi testi più autorevoli, da Evangelii gaudium (236-237) a Fratelli tutti (145, 190), passando per il proemio di Veritatis Gaudium e Amoris Laetitia (4). Sembrerebbero mancare all’appello Gaudete et exultate e Laudato sii, ma se non è difficile scoprire nella prima l’idea di una santità dalle tante sfaccettature - poliedrica, appunto -, la seconda poi è stata definita in toto una “enciclica poliedro”!
Ovviamente dietro questa figura geometrica si cela un concreto modo di pensare la costruzione sociale ed ecclesiale. Guardando alla realtà, che sempre ritiene più importante dell’idea (cf. EG 231-233), papa Francesco è convinto che il tutto sia superiore alla parte, ma anche che il tutto sia più della somma delle parti (cf. EG 234-235). La dimensione globale, che libera da ossessioni troppo limitate, non deve sacrificare e fagocitare quella particolare: si comincia infatti operando nel piccolo e con ciò che è vicino, per quanto in ottica più ampia (cf. FT 125).  Secondo tale prospettiva tensionale il modello ermeneutico non può essere «la sfera, che non è superiore alle parti, dove ogni punto è equidistante dal centro e non vi sono differenze tra un punto e l’altro. Il modello è il poliedro, che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità» (EG 236).
Non potendo qui approfondire la portata di questa nuova visione delle cose, basti ricordare che fino al Concilio Vaticano II - praticamente l’altro ieri! - la Chiesa si rispecchiava nell’idea di una societas perfecta, tanto perfetta quanto lo è una sfera. Ora il pontefice parla di poliedro, peraltro senza specificare trattarsi di un prisma o di un poliedro regolare! Nello “smantellare” modelli troppo ideali, il papa Francesco di oggi non è da meno del santo Francesco di ieri.

 

Il frate perfetto? Un cubista!

Quando Francesco d’Assisi pensa al perfetto frate minore, non riesce proprio a descrivere una figura a tutto tondo, scolpita a suon di virtù ideali. Forte della sua spiritualità più corporea che sacrale, preferisce guardare ai volti, ai cuori e ai corpi dei suoi fratelli. Come un pittore cubista ante litteram egli compone una figura attraverso uno sguardo che unisce in modo simultaneo e sfaccettato le qualità dei compagni. Nel buon frate minore si sovrapporranno allora la fede perfetta e l’amore alla povertà di Bernardo, la semplicità e la purità santissima di Leone, la gentilezza e la bontà cavalleresca di Angelo, l’elevata attitudine contemplativa di Egidio, la virtuosa incessante orazione di Rufino, la pazienza di Ginepro, la robustezza fisica e spirituale del vigoroso Giovanni delle Lodi, l’ardente carità di Ruggero ed infine, a dischiusura escatologica della composizione, la santa inquietudine di Lucido (FF 1782).
Francesco non presenta dunque un’immagine statica e compiuta, che sarebbe in fondo una proiezione della sua comprensione, per quanto altissima, della santità, ma valorizzando le peculiarità dei fratelli disegna una figura dinamica, in cui la fraternità è più dei singoli «ed è anche più della loro semplice somma» (FT 125).
Francesco&Francesco ci invitano a scoprire le ricchezze di ognuno, a valorizzare quanto ci unisce e a «guardare alle differenze come possibilità di crescita nel rispetto di tutti» (FT 134). Tale è il vangelo, che crea traiettorie fraterne, poliedriche e inclusive a partire dalla pietra angolare Gesù di Nazaret (cf. At 4,11; 1Pt 2,7).

 Quadragesima more geometrico demonstrata

Sull’onda di queste suggestioni, la quaresima dei cappuccini emiliano-romagnoli ha quest’anno messo da parte i tradizionali manuali di pietà per dedicarsi ad esercizi di “geometria francescana”. Ad onor del vero quando la proposta è stata lanciata via web dalla Commissione della formazione permanente non sono mancati sguardi ironici o perplessi, per quanto velatamente in streaming. Tuttavia con quel sornione fare cappuccino ogni convento si è messo all’opera per realizzare il poliedro fraterno.
Per i frati è stata occasione di bene-dirsi, cioè di cogliere e valorizzare i lati positivi di ogni fratello riscoprendo prima di ogni progetto comunitario o pastorale ciò che realmente compone la fraternità. Come nelle migliori famiglie, infatti, il volto delle persone con cui viviamo rischia sempre di esser dato per scontato o di non essere ben-visto.
Una quaresima che si rispetti, si sa, ha poi la sua penitenza: ogni fraternità ha dovuto fabbricare materialmente un poliedro che la rappresentasse. Così, tra il serio ed il faceto, ai barbuti frati è toccato ritirar fuori dal cassetto riga e squadra, metter mano a forbici, colla e cartoncino per costruire un poliedro riflettente «la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità». 
Quando in prossimità della Pasqua tutti i poliedri della Provincia sono stati montati in un video, neanche a dirlo se ne fosse visto uno uguale all’altro: il poliedro virtuale e quello pendente, quello taglia XXL e quello tascabile, quello misticheggiante e perfino quello canoro!
Risultato? «Il poliedro permette e provoca il dialogo, la linea retta fa dei cadaveri sul ciglio della strada, il cerchio chiude la vita» (Gh. Lafont). Si dirà: non ci sono più i cappuccini (e le quaresime!) di una volta, questi “sono fuori di testa”. Temiamo (e speriamo) sia proprio vero, lo afferma anche la canzone che fa da colonna sonora al Poliedro cappuccino in Emilia-Romagna!