Il ruolo effettivo della fraternità proposto nella Fratelli tutti è dirompente perché ci interroga sulle nostre responsabilità, individuali e collettive, di fronte a nuove tendenze ed esigenze che si affacciano sulla scena internazionale.

a cura di Barbara Bonfiglioli

 1 x 2 = di più

Rileggere insieme la Fratelli tutti 

di Brunetto Salvarani, teologo, saggista e critico letterario
e Adnane Mokrani, professore di studi islamici e di relazioni islamo-cristiane presso la Pontificia Università Gregoriana

 Due testimoni per due passaggi

Fratelli tutti ha un titolo tratto dalla sesta Ammonizione di Francesco d’Assisi, a lui si ispira largamente, ed è anzi considerabile come una (straordinaria) parabola francescana.

Diverse sono le analogie che possono venire in mente al riguardo. A cominciare dal fatto che l’Assisiate, uomo del medioevo, dal medioevo si proietta verso un tempo nuovo per farci intravvedere i primi vagiti della modernità (basterebbe riprendere in mano il suo Cantico di frate Sole, per accorgersene!); mentre Bergoglio, uomo della modernità, della modernità stessa stila un bilancio per spiegare la rotta verso gli impervi meandri della post-modernità.
Proseguiamo con una trasparente, e simbolica, inversione di tragitto fra i due uomini. San Francesco, nel 1209 o 1210, su consiglio del suo vescovo locale, benché riluttante, decide di recarsi da Assisi a Roma, per ricevere il via libera sulla sua intuizione da parte del papa Innocenzo III (è la cosiddetta prima regola, di cui non possediamo il testo, ma è lecito immaginare si trattasse di poche righe incentrate sul ritorno al vangelo senza sconti); mentre il papa argentino, il 3 ottobre 2020, si sposta - nel suo primo viaggio dopo il lockdown - da Roma ad Assisi, per tornare allo spirito originario del messaggio francescano e fornire un’ennesima icona vivente di quella che gli piace definire, sin dall’esortazione del 2013 Evangelii gaudium (nn. 20-23), una Chiesa in uscita.

 Nessuna contesa

Non solo. L’enciclica rimanda, al n.3, al sedicesimo punto della Regola non bollata, intitolata Di coloro che si recano fra i saraceni e gli altri infedeli: si noti, Francesco d’Assisi può essere considerato il primo, tra i fondatori di ordini religiosi, ad aver consapevolmente incluso nel suo programma una missione tra i non cristiani, sia pure sui generis. Scriveva al riguardo il cardinal Martini, nel suo discorso del 1990 dal titolo Noi e l’islam: «Il nostro atteggiamento vuole in ogni caso ispirarsi a quello di san Francesco d’Assisi che scriveva nella sua Regola, al capitolo XVI, di coloro che vanno tra i saraceni (…). Nessuna contesa dunque, nessun uso della forza; esposizione sincera e a tempo opportuno di ciò che credono; accettazione anche di disagi e sofferenze per amore di Cristo».
Ancora. Vi compare anche, ai nn.3-4, un esplicito richiamo all’incontro del santo con al-Malik al-Kamil, avvenuto secondo la tradizione in Egitto, a Damietta. Molte sono le interpretazioni di quel viaggio, che concordano però sul fatto che il Nostro si sarebbe recato, con un compagno (fra Illuminato), approfittando della tregua d’armi dalla crociata nell’estate del 1219, presso il sultano, con l’intenzione di convertirlo e/o arso da “sete del martiro”, come si esprime Dante Alighieri nel Paradiso. Nessuna delle due cose avverrà: ma le fonti concordano nel descrivere il trattamento benevolo con cui i due sarebbero stati ricevuti e persino l’ammirazione del sultano nei confronti delle parole di Francesco. Infine, non manca una trasparente allusione al Cantico di frate Sole: «Infatti san Francesco, che si sentiva fratello del sole, del mare e del vento, sapeva di essere ancora più unito a quelli che erano della sua stessa carne. Dappertutto seminò pace e camminò accanto ai poveri, agli abbandonati, ai malati, agli scartati, agli ultimi» (Ft 2).
Su tale sfondo, la gigantesca sfida che lancia Fratelli tutti, a ben vedere, è quella di tratteggiare un’inedita architettura del mondo e delle relazioni umane, con l’obiettivo - contestuale - di vincere l’inerzia cinica che nega qualsiasi possibilità di ordinamenti diversi rispetto a quello oggi esistente. Il paradigma della modernità (di cui il papa non rifiuta peraltro alcuni esiti importanti, dalla libertà religiosa alla nascita di una reale coscienza storica) si è risolto in un mix di individualismo assoluto e di consumismo che misurano ogni azione sulla base del tornaconto personale. Non tutto è perduto, però, per chi ha ancora il coraggio di sognare (terminologia assai presente nell’enciclica) e per quanti coltivano la difficile arte della speranza.

 Il papa, l’imam e noi due

Per chi ha coltivato la capacità di guardare l’altro non come irrimediabilmente nemico e concorrente - come da troppi decenni ci siamo abituati a fare - ma come un fratello (o sorella), o almeno come un potenziale partner. Da questo punto di vista, è significativo che papa Francesco ammetta che, come per la seconda enciclica (Laudato si’, 2015) il suo primo ispiratore era stato il patriarca ecumenico Bartholomeos I, che vanta un primato d’onore tra i patriarchi ortodossi, stavolta il suo punto di riferimento è stato l’imam di al-Azhar, Ahmad al-Tayyeb, e il documento della Fratellanza umana, che di Fratelli tutti va considerato dunque l’antecedente diretto e, insieme, il sottotesto necessario. Scrive il papa, riferendosi all’incontro di Abu Dhabi fra i due: «Non si è trattato di un mero atto diplomatico, bensì di una riflessione compiuta nel dialogo e di un impegno congiunto. Questa enciclica raccoglie e sviluppa grandi temi esposti in quel Documento che abbiamo firmato insieme. E qui ho anche recepito, con il mio linguaggio, numerosi documenti e lettere che ho ricevuto da tante persone e gruppi di tutto il mondo» (Ft 5).
Ecco perché ci è parso utile dedicarci a quattro mani a una rilettura di quel documento: una rilettura giocoforza plurale, come diverso - ma non contrapposto - è il nostro cammino di fede. Un cammino che ci ha portati, lo scorso 14 maggio 2020, nel pieno dell’infezione pandemica, a partecipare, da casa nostra, alla “Giornata di preghiera, di digiuno e di invocazione per l’umanità”, voluta dall’Alto Comitato per la Fratellanza Umana (che di Abu Dhabi è esplicitamente frutto). Il dispositivo della Giornata recitava così, rivolgendosi “ai nostri fratelli che credono in Dio Creatore” e “ai nostri fratelli in umanità”: «Il nostro mondo affronta oggi un grave pericolo che minaccia la vita di milioni di persone in tutto il pianeta, ossia la rapida diffusione del coronavirus (Covid-19). Mentre confermiamo l’importanza del ruolo dei medici e quello della ricerca scientifica nell’affrontare questa epidemia, non dimentichiamo di rivolgerci a Dio Creatore in tale grave crisi». Anche qui, ancora una volta, la sottolineatura è stata l’oggettiva fratellanza che ci accomuna - credenti in Dio e (cosiddetti) non credenti - sebbene spesso non intendiamo accorgercene. Fratelli (e sorelle) tutti.

 

Segnaliamo il volume:
Adnane Mokrani, Brunetto
Salvarani
Dell’umana fratellanza e altri
dubbi
Edizioni Terra Santa, Milano 2021