Io sono una missione

Tra penalizzazioni e percorsi di vita

 di Matteo Ghisini
segretario delle missioni

 Nel tempo del Covid

In questo tempo di pandemia tutte le attività promosse dai centri missionari di Imola e san Martino hanno subito una forte riduzione e contrazione.

Il Covid ci ha costretto e ci costringerà a ripensare la nostra animazione missionaria, cioè la modalità e frequenza degli eventi per far conoscere il mondo missionario (per esempio le giornate missionarie nei conventi); a rivedere i percorsi di formazione missionaria, ossia le attività strutturate per educare le coscienze delle persone, per far riscoprire che ciascuno di noi “è una missione” (con incontri biblico-missionari per i volontari, con i percorsi che preparano i gruppi per l’esperienza missionaria); a riconsiderare la nostra raccolta fondi e il sostegno a progetti in missione (per esempio le campagne del 5x1000, il rapporto con i benefattori e i gruppi missionari). Ma è nato anche qualcosa di nuovo. Vediamo alcuni esempi.
Certo è penalizzante non poter organizzare e fare campi in missione. L’esperienza diretta, che si fa a contatto con i missionari e la gente del posto, è insostituibile. I giovani (e meno giovani) che partecipano a un campo missionario in Etiopia, in Romania o in Turchia sono segnati da una esperienza molto coinvolgente che non poche volte lascia dei segni duraturi nella loro esistenza.
L’anno scorso sono stati cancellati i campi all’estero. E purtroppo non si faranno neanche quest’anno. Non solo quelli organizzati da noi, ma anche quelli gestiti da tutti i centri missionari diocesani dell’Emilia-Romagna.
A questo riguardo ci siamo interrogati insieme ai responsabili di tutti i centri missionari delle diocesi dell’Emilia-Romagna ed è nata l’idea di provare a fare qualcosa insieme. La difficoltà comune ci ha suggerito di fare più squadra tra tutti noi e provare a ideare qualche iniziativa insieme: perché non organizzare in regione due campi itineranti rivolti ai giovani che hanno a cuore la missione, uno in Emilia e uno in Romagna? Due percorsi che nascono dalla collaborazione tra le varie Diocesi, da fare a piedi, e che prevedono momenti di incontro con testimonianze dalla missione, servizio in luoghi significativi. Può essere un percorso che, se funziona, può essere proposto anche nei prossimi anni alle pastorali giovanili delle diverse diocesi che possono sfruttare un percorso missionario a km 0. Vedremo come andrà.

 San Martino e Imola: due centri

Nel centro missionario di San Martino da diversi decenni un gruppo, composto da volontari e campisti di diverse generazioni, si trovava tutte le settimane per il martedì missionario. Attività serale di preghiera e di formazione (21-22,30). Questa modalità di incontro negli ultimi anni viveva un momento di stanca e il tempo del Covid l’ha interrotta per diversi mesi, spingendoci a ripensare a questo momento per rinnovarlo. È nata l’idea di trovarsi al giovedì verso le 18,30 per fare attività di volontariato nel mercatino; poi la cena insieme e a seguire attività di formazione missionaria e preghiera. Siamo ancora ai primi passi ma si coglie già un germoglio che può portare frutto. Diversi giovani si sono mostrati interessati a questa modalità che prevede anche un fare insieme, una maggiore condivisione, più tempo per stare insieme e conoscersi e crescere nella fede.
Altra realtà che ha visto una rivisitazione è stato il campo di lavoro e formazione missionaria di Imola. Abbiamo osato organizzarlo nell’agosto del 2020, in un tentativo di lanciare - in mezzo alla pandemia che parlava di morte e di isolamento - un segnale di vita alla città di Imola e a tanti giovani: il centro missionario apriva le porte perché potessimo tutti dare una mano anche a quelli più in difficoltà. Il tutto nell’osservanza delle normative Covid. Questo ha voluto dire una diversa dislocazione del campo, sfruttando solo gli spazi all’aperto, in una versione ridotta rispetto all’evento tradizionale: sei giorni invece di due settimane. Abbiamo evitato l’accoglienza a persone e gruppi, preferendo un volontariato in giornata senza pernottamento. L’esperimento è riuscito.
Certo il campo è stato molto diverso dal passato, ma per esempio ci ha permesso forse di vivere con più calma il rapporto con la gente (che era meno degli anni precedenti). Abbiamo vissuto una bellissima serata fatta di degustazione di piatti tipici romagnoli, buona musica e soprattutto un momento formativo ben organizzato insieme al Cuamm (Collegio Universitario Aspiranti Medici Missionari). Questa organizzazione per la tutela della salute delle popolazioni africane, nata a Padova nel 1950 per iniziativa del prof. Francesco Canova e del vescovo Cappuccino Bartolomeo Bortignon, lavora anche in Etiopia e Centrafrica. Il loro direttore, don Dante Carraro, è molto interessato alla collaborazione con noi e anche noi abbiamo già qualche idea per portare avanti progetti comuni. Fr. Nicola sta frequentando il corso organizzato da loro per prepararsi alla missione in Africa.

 Fare strada

Durante il campo abbiamo raccolto 14.000 euro che sono andati per due progetti in Etiopia legati all’aiuto dei bambini di strada. Vista l’esperienza molto positiva dello scorso anno, a febbraio abbiamo proposto ai campisti di rifare l’esperienza per l’estate 2021, questa volta per due settimane. E per proseguire a “costruire una strada coi bambini di strada” abbiamo scelto di continuare a dare sostegno a due realtà da noi conosciute e bisognose di aiuto.
Una è lo “Smiling Children Town”, un luogo di accoglienza per bambini di strada a Soddo (nella regione del Wolayta), che ospita circa un centinaio di bambini all’anno. L’iniziatore e il grande animatore è un prete italiano, don Marcello Signoretti (per tutti abba Marcello), il quale non ha voluto creare un orfanotrofio, ma un centro di rieducazione in cui i ragazzi non possono rimanere più di cinque anni: in questo arco di tempo vengono anche effettuate periodiche visite presso le loro famiglie, durante le quali si cerca di convincere i genitori a riprendere i figli. Nel luglio 2019 col gruppo “for Africa” di Faenza il centro missionario di Imola ha realizzato un campo di animazione proprio allo Smiling.
L’altra realtà è quella portata avanti da Almea Bordino (donna cristiana appartenente alla comunità parrocchiale di fr. Gabriele Bonvicini ad Addis Abeba) che nel 2002, animata dal desiderio di servire il Signore attraverso i poveri, apre ad Addis Abeba il Centro Caritativo San Giuseppe. Vicino agli sconfinati quartieri di baracche in lamiera e di fogne a cielo aperto, Almea assiste nel Centro chi vive in condizioni di assoluta marginalità, con pasti quotidiani e assistenza sanitaria a vari tipi di malati.
L’ultima sfida di Almea è riuscire a reintegrare nella società le bambine/ragazze di strada. In Etiopia infatti ci sono più di trecentomila giovani che non hanno casa, né famiglia. Più di sessantamila solo ad Addis Abeba. Almea ha aperto da pochi mesi - grazie anche all’aiuto del nostro campo del 2020 - una struttura per accogliere ragazze madri con i loro bambini, aiutandole a reinserirsi nella società.
In questo tempo pandemico, non mancano segni di vita e di risurrezione. A noi vederli, promuoverli, diffonderli.