Rigenerare al femminile

Pensare a una rivoluzione economica in cui le donne siano protagoniste

 di Anna Fasano
Presidente di Banca Etica

 La situazione creata a seguito della pandemia 2020-2021 - tra le tante analisi che ne possiamo fare sotto l’aspetto sanitario, sociale, educativo -

ha certamente fatto emergere e svelato le fragilità del sistema economico e occupazionale in Italia, con particolare aggravamento della situazione lavorativa femminile. Avevamo raggiunto nel 2019 il 50% di occupazione femminile, pur con le enormi differenze territoriali tra nord e sud, ed ora ci troviamo al 48,5%, ben lontano dalla media europea del 64,5%.
A dicembre 2020 su 101 mila persone che hanno perso il posto di lavoro, 99 mila sono donne e la prospettiva non conforta: sono a rischio un milione e 300 mila impieghi per il nostro genere, secondo i dati ISTAT. Se avessimo perseguito l’obiettivo europeo per il 2010 di un tasso di occupazione femminile del 60%, il nostro PIL ne avrebbe beneficiato del 7%. A completare la fotografia, leggiamo i dati 2020 sulle imprese guidate da donne che sono 22,7%, in costante crescita negli ultimi anni grazie anche ad un impulso dato dalle nuove generazioni.

 Il lato sommerso dell’iceberg

La situazione però è molto più articolata di quanto potrebbe apparire; ci sono percorsi ed esperienze che stiamo vivendo negli ultimi anni: riconversione aziende decotte, avvio di nuove attività come professioniste autonome, start up innovative ed economia sommersa che cerca spazi di legalità.
Mentre viaggiamo tra le varie percentuali, dobbiamo considerare anche due spazi non facilmente misurabili e che impediscono di ridurre il gender gap. Da un lato, la violenza economica: secondo il rapporto di Actionaid, la mancanza di accesso al reddito familiare, di utilizzo del denaro e il divieto di trovare un impiego è il legaccio che impedisce alle donne di uscire da situazioni di violenza; dall’altro, l’esclusione finanziaria, frutto di analfabetismo finanziario: l’Italia secondo l’Ocse si colloca agli ultimi posti in materia di educazione finanziaria ed in particolare delle donne. Questo elemento, unito allo studio della Global Thinking Foundation, segnala che il 14% delle donne non possiede un conto corrente, il 68% possiede risparmi ma il 56% di queste afferma di non sapere come investirli. Tutto questo fa emergere come vi sia una distanza tra donne e denaro.
A questo elemento è interessante affiancare l’analisi di un paio di anni fa svolta da Etica Sgr con la Doxa: le donne prediligono un approccio prudenziale negli investimenti e considerano molto rilevante per le proprie scelte (il 65% rispetto al 53% degli uomini) gli impatti ambientali, sociali e di governance. Inoltre il 76% delle donne dichiara che la presenza di programmi contro la disparità salariale e dedicati alla conciliazione lavoro/famiglia influenza le proprie scelte di investimento (contro il 57% degli uomini).

 Tanto è da fare…

Da anni vari studi internazionali evidenziano come la presenza nei consigli di amministrazione e nelle posizioni dirigenziali di un mix di genere aumenti la produttività e la redditività, e contribuisca alla creazione di valore nel medio e lungo termine, mettendo in atto strategie per la sostenibilità, le nuove tecnologie e cambiamenti nei modelli di business.
Da un lato troviamo divari e difficoltà, dall’altro potenzialità ed evidenze positive e necessarie; una sintesi che si potrebbe tradurre nella domanda: «Perché non valorizziamo allora il ruolo delle donne dando giusto spazio per crescere ed integrare (anche cambiare) il modello economico e finanziario?».
Esistono diversi livelli su cui agire :
- sul modello culturale, iniziando dalla formazione scolastica che deve rimuovere gli ostacoli connessi agli stereotipi di genere, stimolando l’accesso alle materie stem da parte anche delle ragazze e lavorando sin dalla formazione primaria sull’insegnamento delle materie scientifiche e dell’educazione finanziaria;
- sul sostegno all’imprenditorialità, intervenendo in particolare sull’accesso ai finanziamenti, misurando anche nell’erogazione del credito gli impatti della parità di genere e stimolando spazi nuovi di creatività;
- sui modelli organizzativi, che non favoriscono né le donne né i giovani. Il tema della costruzione degli spazi e dei tempi del lavoro è già su tutti i tavoli, ma va compresa quale sia l’opportunità che abbiamo in questa fase storica, ad esempio non identificando come smart working ciò che in realtà è home working.

 … ma qualcosa c’è già

Tanti sono i soggetti pubblici e privati che si stanno impegnando sui diversi livelli. Noi, come Banca Etica, da sempre sosteniamo attraverso diversi strumenti (finanziamenti, crowdfunding, microcredito) la nascita e la crescita di spazi economici promossi e abitati da donne. La forza economico-sociale è disarmante: le storie ed esperienze delle Cuoche Combattenti di Palermo attraverso il reinserimento lavorativo di donne vittime di violenza; Perniola Alimenti che dal recupero dei semi di grani antichi del territorio barese hanno dato vita a un’azienda agricola che ha rianimato il territorio; Restauro Tessile di Reggio Emilia e Centro Moda Polesano... Un’economia che rigenera, recupera e valuta le proprie azioni e performance sulla capacità di avere un impatto sociale ed ambientale positivo.
Altro luogo di promozione dell’economia che lavora per la promozione della parità di genere è quella realizzata da Etica SGR che investe il denaro dei risparmiatori solo in società che hanno chiare policy e strumenti concreti sul tema della piena parità, e si propone con azioni di engagement in quelle aziende in cui questo viene dichiarato ma non agito. Pensiamo solo al tema del divario retributivo dove il nostro paese si colloca al 125° posto sui 153 analizzati.
Esistono anche comunità e spazi - siano essi il paese, il quartiere, il condominio - in cui proprio le donne hanno stimolato una presa in carico collettiva delle esigenze dei singoli e delle famiglie e individuato risposte concrete alle varie necessità: cura dei bambini, degli anziani e dei fragili ma anche modalità innovative per l’educazione dei ragazzi, la gestione della conflittualità e della creatività di piccoli e adulti.
Gli spazi della cura dell’ambiente e delle persone sono spazi economici? Questi luoghi hanno un peso nella nostra economia anche se apparentemente incidono in via residuale sul PIL? Esistono e vengono misurati dal benessere generato; peccato poi che non siano questi i parametri su cui vogliamo misurare il nostro “sviluppo” come sistema paese.
Esistono quindi spazi di economia al femminile, esistono esperienze di percorsi e di aziende avviate o ripensate da donne straordinarie. Ciò che è necessario ora è permettere ad un modello economico e finanziario senza più energie di essere rivoluzionato da pensieri nuovi, dalla capacità di rigenerare e da visioni di medio periodo. Servono più opportunità nel mercato del lavoro, più spazio per nuove professioni, ma anche per modelli organizzativi diversi; per fare questo è necessario che le competenze di tutte e tutti vengano messe a disposizione del bene comune.