L’economia? Prendila con filosofia!

Il nostro evolutissimo mondo necessita di un sovrappiù di dialogo e relazioni

 di Andrea Colamedici
filosofo, attore, scrittore

  Yuval Noah Harari, professore di World History e processi macrostorici dell'Università di Gerusalemme e autore di vari bestseller mondiali tra cui Sapiens e Homo Deus.

Breve storia del futuro, ha descritto in questi termini il paradosso della conoscenza: «Una conoscenza che non è in grado di modificare i comportamenti è inutile. Ma una conoscenza che sia in grado di farlo, rapidamente vede svanire la sua capacità di far presa sulle cose. Quanti più dati raccogliamo e quanto più profonda è la nostra comprensione della storia, tanto più in fretta la storia muta il suo corso e, corrispondentemente, la nostra conoscenza diventa obsoleta». In una società come la nostra, dove la conoscenza aumenta esponenzialmente e con essa la complessità e l'incertezza del vivere, l'accumulo di conoscenza porta inevitabilmente a sconvolgimenti epocali, rapidi e imprevedibili.

 Utilizzare la conoscenza

Una conoscenza economicamente utile è una conoscenza che cambia il mondo; una volta applicata, però, essa diventa inutilizzabile, perché ha appena provveduto a cambiare quel mondo conosciuto. Diventa antieconomica. Soltanto una conoscenza della conoscenza, ossia un amore della conoscenza che sappia farsi gioiosamente carico della difficoltà attuale di intravedere un futuro, può portare un sano ricircolo del sapere. La filosofia è letteralmente amore per la conoscenza e, allo stesso tempo, è la conoscenza dell'amore, come intuirono Raimon Panikkar e Emmanuel Levinas. È il sapere relazionale per eccellenza, che è fondativo di ogni economia.
E anche con il termine economia, inteso solitamente nel suo senso di nomos dell’oikos, ossia “amministrazione della casa”, possiamo tentare un ribaltamento simile e ragionare sull’oikos del nomos, ossia sulla “casa dell’amministrazione”, della legge, sull’interpretare il mondo come il luogo deputato all’amministrazione della vita.
La filosofia come conoscenza dell’amore applicata al mondo economico come casa dell’amministrazione sembra offrire gli scenari giusti per il "trasloco" dal reale al virtuale nel quale siamo tutti impegnati; per trovare e addirittura inventare connessioni tra discipline e saperi differenti. Lo statuto epistemologico della filosofia, infatti, la colloca in una naturale interdisciplinarietà, poiché il suo ambito non consiste in un oggetto specifico, bensì una panoramica rigorosa e insieme ampia della produzione di senso nel tempo (storia, contemporaneità, universalità) e nello spazio (luoghi – virtuali e reali – discipline, società, civiltà).
Il compito della filosofia, oggi più che mai, non consiste nell’aggiungere nozioni alle discipline, ma nel fornire un tessuto cooperativo tra le stesse che permetta innanzitutto la dissipazione necessaria delle energie, e non vincoli ogni atto all’ottimizzazione. Riuscendo così, paradossalmente, a riguadagnare l’essenziale, il senso, a patto di portare l’attenzione sulle dinamiche relazionali che possono sfuggire a chi è impegnato nella codificazione e produzione di significati. È per questo motivo che l’economia è alla ricerca di risposte dalla filosofia: perché non basta sapere di essere interconnessi. Perché questa connessione abbia senso, bisogna anche sapere perché si è interconnessi.
La filosofia oggi può farsi carico anche delle specificità epistemiche di varie discipline, economia compresa, per individuare le problematiche di comunicazione reciproca. La conflittualità tra i vari approcci epistemici è ben visibile in ambito aziendale, dove i vari reparti spesso non comunicano tra loro o comunicano male: il rapporto tra i saperi andrebbe gestito come un arcipelago intessuto dalle esperienze, e non come una serie di isolotti sprovvisti di comunicazione reciproca. Di fronte al crollo delle istituzioni, delle ideologie, dei valori, una potente fonte di creazione di senso e di identità sarà sempre più rappresentata da quelle aziende che saranno in grado di offrire a chi vi partecipa la struttura conoscitiva per costruire la propria identità personale, oltre alla percezione di far parte di una comunità fondata su valori condivisi.

 Come Platone

Per far ridere gli spettatori, i comici greci del tempo di Platone erano soliti far entrare in scena un uomo intento a leggere un libro: faceva loro lo stesso effetto che oggi produrrebbe sul palco l'ingresso di un uomo con un visore VR intento a sbracciarsi con convinzione. La scrittura ha cambiato radicalmente il nostro modo di rapportarci alla conoscenza. Oggi il passaggio è simile a quel che accadde al tempo, e conduce a effetti che, per le nostre menti, sono ancora inimmaginabili. Platone sapeva di non poter arginare la scrittura, e noi dobbiamo essere altrettanto consapevoli di non poter arginare la realtà virtuale. Come Platone, dobbiamo essere consapevoli dei rischi, ma abbiamo il dovere di indirizzare questa mutazione inevitabile. Come Platone, dobbiamo scrivere le migliori pagine di un'arte appena nata, senza sottrarci per paura di perderci.
La realtà virtuale riceve dalla scrittura il testimone per ripensare gradualmente ma inesorabilmente il mito della memoria, e il compito di inventare una nuova azione umana. La memoria è antieconomica: è lavoro da cui affrancarsi, strumento da reimmaginare, è un'idea meravigliosa e rischiosissima che va reinvantata.
Oggi abitiamo una transizione storica: quella tra scrittura e immagine, tra società testuale e società virtuale. Platone abitava una frattura altrettanto epocale: quella tra oralità e scrittura. Scrisse allo scopo principale di far capire quanto si rischiava di perdere rinunciando all'oralità. Sta a noi recuperare il senso profondo della filosofia per imprimere una direzione creativa allo sviluppo della realtà virtuale. Si tratta di ripensare quei blocchi di conoscenza che faticano a convertirsi in un nuovo linguaggio, nell’ottica dell’interdisciplinarietà.

 Agorà fisiche e virtuali

Se l’obiettivo è, dunque, la co-operazione tra saperi e discipline, questa deve tradursi in una co-operazione economica tra i soggetti fisici che operano nei vari settori del sapere e delle sue applicazioni. È dunque necessario che la platea di esperti riesca a coniugare il proprio expertise e il proprio know-how tecnico con l’istanza dialogica e pedagogica rispetto al mondo e alla complessità del reale. Questo è fondamentale per evitare produzioni di saperi e tecnologie tanto potenti quanto incapaci di essere in comunicazione tra loro.
Chiunque operi in una specifica disciplina deve poter ricordare che il luogo di riferimento ultimo della sua applicazione è il mondo, nella sua accezione naturalistica e di consesso umano. In questo senso la filosofia può far valere la sua origine insieme naturalistica e urbana, ovvero riflessione sulla natura e riflessione nella e sulla città.
Questo è lo scenario che si presenta ai professionisti in ambito economico: essere anche e innanzitutto dei filosofi contemporanei, tornare nelle piazze fisiche e nello stesso tempo imparare ad abitare anche quelle virtuali, fatte di analfabetismi funzionali ed emotivi, intelligenza artificiale, algoritmi, impensabili sperimentazioni di massa, dove accogliere le nuove sfide che aspettano, fatte di devastanti pericoli e strepitose opportunità.

 

 

Segnaliamo il volume:
ANDREA COLAMEDICI-MAURA GANCITANO
Prendila con filosofia. Manuale di fioritura personale
HarperCollins Italia, 2021.