Ricordando fr. Aurelio Capodilista

 Talvolta è tutto oro

 Massa Manente di Sogliano al Rubicone (FC), 1 aprile 1928

† Reggio Emilia, 20 dicembre 2020

 Dai ripidi pendii alla pianura

Era appena passata l’ora terza, quando Aurelio udì la voce del Signore che lo chiamava:

«Ehi! È giunto il momento!». Così Aurelio, solito a chiamare i confratelli con “Ehi!”, ha lasciato tutto e lo ha seguito, allo stesso modo in cui 75 anni prima aveva abbandonato ogni cosa, per dare ascolto alla voce che lo chiamava a farsi frate cappuccino.
Aurelio era nato a Massa Manente nel comune di Sogliano al Rubicone il primo aprile del 1928, quando già le rondini avevano fatto ritorno anche al suo paese. In questo ambiente aspro ma suggestivo Aurelio ha trascorso l’infanzia, fatta di cielo limpido, di giochi all’aperto con i coetanei, e di corse lungo i ripidi pendii. Prima di lui, altri adolescenti, non si sa come, avevano lasciato il paese per perdersi nelle città della pianura, e per poi riapparire vestiti di tonaca e di cordone. Così, su suggerimento di un frate alla cerca di formaggi, decise pure lui di seguire la medesima strada. Si ritrovò in uno dei seminari dei frati cappuccini sparsi qua e là nel territorio romagnolo per via degli eventi bellici che lo flagellavano. Non provò nessun timore nel vivere in un ambiente tanto diverso dal suo: frati con barbe non curate e con l’aspetto di uomini primitivi, piedi scalzi, disciplina ferrea, studio su libri che mai aveva visto.
Così, poco dopo il termine della guerra, il 7 settembre 1945, con il nome di fr. Vicinio da Sogliano, fece la sua entrata nel noviziato di Cesena, un convento posto su un colle, che sembra come volersi tuffare nella sottostante pianura romagnola. Un ambiente misero e squallido, soprattutto per chi era poco più che adolescente. Il pane impastato dal frate cuciniere non mancò mai, né mancò il freddo invernale: sia dentro che fuori, con il vento gelido che fischiava e i piedi nudi. Aurelio però non era il tipo da lasciarsi prendere dallo sconforto. Sui suoi monti non era tanto diverso.

 Itineranza

I primi anni come giovane sacerdote li trascorse nell’assistenza ai giovani nella nostra parrocchia di Santa Maria del Fiore a Forlì, per poi essere destinato, nel 1958, come vicemaestro nello studentato di Lugo (RA). Era di carattere aperto, alieno dal rendere difficile la vita a sé stesso e ai giovani studenti: un atteggiamento fuori dagli schemi tradizionali anche nelle sue relazioni con chiunque frequentasse la chiesa, benché non disdegnasse, nell’ambito liturgico, di preferire le forme devozionali più tradizionali e più care alla gente.
Improvvisamente nel febbraio del 1961, i superiori decisero di inviarlo, assieme ad altri due confratelli, come cappellano degli operai dell’ANIC (Azienda Nazionale Idrogenazione Combustibili) presso la cappella di Santa Barbara a Ravenna: il suo carattere aperto e cordiale faceva presagire buoni risultati in un ambiente tutt’altro che favorevole. Fu però un’esperienza breve: due anni dopo venne inviato a Porretta Terme come guardiano. In quella cittadina di montagna, dove la gente viveva con grande venerazione per i frati, si trovò molto bene. Riuscì anche a non pestare i piedi al parroco locale, alquanto contrariato perché la chiesa dei frati era preferita alla chiesa parrocchiale posta pressoché ai margini e alla sommità del paese e scomoda da raggiungere.
Dopo il triennio di Porretta, fu nominato nel 1966 direttore del seminario di Faenza. Qui offrì una più ampia libertà ai giovani seminaristi, che riconobbero in lui la capacità di semplificare la vita a chi nei primi anni del proprio cammino si era dovuto adattare a un modo di vivere non adeguato alla propria età, se non opprimente. Dopo appena due anni, forse perché non compreso nella sua figura di educatore, fu trasferito a Lugo di Romagna come sacrista, e dopo un altro anno, nel 1969, a Cento come guardiano e rettore del santuario, ove rimase fino al 1975. Nel santuario della Madonna della Rocca a Cento poté esprimere tutta la sua personalità.
Nel 1975 fu eletto consigliere provinciale, e come tale assunse la direzione del nuovo Centro provinciale dell’Ofs di Castel San Pietro Terme. Erano ormai esauriti i tempi in cui in ogni parrocchia della regione era fiorente il gruppo dei francescani laici, e padre Aurelio, prendendo atto di questa realtà, si limitò a curare i gruppi dei terziari che, periodicamente, si portavano al Centro per la loro formazione francescana, e a servire le piccole parrocchie nei dintorni della cittadina, sperimentando nuove strade per forme di aggregazione e di formazione più coinvolgenti e aderenti alla sensibilità contemporanea e alle direttive del concilio Vaticano II.

 Ultimi passi

Nel 1993 nuovo trasferimento a Cento come guardiano e rettore del Santuario, finché nel 1996 fu nominato guardiano del convento di san Giuseppe in Bologna e vice maestro degli studenti teologi ivi presenti. Non mancò anche qui di dare impulso allo sparuto gruppo dei terziari francescani, benché con scarsi risultati. Tre anni dopo fece nuovamente ritorno a Cento, e in seguito, nel 2002, fu destinato a Rimini come guardiano, sacristia e responsabile della mensa dei poveri. Il suo approccio con il mondo dei dimenticati fu più assistenziale che formativo, il che evitava a lui problemi maggiori oltre quelli che una struttura del genere porta in sé.
Nel 2008 si trasferì a Forlì dapprima solo come confessore e poi, ormai ottantreenne, come vicario parrocchiale dal 2011 al 2012, fino a quando, cioè, convento e chiesa furono abbandonati. Gli ultimi anni della sua vita li trascorse a Faenza, come custode della chiesa e confessore, finché il suo stato di salute glielo consentì.
Venuto a far parte dell’infermeria provinciale di Reggio Emilia, visse qui la sua senectus in modo sereno, ben consapevole che essa era una malattia in più oltre quelle che lo avevano accompagnato negli ultimi anni. Ci ha lasciati serenamente il 20 dicembre 2020.
Padre Aurelio non è stato promotore di grandi iniziative, ma il suo carattere aperto e cordiale e il suo ottimismo gli hanno attirato la simpatia e l’ammirazione dei confratelli e della gente. È stato un frate amante della sua vocazione e avrebbe voluto
che il suo esempio contagiasse anche tanti altri.

Nazzareno Zanni 

Il funerale di Padre Aurelio è stato celebrato nella nostra chiesa di Santarcangelo di Romagna, e le sue ceneri sono state deposte nel cimitero di Sogliano al Rubicone.